IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 10 al 16 gennaio 2016
Si può combattere il BDS?
Diciamo NO al BDS!
Non si può proprio dire che si viva serenamente e senza angosce in queste settimane in Israele: tra sparatorie, accoltellamenti, colpi di cannone sul Golan e sul confine libanese, missili che di tanto in tanto continuano a cadere da Gaza si ha l’impressione di essere presi in un giro di tensioni che mirano a fiaccare le resistenze psicologiche dei cittadini. Non si vedono spiragli per una fine o per lo meno un allentamento di questo periodo di violenze. Tuttavia, se ci si guarda intorno, si osserva che, nonostante la situazione, la gente continua a vivere, a lavorare, a frequentare ristoranti e bar, i ragazzi ad andare a scuola e all’Università pur sapendo che il pericolo può essere ovunque.
Ma di tanto in tanto arriva anche qualche buona notizia. Pochi giorni or sono si è potuto leggere sui giornali ampi articoli in cui si dava la notizia di un indennizzo di 100.000 euro all’Università di Ariel in grazia di una sentenza di un tribunale spagnolo. L’università era stata colpita ingiustamente dal BDS e una ONG spagnola filo israeliana (ebbene sì, esiste anche qualche ONG filo israeliana e non antisemita!) aveva intentato una causa e l’aveva vinta! La sentenza di una suprema corte di Madrid non può che rallegrare ma al tempo stesso apre molti interrogativi. Se un privato in uno Stato europeo può fare una causa e vincerla con una sentenza che impone persino risarcimenti all’Università di Ariel cui è stato impedito di partecipare ad una gara internazionale aperta a tutte le Università del mondo sulle energie sostenibili in cui era stata classificata tra i 21 finalisti, forse bisogna riflettere seriamente e chiedersi se Israele e la diaspora non dovrebbero impegnarsi con più coraggio e determinazione nella battaglia contro il BDS.
BDS=a morte gli ebrei
Di fronte all’Europa che sancisce un vero e proprio boicottaggio di Israele con l’etichettatura dei prodotti che arrivano dalla West Bank, ci si chiede se Israele e la diaspora non hanno in qualche modo peccato di mancanza d’iniziativa di fronte ad un movimento ormai mondiale discriminatorio e, come è stato giustamente detto da più parti, dichiaratamente antisemita. La sentenza spagnola dimostra che il BDS può essere battuto e che vi sono solide motivazioni legali per dimostrare l’infondatezza anche giuridica del BDS così come della etichettatura dei prodotti israeliani dei territori, la cui origine è ancora una volta un’ideologia antisemita mascherata da assurde e infondate motivazioni politiche.
Forse anche in Israele qualcosa si muove. La Knesset ha indetto infatti una conferenza in cui si è affermato che il governo non può combattere il movimento BDS da solo, senza l’aiuto di altre organizzazioni, pubbliche e private. Uno dei partecipanti alla conferenza, il deputato Gilad Erdan, ha giustamente affermato che “la delegittimazione è una sfida con un forte potenziale strategico: il BDS è parte di una più vasta campagna che copre molte aree incluse l’educazione e la cultura che si propone di presentare Israele come la fonte di tutti i mali e che si oppone ai valori del mondo democratico, al fine di condizionare le azioni dell’esercito e discriminarlo nelle istituzioni internazionali”.
E’ stato giustamente osservato che si tratta di una “jihad in giacca e cravatta”, che mina alla distruzione di Israele. La portata del fenomeno è stata forse in parte sottovalutata dal governo e non contrastata abbastanza efficacemente. Pertanto oggi, con la presa di coscienza che si può e si deve fare qualcosa contro questo movimento ormai mondiale di delegittimazione d’Israele, si stanno prendendo le prime iniziative: il governo ha stanziato 100 milioni di shekel nel bilancio del 2016 per coordinare gli sforzi su questa urgente e complessa materia volti non solo a prendere posizioni decise contro il BDS, ma anche a migliorare l’immagine d’Israele divulgando tutte le iniziative scientifiche e umanitarie del paese verso altri paesi del mondo.
Nel panorama un po’ disperante di questi giorni in cui sembra dominare una violenza incontrollata si aprono a volte tenui spiragli di speranza per continuare a lottare con successo per i diritti del popolo ebraico e per il sionismo che, come affermava di recente Einat Wilf, che è stata un membro della Knesset ed ora a capo di importanti istituzioni universitarie, “non ha mai voluto cacciare nessuno e neppure cancellare i legittimi diritti di altri”.
Enrico Fubini, Storia della musica e musicologia - Università di Torino