Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 03/02/2016, a pag. 4, con il titolo "Israele, l'università sforna-invenzioni e il riflesso vetero-arabo dei nostri prof", il commento di Leonardo Coen; dalla REPUBBLICA, a pag. 43, con il titolo "Da noi ci sono quattro Nobel e studenti arabi", l'intervista di Fabio Scuto a Peretz Lavie, rettore del Technion di Haifa.
Ecco gli articoli:
Due studentesse arabo-israeliane del Technion. Apartheid?
IL FATTO QUOTIDIANO - Leonardo Coen: "Israele, l'università sforna-invenzioni e il riflesso vetero-arabo dei nostri prof"
Leonardo Coen
Alla fine del 2014, il Politecnico di Torino, l'Università di Torino e il Technion di Haifa stringono un accordo di collaborazione e di ricerca che riguarda alcune problematiche essenziali: la salute, l'energia, l'acqua. L'Israel lnstitute of Technology di Haifa (conosciuto come Technion) è una delle università più prestigiose al mondo. Un polo d'eccellenza che vanta 4 Nobel, l'ultimo è Dan Shechtman, che lo ottenne nel 2011 per la scoperta sui quasicristalli. Lo scorso novembre, quando al Campus di Agraria di Grugliasco si tenne il primo incontro previsto dalla convenzione - sulla tematica dell'acqua - un gruppo di studenti interruppe i lavori. Il giorno dopo apparve sulla facciata del Politecnico uno striscione di protesta in cui si accusava l'università torinese di aver stretto accordi con un ateneo israeliano che forniva sostegno scientifico all'occupazione "militare" e alla "colonizzazione" della Palestina.
Tre mesi e mezzo dopo, esplode il caso: circola infatti per le università italiane una petizione di accademici e ricercatori italiani per boicottare l'accordo col Technion e, più in generale, contro le istituzioni universitarie israeliane. La sottoscrivono in 169. Nel documento si legge: "Non accetteremo inviti a visitare istituzioni accademiche israeliane; non parteciperemo a conferenze finanziate, organizzate o sponsorizzate da loro, o comunque non collaboreremo con loro". La petizione piace ad Hamas (Movimento per la Resistenza Islamica egemone nella striscia di Gaza), che ne parla con enfasi sul suo sito ufficiale e lancia un saluto ai firmatari.
FEDERICO BUSSOLINO, vice-rettore dell'Università di Torino (che conta 2 mila docenti), insegna biochimica a Medicina, si occupa di oncologia sperimentale. Pare sinceramente indignato per l'iniziativa: "Rispetto le opinioni altrui, è il gioco della democrazia, però la decisione di avviare questi progetti con Technion furono approvati a larga maggioranza dal nostro Senato accademico, lo stesso è avvenuto per il Politecnico. La democrazia ha un suo significato, anche a questi livelli. La cultura e la scienza non devono essere strumentalizzate dalla politica. La libertà totale della scienza va a vantaggio dell'umanità, nella sua totalità. L'accordo con il Technion è totalmente accademico. Quanto a certe accuse, se noi abbiamo rapporti con industrie israeliane, la risposta è no. La scienza va oltre le ideologie, nel nostro caso prevede scambi tra studenti, dottorati e ricercatori su tematiche biomediche. La collaborazione internazionale a livello scientifico è per il benessere di tutti".
L'indipendenza dalla politica, sostiene Marco Gilli, rettore del Politecnico, è uno dei "valori cardine dell'università". Gli accordi non prevedono nulla che abbia a che fare "con guerra o politica, la scienza è il miglior modo per superare le conflittualità. Boicottare Israele è boicottare la ricerca scientifica", ha detto, nel constatare che tra i firmatari della petizione ci sono alcuni docenti torinesi, "un numero esiguo di ricercatori", in rapporto ai 50mila accademici italiani. Più caustico Piero Abbina, presidente dell'Italian Technion Society (un ente privato che ha lo scopo di far conoscere in Italia l'attività dell'università di Haifa): "Il boicottaggio non è solo contro Israele e le sue politiche. È di chiaro stampo antisemita".
