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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.02.2016 Shoah: pochi i giusti, molti i carnefici, milioni gli indifferenti
Ma Sergio Romano preferisce riscrivere la storia

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 febbraio 2016
Pagina: 53
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Per meglio ricordare ebrei e Italia fino al 1943»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/02/2016, a pag. 53, con il titolo "Per meglio ricordare ebrei e Italia fino al 1943", la risposta di Sergio Romano a un lettore.

Si possono enumerare molti casi di persone che si adoperarono, durante la Shoah, per salvare ebrei. Ma è storicamente disonesto farlo dimenticandosi che la grande maggioranza degli europei agirono diversamente: si fecero cioè o attivi protagonisti delle persecuzioni, oppure reagirono con l'indifferenza. Questo discorso vale anche per i "carnefici italiani", ed è raccontata da Simon Levis Sullam nel suo recente libro omonimo, recensito da IC.

Ecco lettera e risposta:

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Sergio Romano

Ho trovato molto interessante un articolo che smentisce la vulgata comune dell’italiano brava gente. Non so se vi sia un qualche riscontro con I volontari carnefici di Hitler di Goldhagen e se uno spione sia paragonabile ad un kapò, ma certo coloro che rischiarono la propria vita per salvare gli ebrei non furono la maggioranza.

Alberto Cotechini
alberto.cotechini@tiscali.it

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"I carnefici italiani " (Feltrinelli ed.)

Caro Cotechini, E siste la retorica degli «italiani brava gente», ma esiste anche un’altra retorica, piuttosto diffusa in Italia: quella dell’auto-denigrazione. Forse la Giornata della Memoria sarebbe stata più completa se fossero state ricordate altre vicende a cui molti studiosi israeliani, fra cui lo storico Daniel Carpi, hanno reso omaggio frequentemente. Uno dei casi più interessanti è quello di Guelfo Zamboni, console generale a Salonicco durante la Seconda guerra mondiale. Nella zona occupata dai tedeschi, Zamboni rappresentava l’Italia in una città dove la comunità ebraica (55.000 persone) era, proporzionalmente, la più importante in Europa occidentale. Non poté impedire le persecuzioni e le deportazioni organizzate dalle autorità germaniche, ma distribuì 350 passaporti italiani a ebrei sefarditi che potevano essere considerati di origine italiana. Fece con documenti italiani, in altre parole, quello che Giorgio Perlasca, due anni dopo, avrebbe fatto a Budapest con documenti spagnoli. Quando Zamboni tornò a Roma, agli inizi del 1943, il suo successore, Giuseppe Castruccio, riuscì a organizzare un treno che trasferì molti ebrei da Salonicco ad Atene dove avrebbero potuto godere della protezione militare italiana. La storia degli ebrei di Salonicco è stata raccontata in un libro scritto da Antonio Ferrari, Alessandra Coppola e Jannis Chrisafis, e in un dramma rappresentato all’Università di Tel Aviv nel 2008.

Accanto a queste iniziative individuali, caro Cotechini, vi furono altri casi politicamente più importanti. Nelle zone occupate da forze militari italiane, soprattutto in Francia, gli ebrei trovarono accoglienza e poterono vivere pressoché indisturbati sino all’8 settembre 1943. Soltanto quando le autorità tedesche succedettero alle autorità italiane, scattò per quelle comunità ebraiche la macchina della persecuzione e dello sterminio. Fu così che perdette la vita a Auschwitz la giovane Charlotte Salomon, una delle più originali pittrici della sua generazione (era nata a Berlino nel 1917). Nei pressi di Nizza, al riparo delle persecuzioni di cui erano vittime gli ebrei nella Francia di Pétain, Charlotte aveva realizzato la sua opera più originale, ora custodita in un museo di Amsterdam. Lo stesso accadde in Dalmazia dove il governatore italiano era Giuseppe Bastianini. I tedeschi lamentavano questa «mancanza di collaborazione» e protestavano, ma le autorità italiane nelle regioni adriatiche della Jugoslavia poterono contare, sino all’8 settembre 1943, sul tacito consenso dei loro superiori romani.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante 


lettere@corriere.it

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