Donald Trump: il significato della sua retorica
Commento di ManfredGerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Donald Trump
Donald Trump, candidato alle presidenziali Usa, ha dichiarato di essere per “ un totale divieto ai musulmani di entrare negli Stati Uniti finchè non saremo certi di quanto accade.. il nostro paese non può essere vittima degli orrendi attacchi da parte di chi crede solo nel ’jihad e non ha alcun rispetto per la vita umana”.
Una affermazione che esprime estrema islamofobia, una visione stereotipa di tutti i musulmani, invece di individuare chi incita alla violenza all’interno delle comunità musulmane, in America e all’estero.
Trump ha provocato ovunque critiche giustificate alle quali non c’è bisogno di aggiungere altro. Sono invece interessanti alcune reazioni specifiche, che ci interessano, a causa delle posizioni estreme contro Israele in alcuni settori islamici, sia negli Usa che tra gli odiatori di professione in arrivo.
Un’altra ragione è la retorica che le parole di Trump, ancora una volta, dimostrano come spesso le posizioni negative suscitino più clamore delle positive. Ciò che rende importante la sua dichiarazione è come sia stata accolta favorevolmente da gran parte della popolazione americana.
Sono i sondaggi a rivelare come molti americani hanno una opinione in generale negativa sui musulmani. Il sondaggio della CBS ci dice che il 29% degli elettori non è favorevole all’islam, mentre il 24% è favorevole. La restante percentuale non sa o non è abbastanza informata. Il 36%, in tutti i sondaggi, ritiene che gli Usa debbano temporaneamente bloccare l’ingresso agli stranieri musulmani che vogliono visitare gli Usa, contrari al divieto sono il 58%.
Fra i Repubblicani sono a favore del divieto di ingresso ai musulmani stranieri il 54%, mentre il 38% è contro ogni divieto.
Il 44% degli americani ritiene che il governo federale realizzi un data base con tutti i nomi dei musulmani americani, mentre il 46% è contrario.
Il sondaggio nazionale telefonico ‘Rasmussen’ contiene dei dati ancora più negativi sui musulmani. Il 46% è a favore di un divieto temporaneo per i musulmani che entrano negli Usa, il 40% contro. Fra i Repubblicani è a favore il 66%.
Queste opinion fortemente negative verso i musulmani si sono sviluppate nell’arco degli ultimi 15 anni, a partire dalla strage di massa dell’11 settembre.
19 appartenenti ad Al Qaeda erano arabi, 15 fra loro erano cittadini sauditi, arrivati in Usa per compiere il massacro. Subito dopo l’11 settembre, persino coloro che sottovalutavano i crimini orrendi dei musulmani, si astennero dal mantenere quella posizione. Di fronte a un tale orrore, non poteva reggere. Quegli assassini non erano povera gente, né emarginati sociali. Non erano vittime della società americana, quanto piuttosto esecutori di atti che hanno causato la morte di migliaia di americani.
Quando avviene in un paese un massacro che ricorda l’11 settembre, riappaiono le opinioni negative su quella minoranza, i crimini successivi, anche su scala minore, commessi dalla medesima minoranza, riporta a galla gli stessi argomenti. È successo dopo la strage compiuta da Nidal Hassan a Fort Hood nel 2009, durante la maratona a Boston del 2013, killer i fratelli Dzhokhar e Temerlan Tsarnaevin, e nel dicembre 2015 a San Bernardino, con gli assassini Syed Rizwan Farook e Tashfeen. Un ricco principe saudita, Al Waleed bin Talal, ha reagito, attaccando Trump con un tweet: “ Sei una disgrazia non solo per il Partito Repubblicano (GOP), ma per tutta l’America. Ritirati dalla corsa elettorale, tanto non vincerai mai”.
L’attacco del principe ha fornito a Trump l’occasione di riaccendere la miccia. Infatti gli ha risposto con un altro tweet: “ principe inebetito.. vuoi controllare i nostri politici americani con i soldi del babbo..”
Dopo l’11 settembre, Al Waleed aveva dato all’allora sindaco di New York Rudy Giuliani un assegno di 10 milioni di dollari, che Giuliani rifiutò, perché Al Waleed chiedeva che “ l’attacco alle Torri Gemelle venisse paragonato alle politiche americane in Medio Oriente, e richiedeva una posizione più equilibrata verso la causa palestinese “.
