Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/12/2015, a pag. VII, con il titolo "E’ l’Africa australe la prossima tappa dell’islam guerriero", l'analisi di Domenico Quirico.
Domenico Quirico
Il 2016 segnerà per noi l’inizio delle guerre difensive. Di fronte all’accumularsi dei propri successi l’Occidente ha continuato finora a espandersi: la Storia gli apparteneva, lui ne era l’agente. La si chiamasse Ragione, Progresso o Provvidenza, rendeva il mondo tutto geograficamente percorribile: colmare i vuoti delle carte geografiche, attraversare impunemente ogni spazio prima pericoloso, ignoto e vietato. Neppure le aree controllate da forze ostili sono state mai interamente proibite: l’Unione Sovietica era affollata di viaggiatori occidentali miranti e soddisfatti; la Cina di Mao pullulava di volenterosi allievi arrivati dall’Europa. Perfino le rivoluzioni più brutali, dal cambogiano Pol Pot ai comunisti incaici di Sendero luminoso erano visitabili, non avevano frontiere invalicabili per noi.
Il Califfato
Poi c’è stato l’avvento e il consolidarsi del Califfato in varie zone del mondo. I soliti raffinati dicevano (e continuano a dire), con il ditino in aria, che non succedeva niente di nuovo, che tutto s’era già visto. E invece siamo al punto: per la prima volta l’Occidente vedrà il suo spazio fisico ridursi, il mondo diventare più piccolo in senso geografico. Intere parti di esso, vicine e lontane, popolate fittamente o desertiche, ora controllate o rese mortalmente insidiose da minoranze ossessionate dalla idea di una sanguinaria redenzione, stanno scomparendo, ridiventano pagine vuote: perché ci respingono, ci fanno paura, sono letteralmente irraggiungibili. I simboli della nostra disinvolta modernità globale, l’aereo il telefono internet, lì sono bloccati silenziosi inutilizzabili. Che ne è di città e spazi memorabili, affaticati di Storia e memorie: Aleppo, Mosul, Tripoli, il Sinai, il Sahara, la pianura di Ninive, la Bactriana, la terra di Punt, Timbouctou, il regno di Saba? Sono terre su cui è impresso il marchio totalitario, proibite agli infedeli o agli apostati, gli Impuri, pena la vita, avvolte da un’ombra da cui ascoltiamo, stupefatti, emergere voci incerte, urla e gemiti. Sono fuori dal nostro atlante. Non sono più il nostro mondo. Non sarà l’anno in cui dovremo cancellare per prudenza anche Sarajevo e Tunisi, Beirut e Cairo? E’ questo, ben più della difficoltà a combattere gli Assassini di Mossul, che ci evidenzia il senso della fatalità: finalmente cominceremo a comprenderlo, costernati dalla assenza che ci aspetta in agguato, dalla prospettiva della nostra immobilità. Da soggetti diventiamo oggetti, assediati spossessati di quella mirabile megalomania che finora ci ha reso inaccessibili all’irreparabile. Il 2016 sarà davvero l’inizio per noi delle guerre difensive! Dovremo riconoscere che siamo di fronte a una convinzione rivoluzionaria: ovvero la credenza che un gruppo di uomini spietati sia capace di imporre un ordine, per loro giusto, per mezzo della violenza e della costrizione.
Le frontiere si sposteranno, o spariranno, si formano nuove saldature territoriali, non volute da noi; il Sahara che collega ormai liberamente i jihadisti di Algeria, Mauritania, Niger, Mali, Libia, Tunisia; o il lago Ciad dove i miliziani islamisti dell’Est Africa sono collegati con i Boko Haram nigeriani; e il Sinai fondamentalista. La nuova Umma che distrugge i confini segnati da noi occidentali, una extraterritorialità politico - giuridica e di civiltà... Già: «L’Islam è religione e mondo…». Che cosa vogliono se non moltiplicare le nostre inquietudini? Devono tutti i successi alla ferocia implacabile giacché quello che conta per loro non sono i progetti ma gli impulsi. La religione, totalitaria e implacabile, ravviva il furore, valorizza la barbarie del non avere rimorsi. Privato della possibilità di viaggiare, di vedere e di mostrarsi ovunque, l’Occidente starà rassegnato a ruminare rimorsi e apprensioni, a riposarsi del passato: trema di fronte allo specchio. Sigliamo furiosamente patti tra pusillanimi. Cerchiamo tra la vita e la morte di schivare l’una e l’altra, sognando un eterno status quo che non ci è permesso senza reagire alla oscurità che ci assedia, all’avanzata di mondi brutali e opachi.
Il ricatto del Terrore
Implacabile il progetto islamista di rendere fragile il mondo a noi impuri avanzerà. Le prossime tappe saranno l’Africa australe dove in passato l’Islam guerriero si era spinto per depredare uomini (la tratta araba brutale e assassina come quella bianca!). E poi, ci sono già i primi scricchiolii, l’Asia centrale, musulmana e zeppa di gas e di furori. Non saranno all’inizio terre conquistate e amministrate interamente, ma rese insidiose, provvisorie, troppo pericolose per rischiare affari o visite. Quanto basta per tenerci lontani, mostrare la nostra debolezza e l’avanzare inarrestabile del jihad! E poi toccherà anche a noi, l’isola felice, il caposaldo del Progresso. Le città d’Occidente, sotto il ricatto anche solo potenziale del Terrore, assomiglieranno al Sudafrica dell’ epoca dell’apartheid, con i quartieri bianchi presidiati da guardie, cani feroci, case che sembrano fortilizi, sezionate dal filo spinato e dai muri antibomba. Un nuovo paesaggio urbano sta nascendo sotto la paura. Come è accaduto a Beirut, un immenso campo trincerato percorribile solo con permessi, o alle «zone verdi» di Baghdad o di Kabul.
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