Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/03/2016, a pag. 12, con il titolo "Il pugno di Erdogan contro il giornale ribelle", il commento di Marta Ottaviani.
Marta Ottaviani
Erdogan il sultano
Questa volta, la vittima della censura è quanto mai eccellente. Si tratta del quotidiano Zaman. Venerdì il tribunale amministrativo di Istanbul lo ha messo sotto amministrazione controllata, la notte successiva la polizia ha fatto irruzione nella redazione sequestrando tutto e ieri mattina è arrivata la notizia che il direttore Abdulhamit Bilici era stato licenziato dal nuovo consiglio di amministrazione.
Zaman non è un giornale come tutti gli altri. È uno dei più diffusi del Paese e di proprietà di Fethullah Gülen, il filosofo islamico prima finanziatore e poi nemico di Erdogan. Il presidente della Repubblica nello scorso ottobre lo ha fatto inserire nella lista dei terroristi più pericolosi, dichiarandolo a capo di un’organizzazione segreta. Da quel momento sta cercando di smantellare l’impero del filosofo, che vive in autoesilio negli Stati Uniti, pezzo per pezzo. A ottobre, altre due testate di opposizione, ma meno diffuse, Bugun e Millet, erano state messe in amministrazione controllata, tornando in edicola con una linea editoriale filogovernativa.
Tensione a Istanbul
A Istanbul, intanto, è stata una giornata nervosa. Centinaia di lettori di Zaman si sono ritrovati fuori dalla sede della redazione per manifestare contro il deterioramento della libertà di stampa nel Paese. Molti avevano in mano la copia di ieri del giornale, che sulla prima pagina riportava la scritta «Anayasa askida», la Costituzione è sospesa. Ad attenderli hanno trovato un imponente spiegamento di forze dell’ordine, che non ha esitato a disperdere la folla con proiettili di gomma, gas lacrimogeni e getti di idrante. Ai giornalisti in redazione è stata tolta la connessione internet e tutto quello che hanno potuto fare è stato twittare dai loro smartphone. «Siamo tutti in pericolo - ha spiegato Ekrem Dumanli, che ha diretto Zaman per 15 anni -. Ormai Erdogan vede in chi la pensa in modo diverso un nemico. Quando ero direttore temevo per la mia vita e quella dei miei giornalisti». Il premier, Ahmet Davutoglu, ha parlato di «decisione non politica». Ma non gli crede nessuno.
Bavaglio alla stampa
Sono a decine i giornalisti in Turchia che negli ultimi anni hanno perso il posto di lavoro perché non graditi al primo ministro. Alcuni di loro hanno anche problemi con la giustizia e non per reati connessi alla stampa. È il caso del celebre giornalista Can Dundar, sotto processo per spionaggio perché il suo quotidiano Cumhuriyet ha pubblicato foto e video che ritraevano esponenti dei servizi segreti consegnare camion carichi di armi allo Stato islamico. Il presidente Usa, Barack Obama, e il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, hanno espresso «preoccupazione». La Turchia, che doveva essere un modello per tutto il Medioriente, è diventata un alleato sempre più difficile da gestire e a rischio democrazia.
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