venerdi 20 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
30.12.2015 Come combattere il terrorismo islamico
Servizi di Giordano Stabile, Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 30 dicembre 2015
Pagina: 12
Autore: Giordano Stabile-Francesco Semprini
Titolo: «Ucciso uno degli organizzatori dell'Isis a Parigi-Specialisti Hezbollah e 12 raid russi per eliminare il super-capo dei ribelli»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/12/2015, a pag.12, due servizi che ci aiutano a capire come è organizzato il terrorismo islamico e come andrebbe combattuto.

Immagine correlataImmagine correlata
Giordano Stabile

Giordano Stabile:" Ucciso uno degli organizzatori dell'Isis a Parigi"

Invece dell’ordine di arresto gli è arrivata direttamente una bomba di precisione a guida laser. Charaffe al Mouadan, 27 anni, è stato ucciso la vigilia di Natale in un «raid della coalizione», probabilmente condotto da un Rafale francese, in Siria. Era uno degli uomini di spicco nella rete che ha organizzato gli attacchi di Parigi del 13 novembre. Gli inquirenti francesi erano arrivati al suo nome attraverso il racconto di due testimoni del massacro del Bataclan, 89 morti. Uno dei terroristi aveva chiesto a un altro, poi identificato in Samy Amimour, se contava «di chiamare Souleymane», nome di battaglia di Al Mouadan in Siria. Al Mouadan e Amimour erano amici d’infanzia. Uno di origine marocchina, l’altro algerina. Al Mouadan era nato a Bondy, banlieue di Parigi, nel 1989. Aveva conosciuto Amimour quando la famiglia (padre, madre, sette fratelli) si era trasferita a Drancy, altra periferia difficile. Aveva formato un terzetto con Samir Bouabout: obiettivo, unirsi alla jihad in Yemen o in Afghanistan. I tre si erano radicalizzati su Internet. Al Mouadan aveva anche seguito un corso di tiro a segno a un poligono della polizia. Si era procurato materiale paramilitare e un prestito di 20 mila euro. Nel 2012 la polizia aveva fermato Al Mouadan e Amimour con l’accusa di volersi unire «a un gruppo terroristico». Erano stati messi sotto controllo. Ma nell’agosto del 2013 erano riusciti ad arrivare in Siria e a unirsi all’Isis. Nel Califfato, assieme al belga di origine francese Abdelhamid Abaaoud, Al Mouadan aveva cominciato a progettare gli attacchi in Francia. Fino al massacro del 13 dicembre. Dove l’amico Amimour si è fatto saltare in aria dopo aver ucciso decine di ragazzi. La notizia della sua uccisione è stata data ieri da un portavoce del Pentagono, e della coalizione anti-Isis, il colonnello Steve Warren. Che ha anche rivelato l’eliminazione di Abdul Qader Hakim, altro elemento chiave del «battaglione» incaricato di pianificare attacchi in Occidente dal califfo Abu Bakr al Baghdadi. Secondo Warren, anche Hakim era legato alle stragi di Parigi e ne preparava altri. Nell’ultimo mese, ha aggiunto, sono stati uccisi in raid «dieci leader dell’Isis» e questo sta indebolendo l’organizzazione, come si è visto a Ramadi. La rete del terrore, con i suoi legami fra lo Stato islamico e l’Europa, è però ancora attiva. Sempre ieri, in Belgio, sono stati arrestati due presunti jihadisti che si preparavano a colpire a Capodanno a Bruxelles. Nel mirino c’era la stessa polizia belga, in particolare il quartier generale vicino alla Grand Place. Tra domenica e lunedì sono state compiute decine di perquisizione nella capitale, nel Brabante fiammingo e a Liegi. Il Belgio, dopo il 13 novembre, è considerato uno degli anelli deboli nelle difese europee. Ieri ha lanciato una nuova banca dati «dinamica» per controllare meglio i sospetti jihadisti, e ha introdotto nuove regole per il ritiro dei passaporti. Via anche il capo dell’organizzazione antiterrorismo (Ocam), André Vandoren, che aveva «chiuso» Bruxelles per quattro giorni dopo le stragi di Parigi.

