IC7 - Il commento di Roberto Giardina
Dal 27 dicembre 2015 al 2 gennaio 2016
Dal Paese dove tutto cominciò
Yonatan Shai, praticante presso la sezione berlinese dell´American Jewish Committee (AJC), è abituato, racconta, a venir insultato per strada, nelle stazioni della metropolitana, da gruppi di arabi, ma non credeva di venir minacciato di morte persino nell´aula di un tribunale tedesco, innanzi agli occhi dei sorveglianti, che si sono rifiutati di intervenire. Il suo racconto è riportato dal magazine online “Vice”, molto seguito dai giovani. Shai ha confermato i fatti anche alla “Die Welt” del gruppo Springer.
Sarebbe quasi incredibile quanto gli è accaduto, scrive il quotidiano, ma purtroppo tutto è vero. Sempre più di frequente gli ebrei nella capitale, circa 20mila, sono vittime di atti di razzismo. Gli aggressori non sono di solito tedeschi, per la verità, se non in rarissimi casi, ma arabi. La situazione rischia di aggravarsi in Germania a causa dell´arrivo di oltre un milione di Flüchtlinge, fuggiaschi come qui più esattamente chiamano i nostri migranti, in gran parte musulmani. E per l´anno che comincia ne è atteso un altro milione e mezzo. In gran parte pacifici, ma le autorità non possono tenere sotto controllo gli estremisti mischiati tra loro.
Le manifestazioni di antisemitismo, tuttavia, vanno aumentando anche tra gli stranieri di seconda e terza generazione. Paradossalmente, i genitori sono più integrati dei giovani. Solo nella metropoli, gli atti di violenza sono stati 667 tra il 2010 e il 2013, come riferisce “Die Welt” (non esistono dati più recenti), e il quotidiano scrive che si tratta di una minima parte delle aggressioni realmente avvenute. Molte vittime preferiscono non denunciare, se non hanno riportato danni fisici. E la polizia tende a non classificare come atti di razzismo molti “incidenti”, rubricati come “atti di normale violenza”.
"Dio benedica Hitler"
Era stata la direttrice della AJC di Berlino, Deidre Berger, a denunciare Ismail Abdallah, noto predicatore di Neukölln, popoloso quartiere periferico della capitale. Più volte aveva aizzato i suoi ascoltatori alla violenza, incitando “a uccidere tutti gli ebrei.” E´ famoso in tutta la Germania, e venerato come una popstar, scrive “Die Welt”. L´AJC ha quindi inviato in tribunale come osservatore Yonatan, 28 anni, diplomato in scienze politiche, che sta assolvendo un praticantato presso l´AJC. “Forse è stato ingenuo a presentarsi nell´aula con la kippa”, dice la signora Berger, ma ovviamente era un suo diritto. Il giovane tiene a non nascondersi, qualunque sia l´occasione, e il probabile rischio. La sala del processo era affollata di seguaci dell´imputato. Hanno riconosciuto Yonatan, hanno cominciato a prendere a calci la sua panca. Il giovane all´inizio non ha reagito, poi sono giunte le minacce di morte, gli sputi. Allora è balzato in piedi per denunciare l´aggressione alla magistrata che stava conducendo il processo. Ma è stato subito riportato indietro dalle guardie, che a loro volta gli hanno ingiunto di stare calmo se non voleva essere espulso. Yonatan ha preferito uscire spontaneamente e, nel timore di essere aggredito, ha chiesto ai sorveglianti di venir protetto fino all´uscita del palazzo. “Mi hanno detto: se hai paura corri dalla polizia”, racconta il giovane, “certamente avevo paura, anzi molto paura, ma non intendo lasciare Berlino, né rinunciare alla mia kippa”.
Il suo praticantato finirà in febbraio. Yonatan è nato in un sobborgo di Tel Aviv. I suoi nonni, sia da parte paterna sia materna, sono state vittime del nazismo. Quando ha annunciato di volersi recare in Germania, padre e madre hanno tentato di dissuaderlo. “Ma volevo vedere il paese dove tutto cominciò”, spiega. Alla sede della AJC, al sesto piano di un palazzo da cui si domina la Potsdamerplatz, hanno deciso di togliere dalla porta d´ingresso la targa del Comitato, per prudenza dopo l´attentato a “Charlie Hebdo”, a Parigi, il 7 gennaio 2015. Non si temono attentati da parte dei neonazi tedeschi, ma le autorità e i cittadini, si constata, dimostrano sempre più paura innanzi a possibili attacchi terroristici da parte di islamisti. E´ probabile che le guardie presenti in tribunale abbiamo preferito non proteggere Yonatan, nel timore di rappresaglie da parte dei numerosi estremisti arabi tra gli spettatori. Una supposizione, non una giustificazione.
Roberto Giardina
Scrittore, giornalista, corrispondente da Berlino del Quotidiano Nazionale (Il Giorno/Il Resto del Carlino/La Nazione)