La crisi dei rifugiati in Germania e la memoria del passato
Analisi di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Rifugiati si accalcano in una stazione tedesca
La Cancelliera Angela Merkel, aprendo i confini della Germania ai rifugiati lo scorso settembre, ha esplicitamente richiamato il passato quando ha affermato “ Sono felice perché la Germania è diventata un paese al quale guardano con speranza molti stranieri… è qualcosa che vale molto, soprattutto per quanto riguarda la nostra storia”. Una memoria del passato amplificata dalle sfide e dai problemi causati dall’enorme arrivo di migranti. Anche se alcuni fattori sono risultati subito visibili, il peggio viene dalla loro interpretazione. Provare paura è un fenomeno frequente nella Germania degli ultimi decenni dopo la fine della guerra,spesso a livello del subconscio, condizionato dalle atrocità commesse dai tedeschi sotto il nazismo.
Uno studio dello scorso dicembre rivela come la combinazione esplosiva della crisi dei rifugiati e il timore di attentati abbia accresciuto la paura del futuro. In un sondaggio del febbraio 2016, il 57% degli intervistati ha detto che “ a causa degli immigrati, la Germania è diventata un brutto posto dove vivere”. Il 53% pensa che “ la vita culturale in generale sarà messa in pericolo dai rifugiati”. Le chiese tedesche si sono pronunciate senza equivoci contro una quota da stabilire per i rifugiati. Negli anni prima della guerra molti leader religiosi avevano sostenuto il nazismo. Persino Martin Niemoller, uno dei più famosi religiosi protestanti tedeschi anti-nazisti, aveva predicato nei suoi sermoni durante il nazismo che gli ebrei erano stati maledetti perché i loro avi avevano ucciso Cristo. Solo dopo la guerra alcune chiese protestanti tedesche si scusarono per il loro comportamento antisemita sotto il nazismo.
Un corteo a favore dell'accoglienza indiscriminata dei rifugiati a Dresda, Germania
Con la loro attuale posizione irrazionale nel non volere alcun limite alla marea di rifugiati, le chiese tedesche sembrano oscillare verso l’estremo opposto. Le chiese, sia protestanti che cattoliche, non chiedono che nell’accogliere le masse dei rifugiati, i cristiani debbano avere un trattamento preferenziale, una posizione molto dura, considerata la violenta persecuzione musulmana in Medio Oriente contro i cristiani. La posizione delle chiese su questo tema è l’opposto di quella tenuta da Pio XII, i cui tentativi di aiutare gli ebrei, prima e dopo la Shaoh, erano incentrati soprattutto sugli ebrei battezzati. Echi dal passato risuonano anche negli ammonimenti alla polizia tedesca contro un uso eccessivo della forza. Una accusa venuta alla luce di recente nella cittadina di Clausnitz, quando l’arrivo di un convoglio di rifugiati è stato bloccato da un centinaio di manifestanti, in gran parte locali, creando seri problemi alla polizia per il mantenimento dell’ordine. La polizia venne sommersa da un mare di critiche per come si era comportata. In risposta, dichiarò che alcuni all’interno del bus avevano provocato i dimostranti, accrescendo il livello dello scontro.
Molti hanno condannato la raccomandazione di Frauke Petry, che la polizia deve controllare i confini, ma sparare come ultima possibilità per impedire l’ingresso dei rifugiati. Petry è a capo della AFD (Alleanza per la Germania), un partito di destra in fase di rapida crescita secondo i sondaggi. La raccomandazione di Petry – in gran parte scorretta- ricordava la polizia della Germania Est che sparava a chi cercava di fuggire in Occidente. I sondaggi hanno rivelato come Petry sia in minoranza, ma dimostrano anche che è tutt’altro che isolata, visto che il 29% degli intervistati ne condivide sì le posizioni, giustificando l’uso delle armi per impedire ai rifugiati di oltrepassare i confini, ma il 57% è di opinione contraria.
L’affermazione della Merkel sulla Germania che simboleggia la speranza si è significatamente offuscata alla luce di quanto è accaduto negli scorsi sei mesi. Un sito internet che registra le aggressioni -avvenute e programmate- nelle strutture di accoglienza dei profughi, riferisce di molti incidenti, tra cui dieci incendi nelle prime tre settimane di febbraio. Un caso recente si è verificato a Bautzen, in Sassonia, dove una trentina di ubriachi guardavano applaudendo mentre andava a fuoco un hotel trasformato in casa-rifugio per immigrati. Durante alcune manifestazioni, si sono udite grida di “ Germania ai tedeschi” e “ Via gli stranieri”. A fine gennaio, Markel ha dichiarato – forse un pio desiderio – che si aspettava dai rifugiati il ritorno ai loro paesi d’origine, una volta che fosse tornata la pace. I due candidati di maggior rilievo alle prossime elezione del suo Partito Cristiano Democratico negli stati federali del Palatinato e del Baden Wurtemberg hanno pubblicamente dichiarato di essere contrari alla politica dei confini aperti, dopo aver visto la loro discesa di popolarità nei sondaggi.
Angela Merkel
L’Unione Cristiano Sociale (CSU) è il partito gemello alleato con i Cristiano Democratici della Merkel. Uno dei suoi leader, il Ministro delle Finanze bavarese Marcus Soder, ha dichiarato che la Germania ha bisogno di “ un piano di espulsione a livello nazionale”, augurandosi che quest’anno vengano espulsi 350.000 nuovi immigrati. Tutto questo è una chiara indicazione agli osservatori internazionali dell’inizio a cascata di eventi che accresceranno la vicinanza della Germania con il suo problematico passato, piuttosto che rappresentare una visione di speranza. C’è però oggi anche un altro aspetto. Nel tentativo di indennizzare psicologicamente l’atroce trattamento alle minoranze durante la seconda guerra mondiale – agli ebrei in particolare – la Germania dà ora il benvenuto ad altre minoranze aprendo i confini. Eppure molti nuovi arrivati sono musulmani provenienti da paesi tra i più antisemiti del mondo. C’è più di una diabolica spirale della storia, visto che include un reale pericolo per gli ebrei tedeschi.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.
Manfred Gerstenfeld ha ricevuto il premio "Simon Wiesenthal Center International Leadership" per i suoi studi sull'antisemitismo.