La polemica è destinata a seminare zizzania. Il sindaco di Torino, Piero Fassino, è sceso in campo contro i firmatari del documento: "Il nostro obiettivo è far sì che Torino sia una città tollerante, aperta, capace di riconoscere ogni identità". Per questo, ha aggiunto, stigmatizza chi propone di boicottare l'accordo dell'Università e del Politecnico con il Technion. Dove, peraltro, il 15% dei docenti e il 20% degli studenti è arabo e dove l'eccellenza della ricerca non ha confini etnici o religiosi, in linea con la storia e la tradizione della città di Haifa. Forse è proprio questo ciò che infastidisce gli estremisti ideologici.
LA REPUBBLICA - Fabio Scuto: "Da noi ci sono quattro Nobel e studenti arabi"
Fabio Scuto
Peretz Lavie, rettore del Technion
Il professor Peretz Lavie, magnifico rettore del Technion, il Politecnico di Haifa, non nasconde il suo disappunto per le accuse piovute sull’Ateneo più prestigioso, il Mit di Israele. L’accademia israeliana è libera e per la maggior parte anche assai critica nei confronti delle politiche dei governi israeliani. E la sua università non fa differenza.
Prof. Lavie, qual è stata la sua prima reazione all’appello al boicottaggio lanciato da 170 accademici italiani? «Il boicottaggio di un’istituzione accademica è così contrario allo spirito dell’accademia e così estraneo ai rapporti di collaborazione esistenti fra le università di tutto il mondo, che non posso fare altro che respingerlo con disgusto. Abbiamo ottimi rapporti con le università italiane, che includono scambi di studenti a tutti i livelli. Non riesco a capire questi docenti, sostenere che siamo un braccio dell’esercito israeliano è una distorsione della realtà. Il Technion è un’istituzione accademica libera, con 14mila studenti, che si occupa di ricerca ad altissimo livello, abbiamo quattro Premi Nobel, tre nostri docenti e un laureato. Pensi che una medicina per la cura del Parkinson, l’Azilect, è stata sviluppata al Technion e viene usata anche nei Paesi arabi».
Nell’ambito del circuito Bds, il boicottaggio verso Israele, si accusa l’ateneo di sostenere l’apartheid nei confronti degli arabi e dei palestinesi. «Quindici anni fa, la percentuale di studenti arabi qui era del 5 per cento; abbiamo dato il via a un’operazione, finanziata da privati, per aumentare il numero degli studenti appartenenti alle minoranze. Oggi il 20 per cento degli studenti del Technion sono arabi: stessa percentuale della minoranza araba rispetto alla popolazione israeliana. La cosa più stupefacente è che il 51 per cento degli studenti arabi del Technion sono donne. Abbiamo docenti arabi, pensi che il primo corso libero che abbiamo dato su Internet è stato un corso di ingegneria in lingua araba. Vi si sono iscritti 9.000 studenti da tutti i Paesi arabi».
Il Technion, a Haifa
L’appello fa riferimento a sistemi d’arma sviluppati per reprimere la popolazione araba o palestinese… «L’accusa che ci hanno mosso, di sviluppare tecnologie per scoprire tunnel sotterranei, senza dire che tali tunnel, che partono da Gaza per arrivare nel territorio israeliano e servono per attaccare la popolazione civile, è allucinante. Anche tutti i tecnici e gli scienziati che hanno sviluppato il sistema di difesa anti-missile Iron Dome sono laureati del Technion».
Mi può indicare alcuni dei successi ottenuti dal Technion in ambito civile? «I laureati del Technion negli ultimi vent’anni hanno fondato 1602 aziende, creato 100mila posti di lavoro, per investimenti pari a 6 miliardi di dollari, che hanno procurato un guadagno di 30 miliardi di dollari. Un laureato del Technion, Dov Moran, ha inventato la chiavetta Usb. Abbiamo emesso alla Borsa di New York le azioni di una società per sviluppare campi magnetici per la cura del cancro al cervello e stiamo adattando questa tecnologia per altri tipi di cancro».
Avete studenti italiani? «Certo, ci sono italiani che frequentano i corsi di laurea di primo grado e anche nel master. Quando il vostro primo ministro Renzi, è stato qui, ha detto: “Chi boicotta Israele boicotta se stesso”, quindi posso solo suggerire a chi vuole boicottare Israele, di smettere di usare la chiavetta Usb, le app del suo smartphone, le medicine salva-vita e tutte le altre tecnologie sviluppate qui e che rendono la vita più facile e migliore».
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