Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/03/2016, a pag.11, con il titolo "La guerra all'Isis ha trasformato Egitto e Arabia Saudita in avversari", l'analisi di Mordechai Kedar sui rapporti Egitto-Arabia Saudita.
La collaborazione con la STAMPA di Mordechai Kedar - che i nostri lettori leggono da anni su IC- porta il quotidiano diretto da Maurizio Molinari ad essere il più informato sulla realtà arabo-islamica mediorientale.
a destra Mordechai Kedar
Una larga parte del Medio Oriente è coperta di dune di sabbia, che cambiano posizione, foggia e forma sotto i colpi del vento. Perciò una delle regole più importanti nella cultura del deserto è: non si può costruire nulla di duraturo sopra una duna. La luna di miele Il territorio dell’Egitto e dell’Arabia Saudita è composto dal deserto, e la loro politica nei confronti l’uno dell’altro cambia forma e foggia assai frequentemente, proprio come le dune. Nel 2013, quando Al Sisi, all’epoca ministro della Difesa, decise di porre fine alla presidenza dell’uomo dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi, l’amministrazione Obama si oppose e cercò in tutti i modi di convincerlo a reinsediare Morsi. Solo il sostegno, politico e finanziario, saudita permise ad Al Sisi di resistere alle pressioni americane, e in seguito anche di imprigionare Morsi e diversi altri leader della Fratellanza.
La crisi siriana Questa luna di miele risale ormai a quasi due anni fa. Nel frattempo le relazioni tra l’Egitto e l’Arabia Saudita sono peggiorate drasticamente, principalmente per due ragioni. La prima è che il nuovo re saudita, Salman, ha rivisto la politica nei confronti di diversi Paesi e leader, Egitto incluso. La seconda è che la situazione in Siria colloca l’Egitto e l’Arabia Saudita sui lati opposti della barricata. Il precedente re saudita, Abdullah, era mosso dall’odio verso i Fratelli Musulmani e pur di eliminarli avrebbe fatto qualunque cosa, anche appoggiare una rivolta secolare guidata da Al Sisi. Salman è meno entusiasta nell’appoggiare Al Sisi e si è mostrato freddo con lui. Al Sisi, che ha avvertito il cambiamento di umore saudita, ha trovato come nuovo appoggio politico la Russia, e ha ridotto il suo impegno in Yemen contro le milizie sciite houthi che – con il sostegno dell’Iran – combattono contro l’Arabia Saudita. Il re Salman è molto arrabbiato perché al-Sisi ha abbandonato il campo di battaglia yemenita. La crisi in Siria ha anche aumentato la tensione tra l’Egitto e l’Arabia Saudita. Al Sisi vuole vedere Assad come leader della Siria anche in futuro, in quanto l’alternativa a lui è l’Isis, che ha già impiantato una colonia in territorio egiziano, nel Sinai (oltre alla Libia) e minaccia la stabilità di tutto il Paese. Di conseguenza, Al Sisi farà tutto il possibile per aiutare Assad. L’Arabia Saudita, al contrario, fa tutto quello che è in suo potere – incluso l’invio di truppe in Turchia – per appoggiare i ribelli siriani che combattono Assad, anche se il risultato potrebbe essere la sopravvivenza dell’Isis. Al Sisi ha simpatie verso gli Hezbollah che hanno versato il sangue per salvare Assad, mentre i sauditi considerano Hezbollah un’organizzazione terroristica. Per salvare Assad Al Sisi appoggerebbe perfino l’Iran, che Riad considera una minaccia all’esistenza del regno saudita. Il rapporto di Al Sisi con Erdogan può essere descritto come «ostile» fin dalla metà del 2013, mentre l’Arabia Saudita invia unità dell’esercito in Turchia per allearsi con Erdogan contro Assad. Al Sisi appoggia l’impegno della Russia per salvare Assad e distruggere le organizzazioni islamiste che tentano di rovesciare il suo regime, mentre l’Arabia Saudita investe sempre più soldi, armi, munizioni e equipaggiamento per sbarazzarsene. Divisi sull’Iraq L’Iraq è un’altra fonte di tensioni tra Al Sisi e Salman: il primo appoggia il regime di Baghdad, nonostante sia il braccio lungo degli iraniani, in quanto l’alternativa è l’Isis che si impadronisce di una parte cospicua del territorio iracheno e diventa una minaccia per Stati come l’Egitto, che combatte con fermezza le correnti e organizzazioni jihadiste salafite al suo interno. Eppure, sembra che il problema principale tra l’Egitto e l’Arabia Saudita sia legato all’Etiopia. Che sta costruendo la diga della Grande Rinascita, che dirotterà buona parte dell’acqua che oggi finisce nel Nilo. L’Egitto è terribilmente preoccupato che il livello del Nilo possa scendere, con ripercussioni pesantissime per i suoi 90 milioni di abitanti. Al Sisi ha chiesto ai sauditi di sponsorizzare progetti alternativi in Etiopia per convincere il suo governo a non costruire la diga, ma Riad si è rifiutata. Probabilmente Al Sisi accusa i sauditi di voler lasciare il suo popolo soffrire di sete e di carenza di acqua per l’irrigazione agricola e l’industria. Solo un anno e mezzo fa l’Egitto e l’Arabia Saudita erano nella stessa parte dell’equazione politica mediorientale. Oggi sono chiaramente contrapposti, con politiche in conflitto sui problemi che stanno dilaniando la Siria, l’Iraq e lo Yemen. Le carneficine regionali e la portata e durata del massacro in Siria sono il risultato dei conflitti perduranti all’interno del mondo arabo, incluso quello tra l’Egitto e l’Arabia Saudita.
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