Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/02/2016, a pag. 13, la breve "L'esercito israeliano circonda e blocca gli accessi a Ramallah"; da AVVENIRE, a pag. 14, con il titolo "Israele blinda Ramallah: 'Punizione collettiva' ", la cronaca di Luca Miele.
Ramallah
La relazione causa-effetto è rovesciata dalla breve di Repubblica, come vuole un principio cardinale del manuale della disinformazione contro Israele: prima dilungarsi sulla situazione dei "poveri palestinesi", senza accennare al terrorismo ma descrivendoli come "prigionieri", e soltanto in fondo citare quello che in realtà è accaduto prima: i consueti sanguinosi attacchi del terrorismo palestinese, in questo caso la sparatoria contro i soldati israeliani con un attacco partito da Ramallah. Visto che la polizia di Abu Mazen non ha mosso un dito, è intervenuto l'esercito israeliano. Come doveva essere.
Avvenire e L'Osservatore Romano dedicano articoli a Ramallah. Avvenire, come da lunga tradizione, non perde occasione per utilizzare un vocabolario che già contiene profonda avversione a Israele (per esempio con l'impiego sistematico del termine "colonia" per definire le città ebraiche nei territori contesi). Anche in questo caso, peraltro, la notizia principale sembra essere non il continuo stillicidio di attentati compiuti da terroristi palestinesi, bensì i controlli di sicurezza svolti da Israele per limitare al minimo questi stessi attentati.
Il Manifesto anche oggi mente per dipingere Israele nel peggior modo possibile. Non è vero, diversamente da quanto scritto da Michele Giorgio, che "Israele chiude ogni accesso a Ramallah": le limitazioni temporanee stabilite da Israele non riguardavano i residenti, i funzionari dell'Anp, chi possedeva un permesso di lavoro in Israele e casi sensibili (per esempio le ambulanze non hanno avuto problemi di transito).
Giorgio si dilunga sulla presunta "ritorsione" di Israele a un "attacco" compiuto da un "agente" dell'Anp. Non un attentato, non un terrorista, ma "l'attacco di un agente".
Ecco gli articoli:
LA REPUBBLICA: "L'esercito israeliano circonda e blocca gli accessi a Ramallah"
L’esercito israeliano ha bloccato ieri a sorpresa gli accessi di Ramallah, la città palestinese capitale politica dell’Anp. I militari hanno consentito l’ingresso solo ai residenti e autorizzato l’uscita solo a funzionari di governo, pendolari in possesso di permessi di lavoro in Israele e “casi umanitari”. Migliaia di persone sono rimaste così “prigioniere”. Secondo i militari il provvedimento è dettato da motivi di sicurezza ed è a tempo. Poche ore prima un uomo aveva sparato su alcuni militari ferendone tre e l’intelligence israeliana indica un pericolo attentato originato a Ramallah. I palestinesi protestano: «Una punizione collettiva e arbitraria».
AVVENIRE - Luca Miele: "Israele blinda Ramallah: 'Punizione collettiva' "
Per l'Anp si tratta di una «punizione collettiva». Per l'esercito israeliano una mossa dettata da «ragioni operative» per scongiurare «nuovi attacchi». Ramallah, la capitale amministrativa della Cisgiordania, è da ieri "sigillata': Nessun transito che non sia autorizzato. Misure drastiche: ingressi consentiti solo ai residenti e agli ufficiali dell'Autorità nazionale palestinese e valichi aperti solo peri casi umanitari. E la prima volta che accade dall'inizio della nuova catena di violenze. Il segno che la tensione è destinata a salire ancora.
Domenica l'ultimo fatto di sangue. Un membro delle forze di sicurezza palestinesi ha aperto il fuoco, vicino alla colonia di Beit El, a nord di Ramallah, contro alcuni soldati israeliani ad un posto di blocco, ferendone tre, di cui due in maniera grave. L'uomo è stato poi ucciso. Un portavoce dell'esercito israeliano ha motivato la chiusura su «allarmi concreti di futuri attentati».
«Quando si chiudono unilateralmente le entrate e le uscite di una città con decine di migliaia di persone, l'azione può essere solo definita come punizione collettiva», è stata, invece, la reazione di Jamal Dajani, direttore comunicazione dell'ufficio del premier palestinese Rami Hamdallah. Dajani, dopo aver ricordato che migliaia di palestinesi ogni giorno vanno al lavoro a Ramallah nelle strutture dell'Autorità nazionale palestinese ha aggiunto di non sapere «per quanto questo punizione collettiva continuerà».
Le violenze, peraltro, non sono cessate neanche ieri. Un palestinese è stato ucciso dai soldati israeliani dopo aver superato la recinzione con la Cisgiordania a Salit, a est di Kfar Saba. Secondo e autorità israeliane, l'aggressore, identificato come un 19enne originario di Jamal, avrebbe tentato di attaccare una pattuglia militare. Secondo fonti palestinesi, invece, citate anche dal quotidiano israeliano Haaretz, il ragazzo avrebbe scavalcato la rete per cercare un lavoro a giornata. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha poi lanciato nuove parole di fuoco all'indirizzo di Hamas. «Se ci colpiranno dai tunnel sotterranei al confine», la reazione sarà «con una forza maggiore» rispetto a quella dispiegata nella guerra del 2014. «Stiamo operando sistematicamente e con calma contro tutte le nostre minacce, incluse quelle che arrivano da Hamas, sia con azioni difensive che di attacco, e certamente se verremo attaccati dai tunnel di Gaza risponderemo con una forza maggiore rispetto a quella usata nell'operazione Margine Protettivo», ha detto il premier. «Credo che questo sia compreso nella regione e in tutto il mondo. Spero che non saremo costretti a farlo, ma le nostre capacità difensive e offensive si stanno sviluppando rapidamente, quindi consiglierei a chiunque di non provarci con noi», ha concluso Netanyahu.
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