IC7 - Il commento di Claudia De Benedetti
Dal 20 al 26 dicembre 2015
Israele 2048: il sogno continua...
In quest’ultima IC7 del 2015 vorrei sognare con voi e proporvi un viaggio nel futuro, nel 2048: l’anno in cui lo Stato d’Israele festeggerà i suoi primi 100 anni di vita.
Nel Negev e in Galilea ci sono 50 fiorenti città nelle quali l’età media degli abitanti è 35 anni, decine di migliaia di bambini frequentano centinaia di asili, scuole elementari e superiori, migliaia di giovani studiano nelle 5 università presenti nell’area. I piccoli parlano e giocano in ebraico, mentre i loro genitori e i loro nonni discutono e si lasciano trasportare dai ricordi nella loro lingua madre: l’inglese, l’italiano, lo spagnolo, il francese, il russo… Qualcuno ricorda il periodo della vita in cui la sua identità ebraica e il legame con Israele hanno cominciato ad avere il sopravvento, il momento in cui è scattata una molla nella sua esistenza per cui ha realizzato che la vita in Israele era fondata su valori più umani, etici e morali della sola affascinante retorica quotidiana della diaspora.
Forse fu uno shaliach israeliano a scatenare la sua presa di coscienza, forse furono i programmi Taglit o Masa cui avevano partecipato. Gradualmente cominciò a esaminare criticamente la vita ebraica del suo paese, della sua comunità, a essere profondamente insofferente verso la propaganda anti-israeliana. Era stato difficile lottare contro la corrente, ma una volta fatto, sembrava giusto. Era tornato a casa! Decenni di aliyoth di ebrei da tutto il mondo hanno cambiato l’aspetto della società israeliana. Gli israeliani e gli ebrei della diaspora hanno partecipato insieme alla rinascita ebraica, nella cultura e nella scienza. Israele è un influente e rispettato membro delle Nazioni Unite, vive in pace con i vicini, che non hanno avuto altra scelta se non interrompere uno sterile conflitto che non trovava più appoggio internazionale.
Così anche il restante antisemitismo, nel 2048, è messo a tacere dagli studenti ebrei sempre ben informati e la consapevolezza delle loro ragioni è dura come la roccia, inattaccabile. Gli ebrei della diaspora sono orgogliosi di essere ebrei e orgogliosi dello Stato d’Israele con Gerusalemme, bella come non mai, unica e indivisibile capitale. Compiono frequenti viaggi in Galilea, sul Mar Morto o nelle città, la sostengono economicamente attraverso un attivo coinvolgimento e un impegno diretto nei suoi progetti. Esiste la sensazione di uno straordinario impegno collettivo tra gli ebrei di tutto il mondo.
Ora ritorniamo a oggi a tutti voi amici di Informazione Corretta. Se questo quadro vi sembra un sogno irraggiungibile, pensate a come doveva apparire agli ebrei che hanno vissuto per generazioni in paesi ostili. Erano persone che ascoltavano fanatici sognatori tenere discorsi sulla rifondazione della patria ebraica in un arido deserto. Tanti sognatori hanno reso possibile la nascita d’Israele anche con l’aiuto di tanti come voi. Ce l’hanno fatta. E’ stato un meraviglioso sogno che è divenuto realtà. Adesso, come non mai, la responsabilità è di continuare a sognare.
Alcuni anni fa parlavo con Johanna Arbib, Presidente mondiale del Keren Hayesod e ora Presidente della Jerusalem Foundation: mi ha invitato a scoprire Ayalim. Era un nome che non mi diceva nulla. Da allora ho fatto mio il progetto, ho approfondito e capito. Il progetto Ayalim, simbolicamente riporta alla creazione dello Stato d’Israele. Ho scoperto i centri di Ashalim, Neve Ur, Kramim, solo per citarne alcuni, ho parlato con giovani, grandi idealisti che lavorano duro, con le braccia e con le idee, per permettere ai loro coetanei, ai nuovi immigranti, alle famiglie disagiate, a chi accetta la sfida di lasciare Tel Aviv o Haifa, di ricostruire lo spirito autentico del kibbutz e del moshav. I primi obiettivi di periodo sono stati già ampiamente raggiunti. La vita negli insediamenti di piccole e grandi dimensioni del Negev e della Galilea sta drasticamente cambiando.
David Ben Gurion decise di vivere al Kibbutz di Sde Boker perché rappresentava la realizzazione del suo sogno: la trasformazione del deserto in regione rigogliosa, disseminata di fiorenti aziende agricole. La sua visione, ben sintetizzata nella frase: “credo che la nostra generazione abbia una missione: creare nuovi insediamenti nel Negev e in Galilea. Noi non la termineremo ma la lasceremo in eredità alle nuove generazioni” è anche ben radicata nei sognatori del terzo millennio. Un sogno che merita di continuare a preservare nel cuore di ognuno di noi.
Dalla prossima settimana Maurizio Molinari dirigerà La Stampa, formulo a lui e a tutti gli amici di Informazione Corretta gli auguri più belli per il 2016.
Claudia De Benedetti
Presidente Agenzia Ebraica – Sochnut Italia