Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/01/2016, a pag. 27, con il titolo "I veri motivi dello scontro Iran-sunniti", l'analisi di Naor Gilon, Ambasciatore di Israele in Italia.
Naor Gilon
Iran (in verde) e Arabia Saudita (in arancione)
Caro direttore,
ufficialmente - come noto - alla base della nuova e drammatica crisi diplomatica tra Iran e Arabia Saudita ci sono due avvenimenti: l’esecuzione dello Sceicco sciita Nimr al-Nimr a Riad e l’assalto alle rappresentanze diplomatiche saudite a Teheran e Mashhad.
Sempre ufficialmente, proprio le devastazioni portate dai manifestanti iraniani alle rappresentanze saudite sono all’origine della decisione di molti Paesi sunniti - tra questi Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Sudan, Gibuti, Egitto, Turchia e Kuwait - di condannare, ritirare o mutare (al ribasso) lo status delle loro rappresentanze diplomatiche nella Repubblica Islamica dell’Iran.
A questo punto, però, è necessario porsi una domanda: è davvero questo singolo episodio - per quanto grave - ad aver determinato la dura reazione dei Paesi sunniti? A mio parere no. Alla base di questa reazione, infatti, c’è qualcosa di più profondo. Un senso di malessere che, per troppo tempo, è stato ridimensionato o ignorato dall’Occidente.
Negli ultimi due anni, infatti, abbiamo assistito ad una politica occidentale volta a riportare l’Iran all’interno della Comunità internazionale. Apparentemente, si tratta di un buon proposito, ma i Paesi sunniti hanno percepito che sia stato creato uno sbilanciamento tra loro, alleati storici dell’Occidente, e lo Stato sciita dell’Iran.
Ecco alcuni esempi di quanto affermo. Mentre l’Occidente fa la corte all’Iran e promuove scambi economici, la politica estera di Teheran in Medio Oriente non è cambiata, anzi continua a destabilizzare gli Stati arabi della regione. Basti pensare alla condotta dell’Iran in Paesi quali Libano, Siria, Iraq, Bahrein e Sudan.
Ancora, l’annosa questione del programma missilistico dell’Iran. Nelle sole ultime settimane, testando nuovi missili balistici, il regime iraniano ha violato per ben due volte la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Non contento, l’Iran ha anche mostrato in tv due nuove «città missilistiche», degli impianti sotterranei in cui i Pasdaran nascondono i loro missili balistici. I Paesi sunniti vedono lo stesso Rouhani - guardato dal mondo come un moderato - affermare che, nonostante le Nazioni Unite, il programma missilistico di Teheran andrà avanti senza limiti. Di fronte a queste provocazioni iraniane, il mondo sunnita ha percepito la reazione occidentale come blanda e passiva.
Infine, la pena di morte: il mondo si è scandalizzato - a ragione - di fronte alla notizia delle esecuzioni in Arabia Saudita. Purtroppo, la pena di morte non è estranea alla regione mediorientale. Basti qui ricordare che, dalla sola elezione di Hassan Rouhani a Presidente dell’Iran, quasi 2.000 detenuti sono stati impiccati, diversi dei quali per ragioni politiche. Un record assoluto, avvenuto in piena violazione di ogni normativa internazionale, di fronte al quale la reazione occidentale è stata vista, anche in questo caso, come blanda e passiva.
Concludendo, quanto sta accadendo oggi fra l’Iran e i Paesi sunniti è il frutto di una serie di pericolosi eventi a cascata. Eventi che, molto chiaramente, dimostrano come la visione occidentale di un Iran «fonte di stabilizzazione» e «parte della soluzione» delle attuali crisi locali sia, agli occhi degli attori regionali, non solo non credibile, ma possa addirittura portare ad una escalation.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante