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La Stampa Rassegna Stampa
15.02.2016 Rabbini italiani, generazione under 40
Cronaca di Ariela Piattelli

Testata: La Stampa
Data: 15 febbraio 2016
Pagina: 17
Autore: Ariela Piattelli
Titolo: «Rabbini generazione under 40: laurea, musica e computer»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/02/2016, a pag. 17, con il titolo
"Rabbini generazione under 40: laurea, musica e computer", la cronaca di Ariela Piattelli.

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Una lezione presso il Collegio Rabbinico di Roma

Sono tutti laureati, studiano musica, seguono i mercati finanziari e programmano software. Hanno respirato l’ebraismo sin da bambini, orgogliosi della tradizione italiana, ma vanno a studiare anche in Israele, nelle yeshivot (Istituti religiosi ebraici), dove apprendono l’approfondimento. E’ la generazione under 40 di giovani rabbini italiani. E ha il compito di dare continuità a duemila anni di tradizione rabbinica italiana.

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Jacov Di Segni

La bellezza
Una tradizione «in cui c’è uno stile di bellezza, passione linguistica e filologica, e una grande apertura alle scienze. Quest’ultimo è un elemento importantissimo», spiega il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni. E’ questa la cifra che accomuna i grandi maestri dell’ebraismo italiano, che hanno fatto scuola in tutto il mondo. Come Ovadia Sforno, medico e filosofo del ‘500, ed Elio Toaff, che ha risollevato l’ebraismo italiano dopo la Shoah e lo ha guidato fino ai giorni nostri. Oggi i giovani rabbini sono testimonianza della continuità e le scuole rabbiniche d’Italia, che hanno una lunga tradizione, continuano ad essere prolifiche. L’ultimo laureato al Collegio Rabbinico di Roma è Jacov Di Segni, che a 29 anni dirige l’ufficio rabbinico della Capitale. Viene da una famiglia religiosa, suo padre è rabbino e biologo. Jacov, mentre frequentava il Collegio, ha trovato il tempo per studiare musica, sposarsi, ascoltare Battisti, Shlomo Carlebach, rabbino e grande musicista, e soprattutto di andare a Gerusalemme, in yeshivà.

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Ariel Di Porto

Il nuovo fenomeno
L’internazionalizzazione infatti è la grande novità che caratterizza la nuova generazione. Il fenomeno è iniziato negli Anni 80 quando le scuole italiane invitavano rabbini israeliani, e gli studenti li seguivano poi nelle yeshivot. «Le passate generazioni di rabbini italiani studiavano, per una serie di ragioni, in Italia- spiega Jacov Di Segni-. Ora si va anche nelle yeshivot, e ognuna di queste ha tradizioni diverse. Assistiamo, forse, alla globalizzazione del mondo rabbinico, ma le tradizioni vanno mantenute. Io in yeshivà ho cercato di portare la mia, ho sempre pregato con il libro di rito italiano e ho continuato nella pratica delle mie tradizioni, tanto che i maestri israeliani, incuriositi, mi hanno aiutato ad approfondirle». Approfondire per mettere la tradizione sotto la lente d’ingrandimento. E’ la lezione israeliana.

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Roberto Di Veroli

Un esempio in odore di stampa è il libro di Roberto Di Veroli, rabbino romano, 36 anni, esperto in shechità (macellazione rituale), che ha fatto una lunga esperienza in yeshivà. Il suo libro in lingua ebraica, spiega come si controlla il polmone secondo l’antico uso romano, per poter considerare l’animale kasher. Di Veroli tra la yeshivà, una laurea in psicologia e l’hobby di seguire i mercati finanziari, è andato anche in Argentina per studiare la macellazione. Si deve uscire dai confini per studiare e insegnare. Anche virtualmente. Perché i tempi cambiano, e con loro le esigenze dei religiosi. «A Torino c’è una comunità molto attiva - racconta il Rabbino Capo Ariel Di Porto-. Abbiamo un canale YouTube dove mettiamo online le lezioni. Il web ha rivoluzionato anche il mondo rabbinico. Cambia il tuo senso di responsabilità quando sai che sono migliaia le persone che assistono alle tue lezioni. Per me Internet è un mezzo di comunicazione fondamentale. Io l’ho quasi inventato Facebook - scherza -. Su Fb rispondo a domande esistenziali e sulle pratiche religiose».

Di Porto, 37 anni, laurea in filosofia, ha respirato l’ebraismo in famiglia, quando da bambino accompagnava suo nonno nella Sinagoga di Roma, dove era gestore del Tempio. «Posso dire di essere nato rabbino - dice -. Credo ci sia continuità tra le generazioni precedenti e questa. Ma la nostra è caratterizzata dalla formazione di stampo israeliano, che si concentra sullo studio del Talmud e della normativa ebraica». E c’è chi vuole portare il modello della yeshivà in Italia. «Il mondo delle yeshivot è un punto di riferimento universale. La sfida dei giovani rabbini italiani potrebbe essere fondare una yeshivà qui». Lo dice Paolo Sciunnach, di Genova, che insegna nel liceo ebraico di Milano e, mentre coltiva la passione per l’informatica, fa gruppi didattici con gli studenti nei social network per condividere risorse. Ogni generazione ha le sue guide ispiratrici. Così è scritto nel Talmud.

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