Immagine correlataImmagine correlata
Francesco Semprini                 Zahran Allouche

Francesco Semprini: "Specialisti Hezbollah e 12 raid russi per eliminare il super-capo dei ribelli

Era il fiduciario per eccellenza dei sauditi in Siria, mente di attentati contro obiettivi militari e civili russi presenti nel Paese mediorientale, autore di massacri nei confronti delle minoranze etnico-religiose, e soprattutto spina nel fianco delle truppe governative di Bashar al Assad. Un’imprendibile primula islamista abile e spietata, catalizzatore di fondi neri e in grado di muovere eserciti di ribelli sullo scacchiere siriano. Per questo con la sua eliminazione Damasco si è affrettata a dire che «è stato inferto un colpo letale ai terroristi», e messo a segno «uno dei risultati più importanti della storia del conflitto». Parliamo di Zahran Allouche, il leader del Jaysh al Islam la formazione che rientra nel più ampio Fronte islamico, punto di riferimento anche per i «liberi damasceni», e alleata di Jabat al Nusra. È stato ucciso il giorno di Natale, con una serie di raid compiuti dall’aviazione russa coadiuvata via terra da formazioni di élite dell’esercito siriano, sembra con la presenza di «specialisti» Hezbollah. A rivelare lo spessore e l’importanza strategica di Allouche è un dossier proveniente dal Libano, di cui La Stampa ha avuto visione, che trova conferma in fonti di intelligence internazionale. Per centrare l’obiettivo sono state fatte 12 incursioni da parte dell’aviazione russa che hanno causato la morte di una ventina di grandi capi. «Allouche era un salafita, l’uomo dei sauditi in Siria, colui che agiva per conto degli occulti sostenitori delle forze anti-Assad», spiega il dossier. Il padre era un predicatore in Arabia Saudita, raccoglieva denaro nelle moschee e lo inviava al figlio. Un plafond liquido con il quale il capo islamista portava a compimento traffici illeciti, corrompeva uomini di apparato e doganieri, reclutava e pagava personale fidato e poteva mobilitare intere unità di combattenti. Il suo quartier generale era a Duma, e il suo potere si estendeva per tutta l’area che va da Sud di Damasco sino al confine con la Giordania. Era affidata a lui una parte dell’operazione con la quale gli estremisti islamici volevano avanzare a ridosso del confine libanese e provare a sfondare. E c’era lui anche dietro il massacro di Adra del 2013, in cui furono uccise decine di alawiti, cristiani, drusi e ismaeliti. A lui facevano capo circa 64 battaglioni di ribelli, per un totale di oltre 15 mila uomini dislocati in buona parte del Paese, da Jubar a Duma e Badiah, al confine con l’Iraq. Gruppi «allo sbando» Secondo le fonti di intelligence l’Arabia Saudita stava operando per ottenere la legittimazione dell’organizzazione di Allouche, «in modo da farne una controparte negoziale in un eventuale processo politico di transizione post-militare». Il Cremlino aveva invece inserito l’organizzazione nella lista nera delle formazioni terroristiche e questo ha spinto Allouche a compiere diversi attentati su obiettivi russi, anche contro l’ambasciata di Mosca a Damasco. Per Mosca è divenuta così una priorità la sua eliminazione, giunta assieme a quella di altri 19 dirigenti dell’esercito dell’islam, secondo fonti Hezbollah. Il raid è stato compiuto durante una riunione organizzativa, in cui ha trovato la morte anche i leader delle temute brigate Faylaq al Rahman e Ahrar al Sham, oltre al luogotenente di Allouche, Abdul Nasser Shamir chiamato Abou al Nas. Eliminazioni che «hanno lasciato allo sbando» migliaia di uomini, e gli sponsor sauditi privi dei loro broker.

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT