La dottrina fallimentare di Obama su Israele
Analisi di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Jeffrey Goldberg
La lunga descrizione della “dottrina di Obama” pubblicata recentemente da Jeffrey Goldberg su The Atlantic riflette il comportamento confuso del presidente americano. Israele non occupa un grande spazio nell’articolo, malgrado ciò le opinioni di Obama su Israele e Netanyahu sono rivelatrici del suo pensiero, evidenziadone tutte le caratteristiche fallimentari.
L’articolo di Goldberg inizia con l’ammirazione di Obama verso la capacità di Israele nel far fronte al continuo terrorismo, aggiungendo “ è chiaro che vorrebbe vedere la stessa determinazione nel combattere il terrore nella società americana”, il che però è del tutto improbabile.
Una considerevole minoranza di americani condivide la proposta di Donald Trump di proibire temporaneamente l’ingresso in America ai musulmani. Una posizione passiva, che rivela non essere nei suoi piani, anche se dovessero crescere i crimini commessi in Usa in nome dell’islamismo.
Obama ha dichiarato che vi sono soltanto pochi casi di situazioni che riguardino direttamente gli Stati Uniti che richiedano un intervento. Nell’elenco c’è la difesa di Israele se le circostanze estreme lo richiedessero, “ sarebbe un fallimento morale per me in quanto presidente degli Stati Uniti non difendessi Israele”
Goldberg riferisce che Obama ha “ creduto per lunmgo tempo che Netanyahu poteva realizzare la soluzione dei due stati, proteggendo lo status di Israele in quanto democrazia a maggioranza ebraica, ma ha troppi timori ed è politicamente impedito a farlo”. Un modo di vedere alquanto bizzarro.
È molto improbabile che un ‘ accordo di pace durevole’ possa essere raggiunto con Abbas e Fatah, che onorano chi assassina i civili israeliani. Un accordo di questo genere con questa minoranza palestinese incoraggerebbe ancora di più le intenzioni genocide contro Israele degli islamo-nazisti di Hamas.
Goldberg avrebbe potuto chiedere a Obama che cosa intendeva quando disse che voleva aiutare i palestinesi a conquistare “ dignità “, un concetto distorto, dato che i maggiori “ contributi “ dati dai palestinesi al mondo consistono nel continuo terrorismo e nel propagare l’odio.
Obama cita anche come Netanyahu gli abbia pubblicamente dato “ una lezione sui gravi pericoli che esistono nell’area mediorientale”. Obama l’ha poi interrotto, dicendo “ Bibi, devi capirmi... io sono un afro-americano figlio di una madre single, vivo qui, nella Casa Bianca, e sono riuscito a farmi eleggere presidente degli Stati Uniti. Se pensi che non capisca ciò che mi dici, allora sbagli”. Obama avrebbe potuto proseguire a lungo, anche perchè non era chiaro quale rilievo poteva avere l’essere afro-americano con una madre single e vivere alla Casa Bianca, con il poter capire il Medio Oriente.
In una recente trasmissione sui rapporti tesi fra Netanyahu e Obama, favorevole al presidente americano, evidenziò due vistosi errori commessi da Netanyahu, il primo il supposto appoggio a Romney durante la campagna elettorale per la rielezione di Obama. Il secondo, la poca considerazione verso il presidente americano, malgrado fosse ben documentata, e con la probabile soddisfazione per averla affermata pubblicamente, è stato indubbiamente un passo falso diplomatico.
Ma anche Obama ha mantenuto basso il livello della relazione quando, dopo la nomina a presidente, visitò il Medio Oriente escludendo Israele.
C’è un argomento importante per Netanyahu che Obama pare affrontare in maniera razionale, quando afferma che le differenze tra lui e Netanyahu sulla bomba iraniana sono materia di definizioni. Obama vuole fermare l’Iran dal possedere l’atomica, mentre Netanyahu vuole prevenire gli iraniani dall’essere in grado di produrre armi nucleari. Sotto questo aspetto, il discorso al Congresso del 2015 di Netanyahu, sebbene non citato nell’articolo di Goldberg, aiuta a capire.
Goldberg cita Obama “ Fra 20 anni, se Dio vuole, sarò ancora attivo nei paraggi. Se l’Iran avrà l’arma atomica, ne andrà di mezzo il mio buon nome”, aggiungendo “ Credo corretto dire che, oltre ai nostri profondi interessi di sicurezza nazionale, sono coinvolto personalmente nel voler chiudere la questione”. Ma nel breve periodo da quando venne firmato l’accordo con l’Iran, si sono già verificate alcune violazioni.
David Axdelrod, già consigliere del presidente, intervistato, dichiarò che Obama gli disse che era la persona più vicina a un ebreo seduto nello studio ovale. Può essere vero, più di quanto si creda. Un certo numero di ebrei amricani ‘illuminati’ aderiscono volentieri alla tradizione masochista che condiziona la psiche ebraica da millenni.
Criticano Israele, mentre tacciono sugli efferati crimini palestinesi, incluso lo statuto genocida di Hamas.
Nella sua inervista dello scorso anno – sempre su The Atlantic – Goldberg pubblicò una dichiarazione di Obama sull’intenzione di ‘aggiustare’ il mondo, una frase del vocabolario medievale ebraico, citata spesso dagli ebrei che si definiscono progressisti. Invece di esibire qualche segno di riparazione, il mondo, durante la presidenza Obama, è andato sempre peggio. Lo si è visto, solo per citare alcuni esempi, con il deterioramento delle relazioni Usa-Russia, la crescita del caos nel Medio Oriente e l’espansione del terrorismo dei movimenti estremisti nel mondo musulmano. Le vittime del terrorismo globale sono aumentate durante la presidenza Obama, premio Nobel per la Pace, più che durante quella del suo predecessore George W.Bush.
Il nuovo articolo di Goldberg analizza soprattutto la credibilità di Obama, in particolare dopo che il presidente nel 2012 aveva dichiarato che avrebbe impedito ad Assad l’uso delle armi chimiche, che invece vennero usate. Ci sono altri esempi che hanno messo in dubbio la credibilità di Obama. L’aver appoggiato la cacciata del presidente egiziano Hosni Mubarak, da sempre fedele alleato dell’America.
Goldberg scrive esplicitamente che Obama non è riuscito a combattere l’enorme criminalità in larga parte del mondo musulmano, per non “ esacerbare la xenofobia anti-musulmana “. Le sue omissioni su quello che si sarebbe dovuto dire sui crimini collegati all’islam, ha preparato il terreno alle dichiarazioni estreme anti-islamiche di Trump.
Si deve inoltre criticare l’aver minimizzato il problema reale della criminalità musulmana e il relativo impatto globale, se paragoniamo con le frequenti condanne di Israele per le costruzioni nei territori contesi, un tema del tutto ignorato nell’articolo.
Così facendo, viene alla ribalta un altro fallimento della dottrina Obama: secondo la definizione di anti-semitismo del Dipartimento Usa, il doppio standard del condannare Israele rimanendo in silenzio sui moltissimi crimini musulmani è un atto anti-semita.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte