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Ugo Volli
Cartoline
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Contro l'assedio postmoderno, la libertà si difende a Gerusalemme 25/12/2015

Contro l'assedio postmoderno, la libertà si difende a Gerusalemme
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

oggi è Natale, il giorno in cui tutti quelli che ci credono sono impegnati ad essere buoni e gentili e quelli che non ci credono a superare senza troppi danni al sistema gastrico o a quello nervoso le riunioni di famiglia e i pasti infiniti che sono obbligatori per l'occasione. Gli ebrei poi, che non ci credono e non hanno neppure famiglie da soddisfare con alberi, regalini e leccornie varie, si trovano in uno strano vuoto, senza lavoro e senza festa, che può rendere rilassati e contenti ma anche un po' nervosi e sconcertati.
Aggiungete che non escono i giornali e anche il tuffo nell'attualità delle notizie è più difficile, benché Internet possa aiutare almeno su questo piano.

Quale che sia la vostra categoria di appartenenza, Informazione Corretta ha deciso di non lasciarvi soli in tanta alluvione di bontà convenzionale o in tanto inusitato silenzio e mi ha chiesto di scrivere per voi una riflessione.
Proprio per questo suo particolare statuto, il momento è particolarmente adatto a cercare di dare uno sguardo generale.
Naturalmente a proposito di Israele, che è il nostro argomento generale.

Vale la pena di ripeterlo: Israele è uno stato molto piccolo, ha poco più di 8,3 milioni di abitanti di cui circa 7 ebrei o immigrati per la legge del ritorno (l'Italia ne ha 60, l'Europa 738, il mondo quasi esattamente dieci volte tanto, 7,38 miliardi) su una superficie fra i 22 e i 28 mila chilometri quadrati, a seconda di quel che includete fra Golan, Gerusalemme Giudea e Samaria (l'Italia 300 mila, l'Europa 10,3 milioni).
E' circondata da nemici più o meno attivi ma comunque convinti: da Rabat in Marocco alle soglie dell'Atlantico fino a Karachi in Pakistan c'è una striscia ininterrotta, lunga 10mila chilometri e profonda 2000 di paesi in cui l'odio omicida per ebrei e israeliani (per loro la stessa cosa) è diffuso nella grande maggioranza della popolazione; paesi che ospitano terroristi, non riconoscono Israele, sono magari ancora tecnicamente in guerra con quella che chiamano “entità sionista”.

Non esiste nessuno stato al mondo a dover reggere una simile ostilità; e non è questione di politiche del governo attuale, come qualche volta si dice - perché tutti i governi dal 1948 a oggi, di sinistra o di destra che fossero, hanno goduto di questo identico trattamento. Ripetendo questa amara constatazione, una volta si sarebbe aggiunto: già, c'è questa guerra infinita del mondo arabo e musulmano, questo vero e proprio assedio. Ma al di là di questa cintura di odio ci sono paesi che amano e capiscono la democrazia israeliana, che si sono pentiti della loro responsabilità per la Shoah e pensano che Israele possa essere un rifugio per il popolo ebraico, che avvertono la profonda affinità culturale, politica e sociale fra l'Occidente e lo stato ebraico, o che semplicemente condividono le preoccupazioni di Israele per la violenza araba.

Una volta. Oggi non più. C'era “il secondo cerchio” teorizzato e costruito da Ben Gurion: dietro ai paesi arabi c'erano paesi diversi etnicamente, politicamente e magari religiosamente da loro, come l'Iran, la Turchia, l'Etiopia, che potevano sentirsi alleati di Israele contro il comune nemico. Inutile dirvi come è andata, ormai sono anche loro fra i nemici; semmai una posizione analoga di alleanza di fatto, proprio contro l'Iran e i suoi satelliti ce l'hanno dei paesi magari ufficialmente ancora nemici, come l'Arabia Saudita e l'Egitto. Ma soprattutto a nordovest di Israele, al di là del mare che univa più che fare da barriera, c'era l'Europa, da cui proveniva una buona metà delle famiglie israeliane; e con una posizione ancora più importante c'era l'America, per cui erano pure passate molte famiglie e che soprattutto sapeva riconoscere la democrazia israeliana come solo alleato sicuro in tutto il Medio Oriente.Anche queste relazioni, se non sono proprio cadute, sono ormai del tutto slabbrate e quasi svuotate, soprattutto sul piano politico, ma in parte anche su quello dell'opinione pubblica.

