Le democrazie europee sotto attacco: il terrorismo ieri e oggi
Analisi di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
L’Europa è nuovamente ostaggio del terrorismo musulmano dopo la strage di Bruxelles. Politici ed esponenti della società civile hanno fatto i soliti, confusi commenti. Un esempio, il Primo Ministro svedese Stefan Löfven ha detto: “ E’ un attacco alla nostra Europa democratica, non accetteremo mai che dei terroristi attacchino le nostre società aperte”.
Per noi israeliani, gli attacchi terroristici in Europa ci riportano a vari decenni fa, quando Israele e e chi in qualche modo era vicino, era l’obiettivo del terrorismo globale palestinese. Allora diverse democrazie europee cercarono di venire a patti con le organizzazioni terroriste: non avrebbero catturato gli assassini di israeliani, e neppure i propri cittadini coinvolti, in cambio la garanzia di non subire attentati.
Recentemente un giornalista svizzero,Marcel Gyr, ha scoperto un accordo segreto tra il governo svizzero e i terroristi dell’OLP firmato 45 anni fa. La Svizzera aveva subito tre attentati palestinesi. Nel 1969, un terrorista palestinese aveva ucciso il pilota di un aereo della ELAL nell’aeroporto di Zurigo. Gli svizzeri lo arrestarono. Nel 1970, una bomba a bordo di un volo Swissair per Tel Aviv era esplosa subito dopo la partenza, uccidendo 47 passeggeri e l’equipaggio. Alla fine dello stesso anno, un volo Swissair per New York venne sequestrato e dirottato, insieme a altri due aerei, uno inglese e l’altro americano, su un campo d’aviazione in Giordania. Tutti e tre gli aerei vennero distrutti.
Dall’indagine di Gyr sappiamo che l’allora ministro degli esteri Pierre Graber, morto nel 2003, firmò un accordo con l’OLP subito dopo il sequestro del 1970. L’intermediario era Jean Ziegler, un noto odiatore di Israele, auto-definitosi attivista per i diritti umani. A quel tempo era deputato nel parlamento svizzero ed è ancora oggi un membro attivo nell’ Advisory Committee to the United Nations Human Rights Council. Ziegler ha di recente confessato il suo ruolo in quell’accordo criminale, chiedendo scusa ai famigliari delle vittime.
Il risultato di quell’accordo fu il rilascio degli assassini del pilota israeliano e la fine delle indagini sugli attacchi alla Swissair. Questo è il primo esempio di una democrazia che deliberatamente accetta di tradire la giustizia nei confronti di chi ha ucciso i suoi cittadini.
In questi giorni Gyr ha rivelato che Carlos, uno dei più noti terroristi internazionali, ora condannato in Francia all’ergastolo, ha dichiarato al suo avvocato che quando era in Svizzera si sentiva al sicuro.
La Svizzera è stata la prima fra i paesi europei a stringere questo genere di accordi con i terroristi palestinesi.
Poi venne il governo tedesco. Nel 1972, ai giochi olimpici di Monaco, 11 atleti israeliani e un poliziotto tedesco vennero uccisi dall’organizzazione Settembre Nero. Ci vollero 40 anni per sapere che pochi mesi dopo quei crimini, il rappresentante del governo tedesco Walter Nowak aveva stretto un patto con Settembre Nero. Nowak venne poi nominato ambasciatore in Libano, dove si incontrò con Abu Youssef, il fondatore di Settembre Nero. Nowak offrì a lui e al suo movimento la possibilità di stabilire una ‘nuova collaborazione’ con il governo tedesco, discusso durante un incontro segreto al Cairo tra Abu Yousef e il Ministro degli Esteri di allora, Walter Scheel.
Quest’ultimo, membro del partito nazista NSDAP, dopo la secona guerra mondiale si riciclò quale leader del Partito Liberale, diventando nel 1974 Presidente della Germania.
Una settima dopo quell’incontro, Israele eliminò Abu Yousef, insieme ad altri terroristi palestinesi responsabili della strage di Monaco. Nowak disse che le vittime palestinesi erano tra i membri più ‘realisti e responsabili’ dell’OLP.
Scrisse poi una lettera alle Autorità tedesche che gli israeliani avevano ucciso Abu Yousef e i suoi uomini per ostacolare il processo di pace in Medio Oriente.
Der Spiegel, in un articolo del 2012, scrisse che i tedeschi si erano inchinati davanti ai palestinesi dopo la strage di Monaco, un atto d’accusa schiacciante per l’allora Canelliere socialdemocratico Willy Brandt e il suo governo.
Anche francesi e italiani hanno condiviso accordi con i terroristi palestinesi.
Abu Daoud, leader degli assassini palestinesi di Monaco, venne arrestato in Francia nel gennaio 1977. Germania e Israele chiesero la sua estradizione, ma le Autorità francesi rifiutarono, con delle spiegazioni confuse. E a Abu Daoud venne concesso di rifugiarsi in Algeria.
Nel 1985 il Fronte per la Liberazion e della Palestina sequestrò la nave italiana Achille Lauro. I terroristi uccisero l’ebreo americano Leon Klinghoffer,che si muoveva su una sedia a rotelle, e poi dirottarono la nave verso l’Egitto.
Anche se gli egiziani consentirono ai dirottatori di dirigersi verso la Tunisia, un aereo militare americano obbligò l’aereo con i terroristi a dirigersi verso l’Italia.
Gli italiani arrestarono i dirottatori palestinesi, ma liberarono il loro leader Abu Abbas. Dissero poi che le prove contro di lui portate da Washington erano insufficienti e che aveva anche un passaporto diplomatico iracheno che garantiva l’immunità. Due giorni dopo Abu Abbas lasciava l’Italia, evitando la cattura, fino a quando venne arrestato dalle forze americane in Iraq nel 2003.Gli altri dirottatori vennero condannati in base al codice penale italiano.
Francesco Cossiga, Primo Ministro dal 1985 al 1992, confessò che il suo predecessore Aldo Moro, anche lui democristiano, aveva firmato un “patto segreto di non-belligeranza tra lo Stato italiano e le organizzazioni della resistenza palestinese, inclusi i gruppi terroristi.” Il patto concedeva libertà di movimento nel paese ai gruppi terroristi palestinesi – tranne quello di Abu Nidal – in cambio non ci sarebbero stati attentati in Italia.
Oggi sappiamo che cedere ai terroristi non ha mai aiutato gli stati europei nel lungo termine. Al contrario, ha impedito di programmare politiche rigorose, atte a stabilire chi può entrare e chi no nei vari paesi. A questo si aggiungano inadeguati servizi di intelligence e un inefficiente sistema di sicurezza. Basta osservare le foto dei sospetti assassini ripresi nell’aeroporto di Bruxelles. Chiunque, anche con poca esperienza, li avrebbe sospettati persino prima che antrassero in aeroporto, obbligandoli a maggiori controlli di sicurezza.
Occorreranno forse molti anni ai leader europei, al prezzo di altre stragi, per rendersi conto che il primo passo per ridurre gli attacchi terroristici è la conoscenza delle identità dei sospetti, il che non significa affatto trasformare le democrazie in stati di polizia. Maggiori mancanze di controlli delle identità, faciliteranno soltanto maggiori attacchi terroristici alle democrazie europee. Accrescerà le ipocrite condoglianze dei politici alle vittime e alle loro famiglie per morti e corpi straziati che si sarebbero potuti prevenire.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte