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La Russia si ritira dalla Siria Analisi di Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
C’è un piano ben preciso nel comportamento della Russia: basta cercarlo per capirlo. In entrambe queste aree ci sono due aspetti opposti: la tattica della Russia è sostenerne uno e opporsi all’altro. Sia in Ucraina che in Siria il coinvolgimento russo ha seguito lo stesso schema: una potente raffica di interventi in un breve tempo che dà al lato “giusto” l’energia di cui ha bisogno, e un ritiro che lascia l’arena pronta per il combattimento tra per le due parti senza che la Russia si debba impantanare nel caos che loro hanno creato. In Ucraina la Russia aveva sostenuto i separatisti russi, dando loro armi e munizioni e si era annessa unilateralmente la Penisola di Crimea. I separatisti, dopo aver ricevuto il sostegno di Putin, stanno continuando da soli la lotta contro il governo ucraino. In Siria la Russia è arrivata sulla scena poco prima che l’esercito di Assad crollasse e ha iniziato a bombardare senza pietà, senza distinguere tra organizzazioni terroristiche, militari e civili, trasformando così la situazione tattica in favore di Assad. Fin dall’inizio gli obiettivi della Russia in Siria si sono limitati e concentrati sulle organizzazioni ribelli e non sullo Stato Islamico che ormai controlla quasi il 70% del territorio siriano, soprattutto il deserto scarsamente popolato a Est del Paese. La situazione tattica che la Russia ha creato nel corso degli ultimi mesi, consente ad Assad di partecipare alla Conferenza di Pace di Ginevra in una posizione di forza, pur sapendo allo stesso tempo di dover raggiungere una sorta di accordo con l’opposizione, perché il massiccio aiuto russo che ha ricevuto non durerà a lungo. Questo messaggio è diventato ancora più importante dopo che l’Iran ha ritirato alcune delle sue forze dalla Siria e che Hezbollah ha inviato parte dei suoi combattenti nello Yemen. Dato che Putin ritiene che Iran e Hezbollah vogliano costringerlo a disporre le sue forza di terra sul suolo siriano, con il loro ritiro dimostra che non solo non ha alcuna intenzione di farlo, ma che portando i suoi combattenti fuori dal Paese pone la responsabilità di tenere in vita il regime di Assad nelle mani di Iran e Nasrallah. Un altro destinatario del messaggio di Putin è Obama e di conseguenza lo sono gli Stati Uniti e l’Europa, che avevano pensato, o almeno sperato, che la Russia avrebbe fatto il lavoro sporco per loro e si sarebbe impegnata in una guerra per distruggere lo Stato Islamico. Questo li aveva portati a sospendere quasi tutta l’attività della coalizione internazionale, limitandola agli interventi di funzionari e dirigenti. E 'ovvio che sono stati gli aspetti economici dell’operazione a dettare il basso profilo della Russia in Siria, perché la Russia, per attivare il proprio esercito, ha speso miliardi che non ha. Bombe, benzina e pezzi di ricambio non sono a costo zero e devono essere pagati da qualcuno. Le casse del Tesoro russo stanno affrontando molte difficoltà, soprattutto a causa del prezzo ribassato di petrolio e gas. E’ possibile che sia stato siglato un accordo segreto tra Russia e Arabia Saudita, per cui la Russia rimuoverà alcune delle sue forze armate dalla Siria, in cambio i Sauditi concederanno un aumento del prezzo del petrolio e incoraggeranno i ribelli a negoziare con Assad per il futuro della Siria. La possibilità di un patto saudita-russo ha avuto origine in seguito ad un recente incidente che avrebbe potuto avere gravi conseguenze per la Russia: un missile ha abbattuto un aereo siriano, sollevando la possibilità che qualcuno, probabilmente l’Arabia Saudita, abbia acquistato missili americani, cinesi o europei fornendoli ai ribelli. In sintesi, si può dire che la Russia ha raggiunto i suoi obiettivi in Siria: ha stabilito la sua posizione nelle arene della Siria e del Medio Oriente, rafforzato la propria presenza nei porti della Siria e delle basi aeree, ha migliorato la situazione tattica delle forze di Assad al punto che lui e i suoi alleati iraniani e libanesi possono avviare un attacco contro gli oppositori, e ha dato all’Occidente un chiaro consiglio su ciò che deve essere fatto nei confronti dei nemici: combatterli fino alla morte. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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