Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/12/2015, a pag. 8, con il titolo "La Lombardia vieta burqa e niqab negli ospedali", la cronaca di Stefano Rizzato; con il titolo "La dittatura della paura rischia di aver già vinto", di Massimo Russo, prossimo vice-direttore della STAMPA, preceduto dal nostro commento.
Ecco gli articoli:
Stefano Rizzato: "La Lombardia vieta burqa e niqab negli ospedali"
Stefano Rizzato
Niente veli integrali per legge. Niente caschi o passamontagna, ma soprattutto niente burqa o niqab, negli ospedali e in tutti gli uffici della Regione. Succederà dal 1 gennaio in Lombardia, per una delibera della giunta regionale: una norma in più voluta dall’assessore alla Sicurezza, Simona Bordonali, della Lega. E voluta soprattutto dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che ha annunciato la novità ieri mattina.
La nota della Regione
«Chi vuole entrare negli ospedali lombardi e nelle sedi della Regione dovrà essere riconoscibile e presentarsi a volto scoperto», spiega la nota della Regione. «I gravi episodi di terrorismo che si sono verificati nelle ultime settimane ci hanno indotto a rafforzare le misure di sicurezza», dice invece Bordonali. Che poi aggiunge: «La Regione Lombardia si muove in anticipo rispetto al governo italiano e interviene per garantire la sicurezza di dipendenti, operatori e visitatori esterni».
«Legge già esistente»
Per la verità - ha precisato poi Maroni - si tratta soltanto di far rispettare una legge nazionale che già esiste. «Abbiamo dato attuazione ad una legge dello Stato, colmando una lacuna. Il nostro è stato un atto istituzionale. Chi critica se la prenda con il Parlamento», ha detto il governatore della Lombardia. Il nuovo regolamento approvato ieri rende più esplicito e stringente il divieto, e obbliga anche i funzionari regionali a controllare bene che chi entra sia visibile in volto. Il messaggio è allora tutto politico. Anche perché di donne in niqab e burqa, in giro per gli ospedali lombardi, se ne vedono ben poche.
La replica di Orlando
Proprio in Lombardia il divieto esisteva anche a livello comunale, per ordinanze volute da singole città e cittadine, come Sesto San Giovanni (fin dal 2011) e Varese (più di recente). Proprio da Varese, a margine di un incontro per le primarie del Partito democratico, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha fatto arrivare la sua risposta: «Siccome la legge c’è, non si avverte l’esigenza di inventarsene di nuove, che appaiono di sapore simbolico e propagandistico. In questo momento c’è bisogno di tutto tranne che agitare dei simboli e fare propaganda, perché mi pare che in questo ambito gli estremisti islamici siano imbattibili, e quindi non mi cimenterei. Noi dobbiamo rispondere con la capacità di assicurare sicurezza ai cittadini e di far rispettare le leggi del nostro Paese».
Massimo Russo: "La dittatura della paura rischia di aver già vinto"
Massimo Russo si scaglia contro la "dittatura della paura", conseguenza a suo dire dei sanguinosi attacchi di Parigi il 13 novembre scorso. Così facendo, in realtà, si fa rappresentante di un'altra dittatura, una "dittatura del politicamente corretto", cieca di fronte alla realtà che è ormai sotto gli occhi di tutti: l'avanzata dell'islamismo.
Il divieto del velo integrale negli ospedali, inoltre, non ha nulla a che vedere con una "paura": sarebbe, piuttosto, irragionevole pensare che i pazienti vengano assistiti e curati se non si distingue neppure il loro volto e quello di chi li cura.
Ci conforta quel 95% che invece preoccupa Russo.
Ecco l'articolo:
Massimo Russo
Dicevamo che il Bataclan non ci avrebbe cambiato. Invece è già accaduto. Quando ieri abbiamo pubblicato sul sito la notizia del regolamento che dal prossimo anno vieterà il volto coperto negli ospedali e negli uffici regionali in Lombardia, abbiamo chiesto un parere ai nostri lettori: credete che la necessità di sicurezza giustifichi un tale provvedimento, oppure pensate si tratti di una limitazione della libertà personale? Le proporzioni della risposta ci hanno spiazzato: in poche ore oltre 12 mila condivisioni, più di cinquemila voti pro-divieto, duecento contrari. Vale a dire il 95 per cento contro il 5.
Mettiamo da parte le considerazioni sulla strumentalità dei tempi e dei modi dell’annuncio. Accantoniamo anche quelle sull’effettiva necessità di una norma di questo genere: quante saranno le persone che sono entrate in ospedale con un burqa negli ultimi cinque anni? Ma andiamo oltre. In Italia dai tempi del terrorismo c’è una legge che vieta di mascherare il volto in luogo pubblico, senza «giustificato motivo». Il punto sono proprio quelle due parole. Esiste una giurisprudenza consolidata che, negli ultimi dieci anni, ha considerato la religione un motivo valido. Lo stesso presidente Carlo Azeglio Ciampi, interpellato in proposito da una cittadina musulmana residente in provincia di Como che era stata multata due volte per il volto coperto, rispose nel 2004 con una lettera del segretario del Quirinale in cui si affermava che nel nostro Paese esiste libertà di culto. Il prefetto fece decadere l’ordinanza del sindaco.
In punta di diritto deciderà, come sempre, chi applica la legge. Ciò su cui dovremmo riflettere, senza moralismi, sono i numeri: ogni 20 persone, 19 favorevoli e un contrario. Nemmeno un dubbio. Come sarebbero state queste cifre solo un mese fa? La dittatura della paura rischia di aver già vinto.
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