Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 05/02/2016, a pag. 16, con il titolo "Una veduta su Israele dal Politecnico di Torino", la risposta di Furio Colombo a un lettore.
Integriamo il chiaro articolo di Furio Colombo con una precisazione: nessun docente del Politecnico di Torino ha firmato l'appello antisemita per il boicottaggio di Israele, mentre lo hanno fatto 27 tra professori e ricercatori dell'Università di Torino, quasi tutti sconosciuti in caccia di notorietà. Meno di duecento firmatari tra decine di migliaia di docenti e ricercatori universitari italiani è il chiaro segno del fallimento degli odiatori di Israele.
In lode del Politecnico di Torino, tutto l'opposto di quanto ha scritto il lettore del Fatto, nessuno, ripetiamo nessuno, dei suoi docenti ha firmato la schifezza di Angelo D'Orsi. Tiè !
Ecco l'articolo:
Furio Colombo
L'antisionismo, maschera dell'antisemitismo
CARO FURIO COLOMBO, ho appreso che quasi duecento professori e ricercatori del Politecnico di Torino chiedono al loro ateneo di "interrompere ogni forma di cooperazione con il Technion", Politecnico di Haifa. La ragione? Quel Politecnico "fa ricerche in tecnologie e armi utilizzate per opprimere e attaccare i palestinesi". Possono indicare, i docenti di Torino, un Politecnico, un sistema industriale, un Paese che non ricerchi, fabbrichi e venda armi che, come sappiamo, sono molto usate nel mondo? È una rivolta generale o solo contro Israele?
Fabrizio
IL SENSO ESCLUSIVAMENTE POLITICO della richiesta dei docenti e ricercatori torinesi è dato nella motivazione, dove dicono (cito da Repubblica) "per opprimere e attaccare i palestinesi". Infatti, a quanto pare, la colpa di lsraele (e del suo Politecnico) non sarebbe altrettanto grave se Israele fosse un Paese debole e noi, l'Italia, dovessimo inviare soldati, come in Iraq, per fronteggiare le aggressioni casa per casa, visto che non riescono a farlo da soli. Naturalmente i soldati italiani avrebbero un buon equipaggiamento Finmeccanica di cui non c'è nulla da vergognarsi, sia perché è di buona qualità, con la collaborazione di docenti e ricercatori dei nostri politecnici. Sia perché non hanno legami con un centro di studi ebreo.
La controprova è nella benevolenza riservata all'Arabia Saudita. Da mesi quel Paese è impegnato nella distruzione sistematica dello Yemen con bombardamenti quotidiani da Seconda guerra mondiale, che non disturbano nessuno. Le armi non sono israeliane e dunque si può anche non sapere quanti bambini muoiono durante ciascun raid. Lo stesso destino fortunato tocca al Sudan. Poiché le sue truppe e i suoi mercenari non sono israeliani, possono impunemente fare strage, giorno per giorno, delle popolazioni del Sud-Sudan. Basta che un commando si apposti intorno a un pozzo in attesa che donne e bambini vengano a prendere acqua. Ma docenti e ricercatori di Torino dovrebbero interrogarsi sui loro rapporti con studiosi ed enti di ricerca in Thailandia, in Malesia, in Myanmar, in India, in Bangladesh a proposito di ciò che sta accadendo ai Rohingya. Ecco un testo dall' Huffington Post: "Migliaiadi persone sono abbandonate in mare tra il Myanmar e la Thailandia, e rischiano di morire di fame. Le fotografie fanno impressione. I Rohingya sono una minoranza di cultura islamica e di origine indiana venduti come lavoratori forzati, nell'epoca coloniale, da schiavisti locali o inglesi (per loro disgrazia, non da ebrei) che vengono sistematicamente scacciati dai villaggi (compresi tutti i bambini) stipati su barche, spinti al largo e abbandonati in mare. La situazione, per questi migranti senza alcun soccorso, è molto grave e diverse organizzazioni per i diritti umani parlano di crisi umanitaria. problema dei Rohingya va avanti da diversi anni ma finora i governi del sud-est asiatico lo hanno ignorato".
La conclusione è triste e semplice. I nostri docenti di Torino non stanno legittimamente criticando la politica di un governo (del resto non sembrano essersi mai accorti dei tre governi di quello stesso Paese che hanno stretto mani arabe, fatto la pace tre volte in trent'anni e non hanno mai rotto per primi quegli accordi). A loro appare esecrabile nel mondo che è tutto selvaggiamente in guerra, solo il luogo in cui i colpevoli sono israeliani, dunque ebrei. Secondo una solida tradizione secolare.
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