IC7 - Il commento di Lia Levi
Dal 28 febbraio al 5 marzo 2016
A margine del dibattito sul Giorno della Memoria: “Sensibili” si può
Ritornare sul Giorno della Memoria? Proprio dopo che da tante parti, comprese quelle più coinvolte, sta a tratti affiorando una specie di sofferenza-insofferenza per il moltiplicarsi di eventi sovrapposti con relative polemiche in crescendo? E a proposito poi di un accadimento che sempre di più pare si stia allontanando tra le nebbie del passato… Ma è volutamente e proprio adesso a bocce ferme (ma lo sono davvero?) che tenterei di riprendere brevemente il discorso.
Siamo tutti d’accordo: il modo con cui i media imperversano a volte alla ricerca del personaggio da esibire o le opache manifestazioni di maniera finiscono con il consegnarci un messaggio svuotato di qualsiasi risonanza emotiva. Questi risvolti avvilenti certo esistono e nessuno si sogna di ignorarli, però… Però si può davvero pensare che rappresentino l’aspetto predominante di un fenomeno ormai a così grande raggio? È una visione riduttiva, che non riflette la realtà, ma solo certe slabbrature della realtà. Si tratta solo di un brusìo che a volte pare soffocare la voce. La voce invece c’è, ed è più forte di prima. E ne siamo coinvolti molto di più di quanto ci si renda conto.
Possiamo soffermarci un momento sul concetto di Memoria? La Memoria, è ormai chiaro, è cosa diversa dal ricordo. È l’elaborazione del ricordo e l’elaborazione, va da sé, comporta dei tempi che possono (o devono) essere molto estesi perché tutto quello che è afferrato con la mente, deve passare, in un suo specifico momento, attraverso la strettoia della sensibilità individuale e diventare parte di “te”. E non c’è nessuno in grado di stabilire quanto possa durare questo percorso così tanto personale e sentenziare “è tutto finito”. Uno degli interrogativi più angoscianti che si sentono nell’aria riflette lo smarrimento di fronte alla prospettiva della scomparsa via via dei Sopravvissuti, le tragiche, straordinarie figure della Shoah. Chi resterà a raccontare quando in vita non ci sarà più nessuno? Sono loro, come dice Appelfeld, che hanno fatto uscire la Shoah dall’incredibile per collocarla nel visibile. Nessuno li dimenticherà, questa è una certezza (per fortuna ce ne sono ancora molti a resistere). Ma non si può non essersi accorti quanto la Memoria abbia tenacemente continuato il suo cammino anche per altre sue strade.
Daniel Mendelsohn
Facciamo un esempio tra i tanti. Trovo che il lavoro di Daniel Mendelsohn “Gli Scomparsi” (più esplicativo il titolo originale “The Lost. A search for Six of Six Million”) abbia rappresentato una svolta che configura uno dei modi più innovativi per affrontare il tema della Shoah. Storia, minuziosa ricerca archivistica di documenti privati, invenzione, sono fusi e miscelati tutti insieme a formare un blocco miliare di enorme forza letteraria ed evocativa. Mendelsohn, del resto, lo ha tranquillamente teorizzato in più di un’intervista. “La verità” - ha detto – “ Ha bisogno dell’immaginazione per manifestarsi”. Per Daniel sì, ci può essere poesia dopo Auschwitz, anzi… è l’arte il modo più discreto e incisivo di esplorare l’inesprimibile. Insomma in altre parole la finzione, dando anima ai fatti, ha rivelato un suo importante ruolo al servizio della Memoria. Ed è proprio quanto sta accadendo nella quotidianità di questi nostri giorni.
Prendiamo il cinema. Per parlare solo di pellicole recentissime abbiamo avuto quasi in un'unica manciata “Il figlio di Saul” (premio Oscar 2016) un film terribile e forte, dove ancora una volta si è riusciti a dar racconto all’indicibile, “Il labirinto del silenzio”, “Remember”, “Women in Gold” per finire con l’insolita angolazione del francese “Una volta nella vita” (una classe di turbolenti alunni multietnici affronta a suo modo a Parigi un concorso sulla Memoria). Siamo partiti dal cinema, ma l’orizzonte è vastissimo. Sempre andando in ordine sparso ci sono da ricordare “Le Pietre d’inciampo”, “Binario 21”, i nuovi Memoriali, la pittura e il teatro ispirati al tema, il lavoro di raccolta delle musiche composte dai deportati nei lager nazisti…
Primo Levi
Primo Levi è più universalmente conosciuto ora, attraverso i suoi libri, da quando, ancora in vita portava con dedizione e passione la sua testimonianza tra la gente che era accorsa ad ascoltarlo. Il giovane fumettista Pietro Scarnera ha presentato in questi giorni una sua graphic novel (Una stella tranquilla) che è uno scavo sulla “persona” Primo Levi. Ai tempi della scuola aveva letto i libri di Levi, ma solo adesso ha confessato, su questa figura gli si è aperto dentro uno squarcio di comprensione più profonda. Ed eccoli i tempi stratificati di tante metabolizzazioni personali. Siamo in una feconda fase di elaborazione (e succede anche con il ritrovamento di nuovi documenti storici) con un germogliare a catena perché, è normale, creatività mette in moto altra creatività.
Un discorso a parte merita la scuola (e forse un giorno ci ritorneremo). Non so se qualcuno ci ha fatto caso, ma, ormai, quando ci si prepara al Progetto non si fa riferimento più al “Giorno della Memoria”, ma al “Mese della Memoria”. Non è una formula, è un fatto reale. Significa che il lavoro degli studenti ha acquistato maggior forza e consistenza e ha avuto perciò bisogno di estendersi in tempi più lunghi. Sì, anche fra i corridoi delle scuole ci sarà qualche ragazzo/a che non partecipa o mostra ostilità, ma non importa. Sono “quelli che non sono come loro”, che ci interessano. E sono tanti.
Elie Wiesel
Elie Wiesel, sopravvissuto da ragazzo al lager e Premio Nobel per la Pace, non ha mai smesso di portare la sua testimonianza negli anni nelle scuole (“è durante il processo educativo che bisogna creare gli anticorpi”). Una volta una studentessa gli ha chiesto: “Perché ci racconta queste cose? Forse perché vuole che soffriamo un pochino anche noi?” “No” – ha spiegato Wiesel sorridendo - “Io voglio una sola cosa: che siate sensibili”. Siate sensibili. Penso che questa scarna formulazione, che ne riassume tante altre, abbia il potere di dare una risposta a molte delle amare discussioni da cui ci troviamo sommersi e possa rappresentare la cifra che unifica il lavoro degli storici, dei ricercatori, degli artisti, degli educatori anche alla luce (o forse è meglio dire “ombra”) del tragico e deforme momento che il mondo sta attraversando.
Lia Levi