Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 03/02/2016, a pag. 20, con il titolo "Jerry Lewis, un pagliaccio nell'inferno della Shoah", la recensione di Federico Pontiggia.
Jerry Lewis ha girato un film sulla Shoah. Da grande comico quale è, aveva pensato di riuscire a farlo. Quando ha visto il risultato, essendo una persona di assolutà onestà e rigore, soprattutto nei confronti di se stesso, lo disconobbe, impedendone la diffusione.
Esattamente il contrario di Benigni, che fece un brutto film sulla Shoah, ed essendo un comico che "piace" vinse anche un Oscar.
Federico Pontiggia
Sullo stage di The Day the Clown Cried
Un clown che intrattiene i bambini e li accompagna nelle camere a gas. Potrebbe sembrarvi, la memoria gioca brutti scherzi, ma non è La vita è bella di Roberto Benigni. Sebbene i punti di contatto siano avvertibili, se non lampanti: melodramma in campo di concentramento, quasi un sottogenere del film sull'Olocausto. Eppure, questo figura nei libri di storia del cinema, ma non in cineteca: come mai? Se asserite di averlo visto, delle due l'una: o siete dei bugiardi o siete Jerry Lewis. Primi anni 70, archiviato a proprio favore il sodalizio con Dean Martin, il Picchiatello d'America è all'apice del successo, ha già diretto -1963 - il suo capolavoro Le folli notti del dottorJerryll, ha appena incantato la Francia con Scusi, dov'è il fronte?, ma non gli basta: deve qualcosa a se stesso, alle sue origini. Nasce a Newark, il 16 marzo 1926, da immigrati russi ebrei: Jerry Lewis arriverà dopo, per ora è Joseph Levitch, figlio di Daniel e Rachel.
NEL 1972 E' giunto il momento di ricordarsene: The Day the Clown Cried, ovvero "Il giorno in cui il clown pianse". Scritto, diretto, interpretato, prodotto e, sì, fortissimamente voluto da Mr. Lewis: lo sdoganamento cum laude dei prestigiosi Cahiers du Cinéma non era sufficiente, Jerry voleva confrontarsi con lo Shoah movie, materia incandescente per antonomasia. Non solo, per la testa gli frulla l'exemplum di Charlie Chaplin con Il grande dittatore: ne va pure dell'alloro di meglio comico d'America, può Jerry sottrarsi? Certo che no, si getta a capofitto nella sfida, il mantra è "ghe pensi mi", l'imperativo un "faso tuto mi", l'esito...
Ma facciamo un passo indietro. Il Nostro non dimentica quel che è o pretende di essere: un clown; sarà la Shoah ad adeguarvisi. Bocca pesantemente truccata di bianco, guance imbrattate di fumo, naso rosso d'ordinanza: al campo di sterminio Helmut Doork, questo il nome del clown (avrebbe dovuto essere Karl Schmidt), ci è finito per aver preso in giro Hitler. Niente meno. Siamo agli inizi della Seconda guerra mondiale, dal circo si ritrova catapultato nelle famigerate baracche di legno, ma ha ancora un pubblico, quello non hanno potuto toglierglielo: i prigionieri più piccoli, il bersaglio più aberrante della Soluzione Finale. Helmut - sapendolo interpretato da Lewis non è difficile crederlo - è bravo, sa il fatto suo, i bambini lo seguono a bocca aperta, ma non è la rinascita di una carriera, bensì una corsia preferenziale: verso lo sterminio. Le SS osservano, e decidono: sarà proprio Helmut a condurre i piccoli alle camere a gas.
Jerry Lewis
Alzi la mano chi The Day the Clown Cried non se lo vedrebbe? Eppure, non lo vedremo, e il perché l'ha spiegato lo stesso Lewis, al Festival di Cannes nel 2013: "Era decisamente brutto, ed era brutto perché avevo perso la magia. Non lo vedrete mai, nessuno lo vedrà, perché mi vergogno di quanto sia poca cosa". Una lapide pesa meno, ma non era detta l'ultima parola: in primis perché Jerry viaggia verso i 90 anni e può ancora cambiare idea, poi perché in parte l'ha già fatto. The Day the Clown Cried non è più un sogno abortito nel cassetto di casa Lewis, bensì fa parte dell'archivio privato che l'attore e regista ha donato alla Library of Congress: problema, l'accordo siglato prevede che il film non si possa vedere per almeno 10 anni.
PER INTERO, ma qualcosa inizia a venir fuori: il backstage - probabilmente parte di un documentario olandese sul makingof, lo trovate su YouTube - era noto, ora la Bbc ha scovato un'ampia collezione di immagini, tra foto di scena e di Lewis intervistato sul set, e ci ha fatto un documentario The Story of Day the Clown Cried, condotto dal comedian ebreo David Schneider. Dura 29 minuti, e potete vederlo qui: http://www.b-bc.co.uk/program-mes/p03dj9kr.
Non rivela molto più di quel che già (non) sapevamo sul film, ma per bocca del critico svedese Jan Lumholdt, quello che a Cannes chiese lumi a J.L., centra un punto focale: "È un comico e questo è il film più serio che abbia mai fatto". La Svezia ha diritto di parola perché lì J.L. girò le scene nel campo di concentramento, ma Lumholdt potrebbe sbagliarsi a certificarne preventivamente la qualità: "E un disastro", lo bollò la co-sceneggiatrice Joan O' Brien. Non è l'unica: Harry Shearer, comico losangelino e voce dei Simpson, dichiarò di averlo visto nel 1979 e... "Oh my, God! - è l'unica cosa che puoi dire". Ovvero: "Questo film è così dannatamente sbagliato, il suo pathos e la sua commedia sono così piazzati male che non puoi nemmeno pensare di poterlo migliorare".
SCOPRIREMO, tra 10 anni se il diniego di J.L. alla pubblica visione e queste impietose stroncature fossero non solo legittimi, ma provvidenziali, per ora The Day the Clown Cried gode di uno status che pochi possono rivendicare: cult invisibile. "La commedia è la nostra valvola di sicurezza, senza la quale credo scompariremmo, evaporeremmo": parola di Jerry Lewis, l'uomo che volle farsi Charlie Chaplin, ma si ritrovò ad anticipare Roberto Benigni.
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