Riprendiamo da SETTE - CORRIERE della SERA di oggi, 24/12/2015, a pag. 20, con il titolo "Un imam scrive a un ebreo di islam e terrorismo", il commento di Stefano Jesurum.
Stefano Jesurum riporta senza commento (ma "con una certa emozione") l'e-mail dell'imam di Trieste.
Secondo l'imam "Per la comunità islamica sono giorni di paura e di tormento collettivo, aumentati dopo le stragi di Parigi". Se sono giorni di paura per i musulmani, ci si chiede che cosa dovrebbero dire i famigliari delle vittime uccise a Parigi e ovunque in nome dell'islam. La posizione dell'imam, d'altra parte, è confermata dal riunire tutti gli estremismi in un unico calderone: un modo per non affrontare i problemi reali, per non affermare che non l'estremismo senza colore, ma l'estremismo islamico è un problema mondiale, oggi. Ma l'appello dell'imam, ripreso da Jesurum, è: "Battiamoci insieme per emarginare qualunque forma di antisemitismo e insieme fermare la deriva islamofoba". Islamofobia come antisemitismo, dunque: il solito paravento utilizzato per tacciare di razzismo le voci che non si piegano, come ha recentemente spiegato Salman Rushdie in un'intervista pubblicata da IC. Eppure Jesurum ci casca ...
Ecco l'articolo:
Stefano Jesurum
All'indomani della strage di Parigi, raduno organizzato dai musulmani milanesi, qualcuno dal palco: «Noi al fianco dei nostri fratelli ebrei». Chiedo chi sia, è l'imam di Trieste, ingegnere siriano, primo imam laureato tale in Italia (la sua storia è in Rete, la strada io credo sia quella). Gli telefono, parliamo, ma entrambi ci diciamo che «verba volant». Giorni fa ricevo un'email. La pubblico con una certa emozione.
«Caro Stefano, mando questa lettera nella speranza di trovare una voce amica in uno scrittore che stimo poiché ammiro l'amore per la tua comunità, il contributo a favore della pace in Medioriente nello spirito di dialogo che ci accomuna e ci impegna verso un mondo condiviso di valori universali. Per la comunità islamica sono giorni di paura e di tormento collettivo, aumentati dopo le stragi di Parigi commesse da criminali terroristi che operano in nome di una grande religione di cui usano la denominazione per definire il loro essere satanici. Il tormento per atti di terrorismo quasi quotidiano è grande, anche perché portano una parte crescente dell'opinione pubblica a generalizzare accusando direttamente o indirettamente l'islam di atrocità commesse dagli assassini. Ciò contribuisce ad accrescere il sentimento di diffidenza verso la nostra fede e i nostri luoghi di culto, con evidenti segnali di islamofobia. La comunità ebraica ha purtroppo conosciuto momenti simili nel passato e ben sa cosa significhi antigiudaismo e antisemitismo.Voi avete saputo contrastare quei fenomeni con un lavoro impegnativo e continuo che può servire a noi come consiglio/esempio in materia di esperienza comunicativa, giuridica e sociopolitica. Capire l'odio e la paura collettiva verso di noi vuol dire capire fino in fondo l'orrore subìto dai nostri fratelli ebrei. Battiamoci insieme per emarginare qualunque forma di antisemitismo e insieme fermare la deriva islamofoba. II crimine incolpa solo chi l'ha compiuto, è una regola del Corano (59-7): "wa la taziru waziratun wizra ukhra", nessuno porta la colpa di un altro. Noi musulmani dobbiamo avere e dimostrare il massimo rispetto per le scelte individuali di culto: Corano (2-256) "la ikraha fi addin", non vi è costrizione nella scelta religiosa. Le due comunità, ebraica e islamica, lavorino assieme anche affinché torni la pace in Israele e in Palestina, due Stati amici per due popoli fraterni. Serve rispetto reciproco e una maggiore collaborazione per emarginare i crescenti problemi sociali di disoccupazione e povertà che spesso sono alla base di rancore e violenza, terreno fertile per la crescita del terrorismo, nemico comune da combattere assieme».
(Nader Akkad, Imam e delegato nazionale per il dialogo interreligioso dell'UCOII)
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