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La Stampa Rassegna Stampa
23.12.2015 Lo sceicco che incita a distruggere Israele e i titoli contraddittori della redazione della Stampa
Maurizio Molinari intervista lo sceicco estremista Raed Salah Abu Shakra

Testata: La Stampa
Data: 23 dicembre 2015
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Il leader islamico: 'Libereremo Gerusalemme'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/12/2015, a pag. 1-12, con il titolo "Il leader islamico: 'Libereremo Gerusalemme' ", l'intervista di Maurizio Molinari allo sceicco Raed Salah Abu Shakra.

I titoli degli articoli non vengono scelti dall'autore ma dalla redazione. Oggi i due titoli preposti all'articolo di Maurizio Molinari sono in palese contraddizione. Il primo, che appare a pag. 1, recita: "Il leader islamico: 'Libereremo Gerusalemme' ", e rende conto delle dichiarazioni dello sceicco estremista Raed Salah Abu Shakra. A pag. 12, invece, il titolo è "Noi arabi-israeliani in prima linea per i luoghi sacri di Gerusalemme". Un titolo completamente fuorviante, dal momento che:
1) Lo sceicco, pur essendo arabo-israeliano e godendo di tutti i diritti di qualsiasi altro israeliano, non si riconosce come tale ma soltanto come "palestinese".
2) Non si schiera, inoltre, in difesa dei "luoghi sacri di Gerusalemme", ma fomenta il terrorismo contro Israele con il pretesto di un presunto e infondato piano di costruzione di un "Terzo Tempio" ebraico nel luogo dove oggi sorgono le moschee. Un'ipotesi più volte smentita dallo stesso governo israeliano. Inoltre incita nei suoi sermoni a violente manifestazioni nel nome di una 'intifada al Aqsa'.
Puntuale come al solito, invece, l'intervista di Maurizio Molinari.

Ecco l'articolo:

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Maurizio Molinari

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Raed Salah Abu Shakra

Jalabya chiara, barba ben curata, voce determinata e l’Islam politico di Erdogan come modello per i palestinesi: il pericolo pubblico numero 1 di Israele ci accoglie sotto la «tenda della solidarietà» dove aspetta di essere arrestato. Sheik Raed Salah Abu Shakra è nemico di Israele da quando il governo di Benjamin Netanyahu ha messo al bando il suo Movimento islamico del Nord imputandogli di essere un mandante delle violenze palestinesi iniziate da settembre, incentrate sul la mobilitazione «in difesa della moschea di Al Aqsa».

La tenda sorge sul piazza le del mercato di Umm El Fahem, la seconda città arabo-israeliana per numero di abi tanti, della quale è stato più volte sindaco. Donne con il chador, giovani in jeans e uomini di mezza età sorseggiando tè lo aspettano per rendergli omaggio. Raed Salah saluta tutti, uno per uno, chiedendo notizie su matrimoni di parenti, arresti di conoscenti e situazioni famigliari.

Umm El Fahem era una roccaforte del partito comunista arabo-israeliano fino a quando il suo movimento non vinse le elezioni municipali, nel 1989, e da allora l’identificazione fra gli abitanti e lo «Sheik» non ha fatto che rafforzarsi. La certezza della detenzione imminente - 11 mesi per «incitamento all’odio» - è attesa con la tranquillità di chi ritiene di avere la Storia dalla propria parte.

È stato condannato per aver incitato gli arabi, palestinesi ed israeliani, alla rivolta violenta. Corrisponde a verità?
«La moschea di Al Aqsa è violata quotidianamente dagli ebrei, soldati e civili. Ci sono dozzine di gruppi ebraici che vogliono costruire il Terzo Tempio sulle rovine di Al Aqsa, il dovere dei musulmani, di ogni Paese, è di impedirlo. In qualsiasi maniera».

Sul la Spianata del le moschee vi sono in particolare gruppi di donne che sfidano, in ogni modo, i soldati israeliani. Che ruolo hanno le donne nell’Intifada per Al Aqsa?
«Le donne sono mogli, madri e sorelle di vittime e di detenuti. Sono loro a conoscere il dolore dell’occupazione israeliana e sono loro a battersi, più di altri, per Al Aqsa. Dalia Hijazi Tamra è una leader di questi gruppi femminili».

Nel mondo dell’Islam politico vi sono più posizioni in contrasto fra loro: dai Fratelli Musulmani e Isis, dalla Turchia di Erdogan all’Arabia Saudita dei wahhabiti. A chi si sente più vicino?
«Il Movimento islamico aiuta chi ha bisogno, si occupa di scuole e beneficenza, va incontro ai poveri,agli oppressi. Tutto ciò ci accomuna alla Fratellanza musulmana e il successo del partito di Erdogan alle elezioni in Turchia testimonia quanto tale approccio abbia radici profonde in quel grande Paese. Siamo invece contrari alla violenza perpetrata da Isis, che non ci appartiene».

Lei è un cittadino arabo israeliano, espressione di un Movimento di musulmani che vivono dentro i confini di Israele. Che tipo di rapporto vuole costruire con lo Stato ebraico?
«Noi siamo palestinesi del 1948, ovvero dei territori che vennero occupati allora. Siamo a favore della fine dell’occupazione».

Intende dire l’occupazione di Cisgiordania e Gaza o si riferisce ai territori di Israele dentro i confini pre-1967?
«L’occupazione è una sola, deve finire, per restituire la terra a chi ci ha sempre abitato e non è venuto da Vienna, Parigi o New York. Anche il mio arresto è un frutto dell’illegalità dell’occupazione».

Perché?
«Perché è stata applicata nei miei confronti, in maniera arbitraria, una legge di emergenza risalente al Mandato britannico. Sono azioni illegali, come lo è la decisione degli israeliani di mettere al bando 17 organizzazioni del Movimento islamico che garantiscono servizi sociali a oltre mezzo milione di persone. Ci hanno dichiarato guerra».

Qual è la sua ricetta per battersi contro «l’occupazione israeliana»?
«Quanto è stato tentato finora è servito a poco. Yasser Arafat siglò per Al Fatah accordi di pace con Israele ed è stato ucciso. Ahmed Yassin, leader di Hamas, era per la resistenza armata ed è stato ucciso. L’orizzonte da seguire è l’Islam. L’affermazione di un movimento islamico per unire tutti i musulmani, andando incontro ai loro bisogni e ostacolando i comuni nemici».

Dunque non più nazionalismo palestinese ma Islam politico?
«Islam politico significa anche convivenza con i cristiani, altro elemento che ci distingue da Isis».

È un modello che potrà affermarsi nei Territori dell’Autorità nazionale palestinese?
«Certo, a patto che potranno tenersi libere elezioni».

Fra pochi giorni entrerà in una prigione israeliana e vi resterà almeno 11 mesi. Con quale spirito entrerà in cella?
«Sfrutterò la detenzione per pensare, scrivere, riflettere e pregare per il bene del Movimento islamico. E poi farò ciò che più mi piace: disegnare».

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