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Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli Cari amici, Sapete che cos’è la guerra? Tutti pensano di saperlo ma una definizione adeguata ai nostri tempi non è banale. I dizionari parlano di “conflitto armato fra stati”. Ma buona parte delle guerre degli ultimi decenni non risponde a questa definizione. I conflitti asimmetrici provocati dalla guerriglia, il terrorismo, i conflitti “a bassa intensità“ e spesso di lunga durata fra schieramenti politici opposti di dimensioni assai variabili non vi rientrano facilmente. Meglio allora ricorrere al famosissimo pensiero di von Clausewitz, per cui “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. Il problema naturalmente è quando i mezzi della politica diventano altri, dato che è vero anche l’aforisma inverso: la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi. Ma forse vale la pena di riflettere su un altro pensiero di Clausewitz: guerra è un’azione di forza il cui obiettivo è costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà. Perché vi espongo questi frammenti di teoria della guerra? Perché voglio condividere con voi una convinzione che a me sembra del tutto fondata, ma che contrasta fortemente con i luoghi comuni condivisi dalla politica mondiale, dai media, dai più autorevoli opinionisti. Questa mia convinzione è la seguente. È in atto e non da oggi una guerra di buona parte del mondo e in particolare di Europa e Stati Uniti contro Israele. È una guerra in cui l’Occidente ha deciso di allearsi con i terroristi contro uno stato democratico e questo è assai difficile da inghiottire per l’opinione pubblica, che va abituata lentamente all’idea e dunque questa condizione di guerra non si può dichiarare troppo apertamente. Ma è sempre più chiara. Per capire meglio, guardiamo la situazione attuale molto in sintesi. Sul fronte palestinista: La posta in gioco è evidente. Tutte queste azioni sono di fatto in certa misura coordinate fra loro, perché si rafforzano e giustificano reciprocamente mirando allo stesso obiettivo tattico: il ritiro di Israele sulle linee armistiziali del ’49, la pulizia etnica di Giudea e Samaria, la creazione su quelle terre dell’ennesima dittatura araba. Badate, non voglio dire affatto che vi sia una congiura, che Obama metta in mano ai tagliagole arabi i coltelli con cui ammazzano donne e bambini, né che glieli faccia spedire dal suo ambasciatore (anche se è evidente che l'Unione Europea e in particolare l'apparato diplomatico diretto da Mogherini sappia benissimo di compiere atti illegali nella zona C di Giudea e Samaria e si coordini con i palestinisti per questo e sappia anche benissimo che i soldi che dà all'Autorità Palestinese finiscono in buona parte al terrorismo; così come l'UNRWA, agenzia delle Nazione Unite per i rifugiati palestinesi non ha mai smesso di agire come parte dell'amministrazione terrorista di Hamas, anche quando la sua complicità è stata smascherata). Semplicemente c'è un atteggiamento politico comune. La “comunità internazionale”, in mezzo ai mille disastri che affliggono il mondo, ha isolato il “problema” di Israele come responsabilità sua, non di chi lo vuol distruggere, ed è ben decisa di fare quanto può per tornare indietro rispetto agli atti internazionali che hanno consentito la nascita dello stato ebraico. Non importa se lo fa per cinico desiderio di attrarre soldi musulmani, per idealismo terzomondista, per vecchio antisemitismo cristiano, per convergenza nazi-comunista-islamista contro gli ebrei. Il progetto ormai è politico, non ideologico; è un'azione progressiva come “La morsa” di Pirandello; e tutto questo è nascosto all'opinione pubblica, per una minimo di vergogna, ma è chiarissimoo a tutti i protagonisti della politica mondiale, anche ai leader israeliani, che manovrano come possono per neutralizzare questa volontà di distruzione.
Quel che seguirà per Obama e l’Europa e anche per i più sciocchi utopisti della sinistra ebraica e israeliana è una specie di pace messianica, il lupo che fa la nanna con l’agnello e il leone che gioca a scopone scientifico con la gazzella. La realtà ovvia è che una mossa del genere darebbe il segnale di via libera all’assalto finale contro gli ebrei, con il genocidio che ne seguirebbe. E l'impulso apocalittico che è evidente nell’atteggiamento musulmano contro gli ebrei li porterebbe poi ad assalire l’Europa, dove peraltro grazie ai nostri generosi governanti hanno già quinte colonne numerose e bene organizzate. Israele dunque resiste anche per l’Europa. Ma l’Europa gli fa la guerra, insieme agli Usa e ai terroristi, nel senso preciso dell'ultima definizione di Clausewitz che vi ho riportato sopra. Lo considera un avversario e cerca di costringerlo con la forza a fare quel che non vuole – o meglio quel che non può fare senza autodistruggersi. Questa è la situazione. Presto, io temo, vi sarà una stretta, un nuovo momento di scontro aperto. Prepariamoci, perché come al solito Israele non potrà permettersi di perdere neanche un singolo round in questa mortale partita: la guerra del mondo contro gli ebrei.
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