Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/01/2016, a pag. 4, con il titolo "Rohani arriva a Roma, in valigia l'agenda anti-Isis", la cronaca di Francesco Grignetti; dalla REPUBBLICA, a pag. 12, con il titolo "Teheran non va isolata, può aiutare a risolvere la crisi in Medio Oriente", l'intervista di Vincenzo Nigro a Emma Bonino, preceduta dal nostro commento.
Ecco gli articoli:
Il "moderato" Hassan Rohani in Italia
LA STAMPA - Francesco Grignetti: "Rohani arriva a Roma, in valigia l'agenda anti-Isis"
Francesco Grignetti
Business, ma non solo. La visita di Stato del presidente iraniano Hassan Rohani ha indubbiamente lo scopo di riallacciare le relazioni economiche con i partner - e Roma è storicamente tra i migliori interlocutori di Teheran - ma anche per confrontarsi sui principali dossier del Medio Oriente.
Si comincerà già al colloquio tra Rohani e Sergio Mattarella. Al Quirinale è previsto tra i due Capi di Stato un faccia a faccia, che successivamente sarà allargato alle rispettive delegazioni. L’incontro sarà l’occasione per un ampio giro di orizzonte, dalla cultura alla politica internazionale, per planare sulla situazione incandescente nel Golfo Persico e sul pericolo del terrorismo islamista. Al Quirinale c’è attesa soprattutto per ascoltare le valutazioni dell’ospite in merito all’Isis, considerando l’impegno iraniano in Siria, dove schiera le proprie truppe, e anche in Iraq.
La prima giornata del presidente Rohani si chiuderà poi con un incontro con Renzi a palazzo Chigi, dove alle 19 si svolgerà il bilaterale con il premier. Renzi porterà poi Rohani in visita ai musei capitolini e seguirà una cena sulla Terrazza Caffarelli, in Campidoglio. Tassativamente vietati, in entrambi i banchetti, il vino in tavola e le strette di mano.
Bilaterale Gentiloni-Zarif
Con Renzi, come anche nell’incontro tra i due ministri degli Esteri che si terrà alla Farnesina - un bilaterale Gentiloni/Zarif - e poi nel forum italo-iraniano che si terrà all’hotel Parco dei Principi, di nuovo si discuterà di politica internazionale, ma farà irruzione anche il business.
Con Rohani arrivano in Italia infatti sessanta tra imprenditori e rappresentanti delle più potenti aziende pubbliche del Paese: si ipotizza la riapertura di contratti congelati negli ultimi cinque anni dall’embargo. L’obiettivo italiano è riportare l’export a livelli pre-2011, quando eravamo ben presenti nei comparti della siderurgia e metallurgia, energia, costruzioni e infrastrutture, sanità, energie rinnovabili, industria agro-alimentare e meccanica. Secondo una proiezione dell’istituto Sace, è realistico pensare che si possa triplicare l’attuale export che è fermo a 1 miliardo di euro. L’Iran ha necessità di modernizzare le sue infrastrutture e l’industria petrolifera.
Domani da Francesco
Non di affari si parlerà invece nella visita di Rohani in Vaticano, ma sicuramente di politica internazionale. Il Capo di Stato iraniano ha dimostrato grandissimo interesse per Papa Francesco, considerato anche a Teheran un’eccezionale guida spirituale ma anche diplomatica, e tanto più pensando al ruolo avuto da Bergoglio nella distensione tra Cuba e Stati Uniti. La visita, che ha causato più di una polemica in Israele, è stata preparata da tempo e con accortezza. Circa un anno fa il Papa aveva incontrato a Roma la vicepresidente dell’Iran, Shahindokht Molaverdi, - incontro replicato nel settembre scorso a Filadelfia - alla guida di una delegazione di sole donne per discutere come «difendere i valori tradizionali della famiglia» e come promuovere il ruolo delle donne nel mondo. Ovviamente il discorso era scivolato sul terrorismo. «Francesco - disse la Molaverdi - ha ribadito che è inaccettabile compiere violenze in nome di una fede, ma che è anche inaccettabile provocare la sensibilità religiosa altrui». E per quanto riguardava il programma del nucleare iraniano, con i colloqui appena avviati, Bergoglio auspicava un accordo «che tuteli e rispetti gli interessi di tutte le parti». Un viatico che Teheran non ha dimenticato.