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L'assedio dunque si stringe anche a nord e a ovest. E diventa multiforme.
L'Iran minaccia l'annientamento di Israele, Hamas spedisce razzi sui villaggi e le città di Israele, giovani di solito appartenenti all'Autorità Palestinese prendono un coltello (o un'automobile o dei sassi o delle bombe molotov) vanno in territorio israeliano e cercano di ammazzare le prime persone che passano sotto tiro, purché ebree.
Abbas e l'Autorità Palestinese da lui presieduta cercano di cogliere ogni occasione per diffamare e far processare Israele dall'Onu, dalle sue agenzie e in altre istanze internazionali. E l'Europa etichetta i prodotti di Giudea e Samaria per marcare la sua pretesa all'illegalità dell'esistenza attuale di Israele e aprire la strada al boicottaggio organizzato da persone che si definiscono di sinistra, sui mercati e soprattutto nelle università. L'amministrazione Obama è disposta a pagare ogni prezzo, compresa la sicurezza dell'America, per stringere un'alleanza con l'Iran, anche se gli ayatollah continuano a voler distruggere Israele e a odiare gli Usa.
La stampa occidentale diffonde in genere menzogne senza riserve.
La Chiesa, nonostante le belle parole sulla religione ebraica, continua a essere per lo più ostile agli ebrei reali, uniti in quanto tali e cioè allo stato di Israele.

Nel mondo ebraico e anche in quello israeliano non mancano scrittori, attori, organizzatori di “volontariato” che sono più attenti al guadagno che possono ottenere schierandosi con i nemici (di Israele, degli ebrei e dunque in prospettiva anche di loro stessi) che al danno collettivo che stanno facendo. E oltre ai finanziamenti, agli applausi, ai soldi dei contratti ne ricavano un masochistico piacere della virtù isolata in patria ma riconosciuta dai nemici (che prima o poi bastoneranno anche loro (ma questo lo ignorano)

E' insomma un assedio che mette insieme livelli, soggetti, strategie diverse.
E' un assedio in buona parte immateriale, giocato sul piano della legittimità, della diplomazia, del diritto, dell'informazione.
E' un assedio postmoderno, anche se non gli mancano gli aspetti primitivi e ben tangibili, come i coltelli dei tagliagola arabi in Israele e le fucilate di quelli all'estero.
E' un assedio postmoderno, quello cui Israele resiste in questi anni. E solo la risolutezza morale del popolo, il suo rifiuto ostinato a farsi illudere dalla seduzione del suicidio, la direzione politica realistica che si è data, l'esperienza millenaria di un popolo perseguitato che sa fino a dove ci si deve piegare di fronte all'offensiva di chi cerca il genocidio e quando invece bisogna combattere con la forza della disperazione - solo la capacità di resistenza, ma anche la creatività, la fantasia, la cultura, l'intraprendenza di Israele valgono a rendere vana la minaccia, a fare dello stato ebraico il più pacifico del Medio Oriente, ma anche per certi versi il più prospero e sicuro dell'Occidente.

Che vi sentiate buoni oggi, o isolati contemplatori del mondo, cercate di guardare a questa vicenda con gli occhi della storia, a vedere la libertà conquistata da un popolo asservito da venti secoli e la sua determinazione a mantenerla e a farla fiorire. Sostenete Israele contro l'assedio postmoderno, perché, come scrisse una volta credo Giovanni Spadolini, la nostra comune libertà si difende sotto le mura di Gerusalemme

Ugo Volli


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