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La Stampa Rassegna Stampa
19.02.2016 Erdogan combatte i curdi, non lo Stato Islamico
Analisi di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 19 febbraio 2016
Pagina: 16
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Così Erdogan prepara la guerra ai combattenti curdi della Siria»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/02/2016, a pag. 16, con il titolo "Così Erdogan prepara la guerra ai combattenti curdi della Siria", l'analisi di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Sono i curdi a combattere contro lo Stato islamico, ma Erdogan li combatte e solidarizza con i terroristi islamisti

Una «fascia di sicurezza» profonda dieci chilometri. Per impedire ai guerriglieri curdi di avanzare ancora e «cambiare la struttura etnica» nel nord della Siria. È il piano anti-Ypg, «da realizzare con ogni mezzo», elaborato dalla Turchia all’indomani dell’attacco alle sue forze armate nel centro di Ankara.
È stato un colpo micidiale nel quartiere più protetto di tutto il Paese, una sfida aperta, condotta, secondo gli investigatori, da un attentatore suicida curdo-siriano, appartenente proprio allo Ypg, la formazione guerrigliera «cugina» del Pkk turco, ed entrato in Turchia come rifugiato.

L’attacco ai militari, 28 morti e 61 feriti, ha fatto cambiare passo al governo turco. Ankara vede saldarsi il fronte interno della lotta al Pkk - ieri una mina ha ucciso 6 soldati sulla strada che collega Diyarbakir e Bingol - e quello esterno in Siria, dove lo Ypg mette in gioco i suoi interessi strategici. Alla fine della riunione notturna del consiglio di Difesa, il presidente Recep Tayyip Erdogan parla di diritto di difendersi «in ogni luogo, in ogni momento e con ogni mezzo». E il vicepremier Yalcin Akdogan svela il piano per la fascia di sicurezza «di dieci chilometri».

Incubo Kurdistan
È la distanza che separa le avanguardie curde dal confine con la Turchia. Il vicepremier accusa i curdi di «cambiamenti demografici», pulizia etnica nei confronti della minoranza turkmena, l’alleata più stretta dei turchi, e anche degli arabi, per «cambiare la struttura» della regione. I curdi ora controllano il 14% del territorio siriano, 26 mila chilometri quadrati, e vogliono unire i loro distretti di Afrin, Kobane e Jazira in un’unica regione, un Kurdistan siriano, contiguo a quello iracheno. «La Turchia non starà al gioco», avverte Akdogan.

Come sarà creata la fascia di sicurezza non è chiaro. La Turchia ha ripetuto fino alla nausea che non lascerà cadere la roccaforte dei ribelli, Azaz. Ieri l’artiglieria turca ha colpito incessantemente le postazioni curde. Ma i proiettili da 155 mm non hanno la stessa efficacia devastante dei raid aerei russi. I ribelli filo-turchi sono a corto di uomini, i loro effettivi si sono dimezzati, da circa 30 mila a 15 mila.

Mosca verso la vittoria
Ieri una colonna di rinforzi, 500 uomini con «armi leggere e pesanti», ha attraversato il posto di frontiera di Bab al-Salama, come riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani. Seguono i 350 combattenti arrivati la settimana scorsa. «Sono entrati in Turchia dalla provincia di Idlib - ha spiegato il direttore della Ong Rami Abdel -, attraverso il valico di Atme e poi sono rientrati in Siria da quello di Bab al-Salama».
Un lungo giro, perché ormai le zone in mano ai ribelli sono spezzate e circondate. I russi sentono la vittoria a portata di mano e hanno replicato ai turchi: «Ogni incursione in territorio siriano sarebbe illegale - ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova -. La Siria è uno Stato sovrano. Un intervento va concordato con il suo governo o con il Consiglio di sicurezza dell’Onu». Ma Mosca bacchetta anche Bashar al-Assad: «La leadership siriana deve seguire la linea tracciata dalla Russia - avverte l’ambasciatore alle Nazioni Unite Vitali Churkin - se vuole uscire dignitosamente dalla crisi».

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