Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/01/2016, a pag. 5, con il titolo "Sarraj: 'Raid aerei? Servono aiuti, non iniziative unilaterali' ", l'intervista di Guido Ruotolo a Fayez al-Sarraj, premier libico designato.
Guido Ruotolo
Fayez al-Sarraj
Parla delle sfide che dovrà affrontare: dal terrorismo alla crisi economica, dalla necessità di ricostruire le istituzioni del Paese all’emergenza della immigrazione clandestina. Alla vigilia della scadenza fissata dall’accordo del 17 dicembre a Skhirat, Marocco, Fayez al-Sarraj coglie l’opportunità di questa intervista per mandare un messaggio diretto al governo italiano «di gratitudine per l’appoggio e gli sforzi che compie a favore del nostro Paese». Poi dice: «Domani (domenica, ndr) annunceremo la nascita del nuovo governo. La lista dei ministri la presenteremo in Parlamento».
Fayez al-Sarraj è il premier designato del governo di unità libico. Sa che la sua missione è difficile e non lo nasconde: «La strada è tutta in salita – continua – e in questi giorni dobbiamo convincere quei deputati che non hanno mai partecipato ai lavori del Parlamento a venire, a discutere, ad approvare la nascita del nuovo governo allargando la maggioranza e superando il numero legale».
Presidente, la comunità internazionale guarda con apprensione e preoccupazione a quello che accade in Libia, con gli attacchi terroristici e i sequestri dell’Isis.
«Sono molte le difficoltà che dobbiamo affrontare. Il terrorismo è come il cancro che si diffonde rapidamente. Grandi Stati con grandi apparati di sicurezza non riescono a sconfiggerlo. Potete immaginare noi. Ma ciò non toglie che sarà la nostra priorità».
Qualche giorno fa è stato accolto da una mitragliata a un check-point di Misurata quando è andato a portare le condoglianze alle famiglie dell’attentato terroristico a Zliten.
«Nessun colpo di fucile è partito contro il convoglio presidenziale. C’è stata una contestazione di una persona che ha sparato in aria. Subito fermato, e chiarito il motivo della contestazione, questo signore è venuto a chiedermi scusa di persona».
Come pensa di poter governare la Libia? Cosa dovrebbe fare concretamente la comunità internazionale?
«Quello che noi chiediamo è semplicemente un appoggio al programma del governo, un sostegno tecnologico per contrastare il terrorismo e non certo iniziative unilaterali. Vorremmo che i paesi della coalizione internazionale formassero un coordinamento al loro interno».
Sono giorni che i media rilanciano indiscrezioni su possibili raid alleati e presenze di truppe straniere sul territorio libico...
«Non sono in grado di smentire o confermare queste indiscrezioni. Rifiuto ogni ingerenza esterna nel senso che dovrà essere il nuovo governo a chiedere aiuto alla comunità internazionale».
Chiederete raid aerei o operazioni di terra?
«Chiederemo aiuti per programmi di addestramento delle nostre forze militari e di sicurezza».
La popolazione è stremata da cinque anni di conflitti e di povertà. Presidente, per far fronte a questa emergenza, chiederà all’Onu di scongelare i fondi libici bloccati nelle banche estere?
«Chiederemo ai nostri amici di intervenire affinché si possano sbloccare i fondi congelati, alcuni noti e altri che dobbiamo rintracciare. Tutto il mondo sta vivendo una crisi economica, figurarsi la Libia, dove sono crollate anche le istituzioni finanziarie ed economiche. Riformarle diventa una priorità. Per avviare un programma di rinascita dobbiamo dare segnali concreti e immediati al popolo che soffre».
C’è già chi scommette sulla breve durata del suo governo.
«Non ho la sfera di vetro ma già ritengo un successo aver messo il Paese sui binari giusti».
Presidente, la Libia si appella alla comunità internazionale, ma quale ruolo può giocare l’Italia?
«Non possiamo pensare all’aiuto della comunità internazionale se non c’è l’Italia al centro. Apro una parentesi per ringraziare il governo italiano per la missione umanitaria con il trasporto a Roma di 15 feriti di Zliten. Antichi legami ci uniscono. Tra Libia e Italia dovranno tornare scambi economici e aiuti per la sicurezza. Dovremo riprendere il cammino interrotto dell’accordo del 2008».
L’accordo voluto da Gheddafi come risarcimento per il periodo coloniale?
«È essenziale per il progresso delle relazioni tra i due popoli».
Come intendete affrontare la questione dell’immigrazione clandestina?
«Non serve affondare i natanti. Dobbiamo andare alla radice del problema con programmi di aiuti europei e italiani e riuscire a controllare le frontiere con mezzi e tecnologie».
Per noi, i flussi migratori stanno diventando un problema di sicurezza nazionale.
«L’Isis ha approfittato di questa opportunità per infiltrarsi in Europa. Quello che faremo è auspicare una collaborazione con tutti i Paesi vicini, con l’Italia, per trovare una soluzione».
Quando sarà a Tripoli?
«Presto. Spero molto presto».
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