Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/01/2016, a pag. 33, con il titolo "Terra Promessa per gli scrittori d'Italia", la recensione di Lea Luzzati al libro di Alberto Cavaglion.
Alberto Cavaglion
La copertina
In fondo siamo tutti un po’ come Freud, anche se ovviamente l’inventore della psicoanalisi è un po’ più di tutti noi, comuni mortali, scrittori o meno. Freud non arrivò mai a Roma anche se aveva in animo un grande desiderio di visitarla, perché soffriva di un’inibizione nevrotica che gli impediva di viaggiare. Partire significa anche inevitabilmente covare un poco di paura: verso l’ignoto, la lontananza. Come dice la parola francese travail, che deriva da «travaglio»: sofferenza, patimento.
Questa paura si focalizza più che mai quando si tratta di mete cruciali. Roma, Atene. E forse soprattutto Gerusalemme, come racconta con garbo un saggio di grande interesse e non minore leggibilità, firmato da Alberto Cavaglion per i tipi di Carocci: Verso la Terra Promessa. Scrittori italiani a Gerusalemme da Matilde Serao a Pier Paolo Pasolini (pp. 133, € 16).
Pier Paolo Pasolini
Matilde Serao arriva da quelle remote parti alla fine dell’800 e ne redige la prima guida turistica italiana, con dovizia di dettagli e stranezze. Mezzo secolo dopo toccherà a Fausta Cialente, incaricata dalle autorità inglesi di organizzare una radio clandestina. Trova Tel Aviv «ordinata e attivissima». Ma la cifra comune dei tanti scrittori e artisti italiani che arriveranno prima e dopo queste donne è la percezione di uno iato, a volte entusiasta e a volte deludente, tra l’immaginario e la realtà. «Quello che mi ha fatto più impressione è l’estrema piccolezza, la miseria e l’umiltà di quel posto»: è Pasolini che parla di Cafarnao e finirà di girare il suo Vangelo secondo Matteo fra i sassi di Matera. Ma sono davvero tante e interessanti le parole che Gerusalemme e dintorni ispirano. In chi c’è e per chi non c’è, come Montale che dice di aver riscoperto Svevo al King David Hotel della città. O Luigi Meneghello turbato dai «calori immorali» e dalla «incredibile bruttezza» di Tel Aviv che però è «commovente».
Alberto Cavaglion mette insieme i tasselli di questa vicenda letteraria tra l’Italia e la Terra Promessa, ne fa un racconto coerente, offre al lettore una vasta galleria di impressioni e ispirazioni e ha ragione quando si dice convinto che la letteratura sa offrire «un’angolatura alla storia» che, se non risolve i guai, certo allarga gli orizzonti, che è sempre una cosa salutare, oltre che bella.
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