Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/02/2016, a pag.6, con il titolo " Tra gli Hezbollah libanesi 'difenderemo Assad dai terroristi' " il pezzo di Giordano Stabile, inviato a Beirut.
Giordano Stabile Hezbollah nell'abituale saluto 'romano'
"I nostri ragazzii combattono ad Aleppo per salvare anche noi qui a Beirut. I takfiri ci vorrebbero tagliare la testa a tutti". Nel quartiere di Mouawad la guerra in Siria è sentita come vicinissima e l'unico senso di sicurezza viene dai reparti di Hezbollah protagonisti della spettacolare avanzata di febbraio. E così per Hassan AlHgji, il fruttivendolo sul marciapiede della via principale di questo sobborgo a Sud della capitale libanese, dove comincia la parte di città controllata dal Partito di Dio sciita. Ed è cosí per l'ufficio politico di Hezbollah, che ha scommesso moltissimo, quasi tutto, sulla vittoria in Siria. Nel suo ultimo discorso Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, ha calcato la mano e ha detto che «i ragazzi» resteranno in Siria «per secoli» se necessario.
Alti funzionari, che parlano a condizione dell'anonimato, confermano: «Siamo in Siria, ma invitati da un governo, che può non piacere ma è legittimo - argomentano -. Mentre turchi e sauditi hanno mandato migliaia di terroristi non invitati».
Sull'esito della battaglia, pur con gli scaramantici inshallah, sono ottimisti: «I turchi non potranno entrare con le truppe. Non hanno copertura aerea, a meno di non togliere di mezzo 150 jet russi. I sauditi invece non sono proprio in grado. Basta vedere quello che hanno combinato in Yemen». A Mouawad, come a Beir Al-Abed, a Borj Al-Barajneh, scendendo verso Sud, il paesaggio urbano cambia in pochi chilometri come in altri Paesi in centinaia. La Beirut newyorchese del Down Town e quella parigina di Monot spariscono. Le scritte sono quasi tutte in arabo in segno di «decolonizzazione».
Poster e altarini ricordano i martiri, i ragazzi caduti al fronte, secondo fonti ufficiose oltre mille. Nelle vie principali i jersey di cemento in mezzo alla carreggiata costringono le auto a gincane per arrivare agli edifici «sensibili».
I takfiri, cioè gli estremisti sunniti dell'Isis, hanno già colpito più volte, e il 12 novembre due kamikaze hanno fatto 60 morti. Vendetta per il ruolo di Hezbollah in Siria, che nel 2013 ha salvato Bashar al-Assad, oramai assediato nel suo palazzo presidenziale.
E Hezbollah il nucleo principale dell'annata sciita creata dall'Iran per salvare l'alleato di Damasco. Hezbollah è stata anche la prima «proiezione» all'estero di Teheran. Un modello ripetuto poi in Iraq a partire dal 2003 con quelle che oggi sono Hashd al-Shaabi, le forze di mobilitazione popolare. Queste forze si ritrovano per la prima volta tutte assieme sul fronte di Aleppo. «Non ci sono stime sicure, ma i ribelli - conferma Hossam Abouzahr del Rafik Hariri Center for the Middle East - intercettano un numero sempre maggiore di comunicazioni in farsi, curdo e dialetti iracheni».
Le cifre ufficiose parlano di 8-10 mila Hezbollah, 6 mila iracheni, 3500 afghani, 2000 pachistani. E poi da 1500 a 3 mila iraniani, che hanno soprattutto il ruolo di coordinamento. La svolta è arrivata con i russi e la creazione di una «war room» composta da governativi siriani, russi, iraniani ed Hezbollah che pianifica le operazioni.
E ha stabilito come priorità Aleppo. «Liberare la città - conferma Hezbollah - darebbe di nuovo il controllo effettivo del Paese al governo siriano. Le idee di cambi di regime sono roba del passato».
Sul piano regionale, invece, la vittoria sarebbe la massima espressione delle ambizioni iraniane e un colpo a Turchia-Arabia saudita. Anche i sunniti hanno la loro «legione straniera» ad Aleppo, composta da asiatici turcofoni e volontari da altri Paesi arabi.
Nella «mini-guerra mondiale» siriana sono soprattutto stranieri «irregolari» a confrontarsi. Ma potremmo presto vedere gli eserciti regolari.
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