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La Stampa Rassegna Stampa
24.12.2015 La Russia vuole Aleppo, il Pentagono Raqqa, i sunniti una nazione
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 24 dicembre 2015
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La Russia vuole Aleppo, il Pentagono Raqqa, i sunniti una nazione»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/12/2015, a pag. IV, con il titolo "La Russia vuole Aleppo, il Pentagono Raqqa, i sunniti una nazione", l'analisi di Maurizio Molinari.

A destra: terroristi dello Stato Islamico

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Maurizio Molinari

Il 2016 si apre con Siria e Iraq palcoscenico del duello fra tre coalizioni militari con obiettivi contrastanti ed il rischio di pericolose collisioni. Quella militarmente più solida è guidata dalla Russia di Vladimir Putin, include Iran, regime di Bashar Assad, Hezbollah e Iraq: l’obiettivo è proteggere Damasco, conquistare Aleppo, assumere il saldo controllo della Siria Occidentale e relegare i jihadisti dello Stato Islamico nell’area desertica ai confini con l’Iraq.

Russi e sunniti
Sulla carta è uno scenario possibile perché le forze ribelli anti-Assad che gli si oppongono non sembrano in grado di resistere ad una prolungata offensiva russa ma a rendere incerto l’esito delle operazioni del Cremlino è l’esistenza della coalizione sunnita che sta alle spalle dei ribelli islamici non-Isis. A guidarla sono Arabia Saudita e Turchia, con il sostegno finanziario di Qatar, Kuwait, Emirati e Bahrein, e il recente summit di Riad ha dimostrato la loro capacità di aggregare tutte le maggiori componenti dei ribelli sunniti ovvero i rappresentanti della maggioranza della popolazione siriana. Dietro armi, rifornimenti e dollari che Riad e Ankara fanno arrivare ai gruppi ribelli anti-Assad c’è la volontà di far nascere una nuova nazione sunnita, fondata sul sostegno delle tribù siriane ostili agli alawiti che costituiscono la spina dorsale del regime del Baath. Il duello fra la coalizione di Putin e quella sunnita è totale: si combattono sul terreno militare e hanno obiettivi divergenti al tavolo del negoziato di Vienna perché Mosca persegue una transizione destinata a lasciare Assad al potere fino al suo compimento mentre Riad e Ankara pretendono che il Raiss abbandoni subito il potere.

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Per le strade di Raqqa

Il terzo incomodo
In questa sfida a cercare spazio è la terza coalizione militare, guidata dagli Stati Uniti, che dall’indomani degli attacchi di Parigi ha intensificato le operazioni contro lo Stato islamico (Isis) di Abu Bakr al-Baghdadi e punta a sfruttare i prossimi 12 mesi per aggredire il Califfato su più fronti, al fine di infliggergli un duro colpo strategico. In cima agli obiettivi del Pentagono c’è Raqqa, capitale del Califfo, attorno alla quale si stanno posizionando le unità della guerriglia curda siriana - sostenuta da gruppi tribali arabi - creando le premesse di un possibile assalto destinato ad essere sostenuto da massicci raid aerei occidentali per ripetere in grande stile il tipo di offensiva che ha portato alla liberazione di Kobane, al confine con la Turchia. L’accelerazione delle operazioni della coalizione guidata dagli Stati Uniti nasce dal fatto che si tratta dell’ultimo anno dell’amministrazione Obama: il Presidente vuole lasciare la Casa Bianca con un risultato militare tale da ridimensionare, se non azzerare, il Califfato. Ed è la stessa ragione per cui, sul fronte opposto, anche Putin vuole accelerare: punta a trasformare la Siria nel perno di una rinnovata sfera di egemonia russa in Medio Oriente prima che alla Casa Bianca si insedi il nuovo Presidente, che prevedibilmente sarà più determinato in politica estera di Obama. Da qui la previsione di un 2016 dove tutti i maggiori protagonisti hanno interesse a cogliere in fretta risultati strategici non compatibili fra loro, con la prospettiva di rischi di collisioni fra interessi nazionali opposti. Fino al punto da minacciare di trasformare la guerra civile siriana in un aperto conflitto fra Stati. Con in più l’incognita del Califfo, protagonista di una Jihad che ha il duplice obiettivo di consolidare le istituzioni dello Stato Islamico ed esportare la propria rivoluzione salafita in ogni angolo dell’Islam.

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