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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Stampa Rassegna Stampa
03.03.2016 Kurdistan siriano: si può fare
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 03 marzo 2016
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Un Kurdistan siriano con il sì di Mosca e il tacito assenso Usa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/03/2016, a pag. 10, con il titolo "Un Kurdistan siriano con il sì di Mosca e il tacito assenso Usa", il commento di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Curdi siriani

L’idea di una Siria federale, divisa in regioni autonome, quasi indipendenti, prende forza. E il Kurdistan siriano - il Rojava, «occidente» in lingua curda - si sta ritagliando rapidamente la sua parte di territorio. Le circostanze sono favorevoli come mai prima. I guerriglieri curdi dello Ypg in Siria, come i Peshmerga in Iraq, sono stati gli alleati più efficaci degli Usa nella lotta all’Isis e perciò godono dell’appoggio di Washington. La Russia invece li sostiene in funzione anti-turca, il nemico comune in questo momento.
Ieri a Mosca si è tornati a parlare di un Kurdistan all’interno di una Siria federale. «I curdi siriani devono partecipare alle trattative di pace di Ginevra - ha ribadito la portavoce degli Esteri Maria Zakharova -. Escluderli è assurdo». Analisti moscoviti propongono un modello federale «alla russa». E fra le regioni della possibile nuova struttura dello Stato siriano, quella curda è la più avanzata. Il Rojava si è autoproclamato autonomo nel novembre 2013, una costituzione provvisoria è stata adottata nel gennaio 2014, con una copresidenza divisa fra Salih Muslim Mohammed e Asya Abdullah. Alla fine del 2014 la regione stava per essere spazzata via dall’Isis, ma la resistenza dei curdi a Kobane ha segnato il suo radicamento sul terreno. Oggi i curdi sono a 20 km da Raqqa, capitale dello Stato islamico, e controllano il 14 per cento della superficie della Siria, circa 26 mila mq, e l’8 per cento della popolazione, due milioni di abitanti. L’obiettivo è unire i loro tre distretti di Jazira, Kobane e Afrin in unica striscia di terra lungo il confine con la Turchia. Manca solo una fetta, con i valichi di Bab al-Salama, controllato dai ribelli filo-turchi, e Jarabulus, controllato dall’Isis.

Nel groviglio di alleanze in Siria, accade che la Turchia, Paese Nato, bombardi lo Ypg a Nord di Aleppo, per impedire che venga tagliata la via di rifornimento ai ribelli filo-turchi. Ma gli stessi curdi hanno l’appoggio aereo statunitense quando attaccano l’Isis. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito lo Ypg un gruppo terroristico «al pari dell’Isis» e ha messo il veto alla presenza di Muslim Mohammed, ai negoziati di pace di Ginevra. Lo Ypg, di ispirazione socialista, è di fatto padrone del Rojava. Le forze armate di «autodifesa», con i loro battaglioni femminili, sono modellate sull’esempio del Pkk, con un «commissario politico» ogni dieci uomini. Nella regione, scuola e sanità sono pubbliche, le infrastrutture accettabili. «L’autogoverno funziona - spiega Akram Hesso, primo ministro del cantone curdo di Jazira -. Abbiamo superato le sfide interne e internazionali. Ma il blocco turco ci danneggia».

Il problema è anche con i «fratelli curdi in Iraq», ammette Hesso. Il presidente del Kurdistan iracheno, Massoud Barzani, è ideologicamente all’opposto dello Ypg. Piccoli contingenti dei Peshmerga hanno combattuto a Kobane, e i curdi siriani hanno ricambiato nella battaglia contro l’Isis a Sinjar in Iraq. Ma i rapporti sono ai minimi e i giornalisti della più importante agenzia curdo-irachena, Rudaw, sono stati cacciati da Kobane e non potranno tornarvi «a meno che non cambino linea politica». Per Rudaw si tratta di una decisione «vecchio stile e ideologica». La maledizione dei curdi è quella di dividersi nei momenti decisivi.

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