Riprendiamo da GRAZIA, a pag. 31, con il titolo "La fine delle sanzioni sull'Iran", l'analisi di Fiamma Nirenstein.
Fiamma Nirenstein
L'Iran, sollevato dalle sanzioni internazionali che lo punivano per il suo spaventevole programma nucleare, sempre negato, evidentemente in costruzione, volto contro l'Occidente dal regime islamista degli ayatollah, può adesso arricchirsi e espandere i suoi rapporti internazionali. Buone notizie? Insomma... Da un Paese che faccia a pieno parte della comunità delle nazioni ci si aspetta che non giustizi 700 persone nei primi sei mesi del 2015, che non condanni a morte gli omosessuali, che non imprigioni i dissidenti, che non veda le donne come figure la cui testimonianza in processo vale la metà di quella di un uomo… Da un Paese che sorride ad Obama con senso di parità ci si aspetta che smetta di proclamare che distruggerà Israele chiamandola "una radice marcita", che non usi come slogan fondamentale, sulla scia del loro sommo capo ayatollah Khamenei, "morte agli USA".
Da un Paese che deve aiutare l'equilibrio mondiale non ci si aspetta che costruisca un nuovo missile balistico capace di portare testate nucleari mentre il mondo festeggia la sua rinuncia al nucleare, né che tenga in ostaggio dieci marinai americani scambiandoli proprio al momento in cui, che coincidenza, scadono le sanzioni. Dopo l'accordo che di fatto sarà la vera eredità pratica e ideologica che Obama lascia al mondo, si riaprono tutti i commerci e si legittimano tutti i rapporti con l'Iran degli ayatollah: si calcola che 100 miliardi di dollari voleranno rapidamente nelle sue casse e ci si chiede con speranza e ottimismo se la popolazione che ha sofferto tanto delle scelte estremiste della leadership sin dalla rivoluzione islamista del 1979, vedrà i proventi di questa apertura, se vivrà meglio, se godrà di maggiore libertà.
Questo, semmai si realizzerà, sarà l'unico aspetto positivo di un accordo che mette in mano all'Iran la possibilità legale, cui non ha mai rinunciato, di ricominciare a costruire la bomba atomica fra dieci anni, e nel frattempo ha regole talmente lasche di controllo da consentirgli ogni consueto nascondimento, come ha fatto negli ultimi vent'anni giocando come il gatto col topo con l'IAEA, l'Agenzia atomica dell'ONU. Ma tutto è possibile, naturalmente. Tuttavia, adesso a giudicare dallo stato delle cose, il flusso di denaro consentirà agli ayatollah di proseguire nella politica di armamenti che vale, già oggi, dai due ai tre miliardi l'anno e che, possiamo scommetterci, si moltiplicherà a vista d'occhio: questa politica raggiungerà tutte le parti del Medio Oriente, ne godranno gli Hezbollah che già possiedono migliaia di letali missili iraniani e che difendono Assad in Siria e condizionano la vita del Libano, gli Houty che fomentano la guerra in Yemen, Hamas che ha stretti rapporti con Teheran, tutte le minoranze sciite nel mondo arabo e musulmano in genere. L'accordo con l'Iran, spera Obama e anche l'Unione Europea, forse aiuterà a combattere l'Isis sunnita. Peraltro, tuttavia, il grande mondo sunnita capitanato dall'Arabia Saudita si sente sfidato, e il timore del nuovo potere del suo nemico storico giunge a tal punto da aver stretto col Pakistan, Paese nucleare, un nuovo accordo. Insomma, il mondo ideale di Obama è molto bello, ma di certo anche rischioso.
L'unica garanzia che l'accordo funzioni, potrebbe essere un rimpiazzo dell'attuale leadership iraniana, ma Khamenei ha molte carte, e le gioca, si è visto, con astuzia, pazienza, determinazione. Lo scopo? Il predominio islamico.