Alcune analisi sulle opinioni dei visitatori musulmani provenienti dal Medio Oriente, possono essere ricavate da una indagine Pew, realizzata dopo l’11 settembre.
Rivelava che la maggioranza dei musulmani provenienti da Egitto,territori palestinesi, Giordania, Libano,Israele, Indonesia e Pakistan non credevano che gli autori della strage fosseron arabi. In Egitto erano il 75% e in Turchia il 73%.
Il Segretario agli Esteri John Kerry ha accusato Trump di mettere in pericolo la sicurezza degli Usa. Ci sono due spiegazioni: Se Kerry ha ragione, questo implica che una persona che non ricopre cariche elettive né dipende dal governo, può mettere in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti, anche con una dichiarazione pubblica che non contiene nessuna informazione confidenziale. Se così è, il colpevole è la libertà di parola, per cui è d’obbligo modificare il primo Emendamento della Costituzione americana.
L’altra possibilità è che Kerry abbia torto. In questo caso, Obama dovrebbe dirgli di stare zitto, perché ciò che dice rappresenta il punto di vista della Amministrazione americana.
La dichiarazione di Trump è stata l’immagine speculare delle molte reazioni a Obama sui musulmani in generale e sui crimini che commettono in particolare.
Mentre Trump ha assunto una posizione estremamente negativa sui musulmani, Obama ha coerentemente offuscato o drasticamente minimizzato la specificità islamica in molti crimini commessi da musulmani.
In un discorso del 10 settembre 2014, Obama ha insistito sul fatto che il movimento dello Stato Islamico non era “islamico”. Aggiungendo “Nessuna religione approve l’uccisione di innocenti”. In un testo pubblicato all’inizio del 2015, Obama ha scritto “ Gruppi come Al Qaeda e Isis promuovono una contorta interpretazione della religione, respinta dalla stragrande maggioranza del mondo musulmano. Il mondo deve continuare a dar retta ai leader religiosi e agli intellettuali musulmani che insegnano la vera natura pacifica dell’islam..”.
Obama ha evitato l’uso di espressioni come ‘ terrorismo islamico’ o ‘ estremisti islamici’, preferendo descrivere lo Stato Islamico ‘cosiddetto’ e i suoi militanti ‘ individui provenienti da varie regioni che praticano odiose ideologie’. C’è anche molto da imparare dalle reazioni negative al discorso di Trump sull’impatto della sua retorica.
Una affermazione negativa ha suscitato maggiore attenzione di molte altre positive di Obama, che escludevano ogni riferimento all’islam sui crimini commessi da musulmani.
Al di fuori degli Usa, le reazioni contro Trump sono state molto forti in Gran Bretagna. Una petizione ha chiesto che a Trump venisse negato l’ingresso, con 556,386 firme, cifra non aggiornata. Eppure nel 2004, l’Inghilterra ha accolto il leader religioso e fanatico propagatore di odio Yussuf al Qaradawi, che in quell’anno non gli era consentito mettere piede in Usa.
A capo della ideologia dei Fratelli Musulmani era stato invitato e ricevuto da Ken Livingstone, allora sindaco di Londra e membro del Partito Laburista. Le proteste contro una persona che incitava all’assassinio furono poche, se si pensa che Trump non ha mai usato gli stessi toni.
Prima Trump metterà fine alla sua campagna meglio sarà. Ma il significato delle sue parole si sente un po’ ovunque e non sparirà di certo. Per farla breve, si è formata una pubblica opinione, condivisa da decine di milioni di americani.
Persino le statistiche che rivelano la richiesta di un data base sui musulmani, ne sottolinea visibile e importante il bisogno di far conoscere l’incitamento alla violenza e ai crimini, entrambi presenti nella società musulmana americana e anche all’interno del mondo islamico.
Il considerevole sostegno negli Usa alla estrema posizione di Trump vuole anche dire che l’opinione pubblica è colpita fortemente dai comportamenti dei vari gruppi musulmani, sia all’interno degli Usa che all’esterno, tutti collegati al terrorismo presente e futuro e diffusori di odio. Succederà negli Stati Uniti, ma potrà avvenire anche nei paesi occidentali.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.
Manfred Gerstenfeld ha ricevuto il premio "Simon Wiesenthal Center International Leadership" per i suoi studi sull'antisemitismo.