Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/02/2016, a pag. 12, con il titolo "Donne e uomini insieme pregheranno al Muro del Pianto", il commento di Lea Luzzati.
Non è soltanto una vittoria delle donne, è ben di più. Una svolta storica anche se riguarda soltanto un pezzo di muro, un fazzoletto di terra lastricata. Il governo israeliano ha approvato ieri la creazione di un settore di preghiera egualitario presso il Muro Occidentale, più comunemente noto come il Muro del Pianto (anche se gli ebrei lo chiamano “Il Muro” e basta, in virtù di una millenaria antonomasia). Questa decisione è il frutto di una battaglia avviata più di dieci anni fa dalle cosiddette «Donne del Muro», un vasto gruppo di esponenti femminili dell’ebraismo non ortodosso che rivendicava uno spazio di preghiera in quello che è il luogo più importante per la fede ebraica. Che non è un luogo sacro in senso stretto ma certamente un concentrato di memorie, speranze e nostalgie, e il punto accessibile più vicino a quella spianata dove ora ci sono la moschea di Al Aqsa e la dorata Cupola della Roccia ma una volta c’era il Tempio di Gerusalemme. Il Muro del Pianto è di fatto una sinagoga a cielo aperto, dove in ottemperanza ai dettami dell’ebraismo ortodosso vigeva sino ad oggi una rigorosa separazione dei sessi. Le donne del Muro avevano ottenuto peraltro qualche tempo fa uno spazio esclusivo, dove poter pregare e leggere la Torah come gli uomini, secondo quel principio di parità nei ruoli sancito dalla variegata galassia dell’ebraismo riformato e rifiutata da quello ortodosso, dove le donne non partecipano alla preghiera, si limitano a osservarla da una certa distanza e attraverso una mechitza, cioè una barriera fisica.
D’ora in poi, invece, il Muro del Pianto sarà lo specchio fedele di un mondo ebraico religioso che non è affatto monolitico. Si tratta innanzitutto di un progetto urbano che prevede di allestire nella parte più meridionale del Muro un settore apposito, misto, con le infrastrutture necessarie - libri di preghiere, scialli da preghiera, rotoli della Torah - e uno spiazzo antistante. Sarà visibile quanto gli altri settori del Muro e accessibile ai visitatori oltre che ai fedeli. Di fatto, la svolta è storica anche perché sancisce la fine del monopolio ortodosso sulla gestione pubblica del Muro, affidata d’ora in poi a una commissione mista, con anche dei rappresentanti dell’ebraismo riformato - progressisti o conservatives - oltre che dei delegati del governo e delle donne del Muro. Una sorta di democrazia assoluta fedele ai tanti volti dell’ebraismo contemporaneo.
«È una vittoria per tutto il popolo ebraico», ha detto Jerry Silvermann, presidente della federazione ebraica del Nord America. È pur vero che l’istanza viene soprattutto da quegli Stati Uniti dove la maggioranza dei figli d’Israele non è ortodossa ma integrata nelle diverse declinazioni dell’ebraismo riformato. D’altro canto, il pluralismo religioso del mondo ebraico è un’evidenza storica, il cui riconoscimento è oggi forse più opportuno che mai, anche perché chiama in causa una questione contemporanea cruciale, quella delle donne. Che d’ora in poi potranno, se lo vogliono, pregare insieme agli uomini di fronte a un pezzo di Muro del Pianto destinato al culto egualitario. Se lo vogliono, gli uni e le altre potranno continuare a restare ciascuno per conto proprio, negli altri settori. È questo che in fondo il progresso dovrebbe sempre fare: aprire opportunità, ampliare il ventaglio di scelte, allargare i diritti invece di restringerli. Ed è paradossale ma in fondo anche suggestivo il fatto che a un pezzo di muro millenario, carico di storia e di parole, sia oggi affidato il compito di cambiare le cose per restare fedele a se stesso, a quello che è sempre stato: un angolo di mondo dove alzare lo sguardo e provare a vedere un po’ più in là, verso il cielo.
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