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La Stampa Rassegna Stampa
31.12.2015 La rete del terrore è diventata globale
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 31 dicembre 2015
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La rete del terrore è diventata globale»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/12/2015, a pag. IV, con il titolo "La rete del terrore è diventata globale " l'analisi di Maurizio Molinari, che da domani sarà il nuovo direttore de La Stampa. Da IC i migliori auguri di buon lavoro !

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Maurizio Molinari

 inviato a MT BENTAL (GOLAN)
Tre città conquistate in Siria e Libia, il debutto dell’offensiva terroristica contro Russia ed Europa, un network jihadista divenuto globale, un numero record di Foreign Fighters e soprattutto lo sbocco al Mar Mediterraneo: nell’anno che si conclude lo Stato Islamico (Isis) di Abu Bakr al-Baghdadi ha aumentato estensione, proiezione militare e capacità di aggressione pur subendo, negli ultimi giorni, lo smacco della perdita di Ramadi. È riuscito anche ad insediare una propria brigata nel Golan del Sud, appollaiata nel fazzoletto di territorio siriano attorno a Sahem El Golan, fra i confini con Giordania ed Israele. Se il 2014 era stato per Al-Baghdadi l’anno della proclamazione del Califfato sui territori conquistati a cavallo del confine fra Siria ed Iraq, il 2015 lo ha visto trasformare Isis da entità territoriale in uno spazio limitato a network jihadista globale. È la carta geografica di Medio Oriente, Nordafrica e Sahel a descrivere la trasformazione avvenuta. I jihadisti hanno conquistato in Siria la città di Palmira - distruggendo grande parte delle preziose antichità - e in Libia prima Derna e poi Sirte ovvero i loro primi due porti sul Mar Mediterraneo con conseguente possibilità di moltiplicare ogni sorta di traffici illeciti nonché di minacciare Italia ed Europa del Sud. Riuscire a conservare il territorio sirio-iracheno, sebbene bersagliato dalle coalizioni guidate da Usa e Russia, ha dimostrato una capacità di efficienza militare del Califfato che lo sbarco in Libia ha confermato, anche perché a realizzarlo sono stati molti veterani iracheni. A ciò bisogna aggiungere la nascita dello «Stato Islamico dell’Africa Occidentale», grazie al giuramento di fedeltà da parte dei nigeriani di Boko Haram, l’insediamento nello Yemen a dispetto della rivalità con Al Qaeda e l’attivazione di cellule jihadiste in Tunisia, Arabia Saudita, Kuwait e Bahrein. Senza contare il debutto dello «Stato Islamico del Khorasan» in Afghanistan grazie alla defezione di centinaia di taleban dopo l’annuncio della morte del Mullah Omar. La moltiplicazione delle dichiarazioni di «sottomissione al Califfo» include Caucaso del Nord, India, Bangladesh ed anche l’Europa dove la cooperazione fra gruppi jihadisti locali e Foreign Fighters - il cui numero totale ora supera le trentamila unità - ha generato gli attacchi a Parigi: prima contro la redazione di «Charie Hebdo» e poi con gli assalti a caffè, teatri e stadi nella notte del 13 novembre. Ciò significa che al rafforzamento territoriale e allo sbocco al mare, il Califfo ora somma una strategia di terrorismo globale che punta a colpire «soft target» - obiettivi facili - degli Stati considerati nemici: la Francia di François Hollande, perché protagonista dei raid in Siria e dell’intervento in Mali anti-jihadisti, e la Russia di Vladimir Putin, colpita con l’attentato contro il volo siberiano da Sharm el-Sheik per punire l’intervento in Siria a sostegno del regime di Assad. Tali attentati, come quelli messi a segno in Tunisia ed Arabia Saudita, suggeriscono la creazione a Raqqa - capitale del Califfato - di una sorta di «ministero per le operazioni all’estero» per coordinare scelta di obiettivi, gestione delle risorse e logistica degli attacchi. È da qui che il Califfo vuole far partire un attacco all’America capace di superare l’11 settembre di Osama bin Laden. In tale cornice, tutta offensiva, ha preso corpo la «Brigata Yarmuk», composta in gran parte da palestinesi siriani di matrice jihadista, che dopo il giuramento di fedeltà al Califfo si è posizionata nell’angolo all’estremo Sud-Ovest del territorio siriano da dove è in grado di minacciare tanto la Giordania di re Abdallah che lo Stato ebraico. I militari di entrambi i Paesi osservano la «Yarmuk» con crescente preoccupazione per l’aumento degli effettivi, l’indottrinamento jihadista, i corsi di addestramento militare e una violenta rivalità contro Al-Nusra - emanazione di Al Qaeda in Siria - che rappresenta oramai la maggiore formazione dei ribelli nel Sud del Paese, dove ha la propria forza fra le rovine della vecchia Quneitra ed è riuscita a respingere com facilità due successive offensive di terra delle forze del regime di Bashar Al Assad.

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