LA REPUBBLICA - Vincenzo Nigro: "Teheran non va isolata, può aiutare a risolvere la crisi in Medio Oriente"
Emma Bonino, ancora una volta, elogia la "moderazione" di Hassan Rohani e il regime degli ayatollah. Nelle risposte al giornalista, però, dimentica di citare tutte le guerra scatenate dall'Iran in Medio Oriente, l'appoggio a gruppi terroristi sciiti in Yemen e Libano, ma anche a organizzazioni terroristiche feroci come Hamas e al regime siriano di Assad, responsabile di 300.000 morti negli ultimi 5 anni. Tutto questo sfugge alla Bonino, come le sfuggono le minacce continue rivolte dagli ayatollah a Israele, l'antisemitismo di stato e la chiara volontà di ottenere presto la bomba atomica.
Ecco l'intervista:
Vincenzo Nigro
Emma Bonino durante un viaggio in Iran nel 2013
Emma Bonino, ex ministro degli Esteri, ha contribuito in maniera decisiva a costruire la politica italiana verso l’Iran. Ed è anche merito suo se oggi Rouhani arriva in Italia, prima visita in Europa dalla fine delle sanzioni.
Signora Bonino, perché il presidente iraniano ha scelto l’Italia come prima tappa? «Mantiene una promessa che aveva fatto all’Italia poche settimane dopo il suo insediamento. Visita un paese che ha scelto una linea diversa rispetto a quella fatta soltanto da sanzioni e punizioni. L’Italia ha sempre voluto il dialogo con l’Iran, ha chiesto all’Iran di responsabilizzarsi, di coinvolgersi nella soluzione di problemi che Teheran stessa contribuisce a creare. Perché in Medio Oriente tutti contribuiscono a creare problemi e tutti devono aiutare a risolverli».
Ministro degli Esteri nel governo Letta, nell’estate del 2013 Emma Bonino, poche settimane dopo la vittoria elettorale di Rouhani e dei riformatori, decise di lanciare uno dei quei segnali in cui la diplomazia italiana è maestra: «Noi rispettammo la decisione comune presa dalla Ue, ovvero di partecipare solo con gli ambasciatori alla cerimonia di insediamento di Rouhani. Ma due giorni dopo inviammo il vice-ministro degli Esteri Pistelli a Teheran, per lanciare dall’Europa un primo segnale di attenzione al nuovo governo».
Avevate ancora il dente avvelenato per la sciagurata decisione del governo Berlusconi che tredici anni fa scelse di lasciare l’Italia fuori dal negoziato sul nucleare? «Quella di non partecipare al negoziato sul nucleare fu certo una scelta non felice, fra l’altro con la motivazione che siccome eravamo presidenti di turno dell’Unione Europea non dovevamo coinvolgerci...era vero il contrario. Ma adesso quella lunga fase autolesionista si è chiusa. Con la vittoria alle elezioni di Rouhani l’Italia decise di dare un segnale di speranza, di attenzione dopo gli otto anni dell’ex presidente Mahmud Ahmadinejad. Io stessa andai in visita a Teheran a Natale del 2013, la prima dopo dieci anni».
Il ritiro delle sanzioni dopo l’accordo sul nucleare rimette l’Iran al centro della politica nel Golfo. L’Arabia Saudita si sente minacciata mortalmente. «Con l’Iran c’è una partita politica da costruire: lo dico chiaramente, chi è parte dei problemi deve contribuire a risolverli, e l’Iran è parte di molti problemi in Medio Oriente, dalla Siria ad altri conflitti nel Golfo. Ma proprio per questo l’Iran deve essere coinvolto, deve rispondere dei suoi comportamenti, deve essere chiamato a contribuire alle soluzioni. In queste ore la partita siriana vive un momento delicatissimo. Il fatto che l’Arabia Saudita per mettere a morte lo sceicco Nimr al Nimr abbia deciso una esecuzione di massa di altri quarantasei condannati ci dice il livello di pericolosità raggiunto. Ma noi non ci voltiamo dall’altra parte: dobbiamo parlare chiaramente in faccia a tutti, dire che il livello di violenza raggiunto è intollerabile, pericoloso, tutto rischia di finire fuori controllo».
Il prossimo 26 febbraio in Iran ci saranno le elezioni per l’Assemblea. Crede che il presidente Rouhani e i riformatori possano davvero essere ridimensionati? «La mia impressione è che in Iran ci sia uno scontro di potere molto importante. Uno dei settori più rilevanti del fronte dei conservatori, il giudiziario, si sta mobilitando. Ma in Iran l’opinione pubblica esiste, nelle grandi città conta. Non è un’opinione pubblica anti-Occidentale, vuole il dialogo, il progresso, l’apertura del paese. Noi speriamo in un Iran più aperto e dialogante».
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