Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/12/2015, a pag. 3, con il titolo "Il Pentagono: 'Siamo in guerra con l'Isis'. Truppe di terra arabe per sconfiggerlo", la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Bene, adesso anche gli Usa hanno capito di essere in guerra. Se vogliono, l'Isis può essere sconfitto velocemente. Speriamo che si accorgano che esiste una invasione semi nascosta dell'islam, abile nell'uso della Taqyia, ovvero simulazione
.
Paolo Mastrolilli
Usa contro Isis: gli attacchi aerei non bastano
«Siamo in guerra contro l’Isis». Il Pentagono accelera l’intervento contro gli islamisti, anche se la Casa Bianca continua a usare prudenza. Durante un’audizione davanti alla Commissione Forze Armate del Senato, il segretario alla Difesa Ashton Carter ha detto ieri che gli Usa si preparano a mandare elicotteri Apache e forze speciali in Iraq, per aiutare i militari locali a riprendere Ramadi. Nello stesso tempo ha rivelato che è vicino l’accordo con gli alleati arabi della regione per l’invio di truppe selezionate sul terreno, mentre Washington spera che anche i commando britannici e francesi aumenteranno i loro contributi in Siria.
Scontro con McCain
L’audizione di ieri era guidata dal senatore McCain, che ha appena pubblicato un articolo con il collega Graham sul «Wall Street Journal», sollecitando l’invio di un contingente di circa 10.000 uomini per prendere Raqqa, la capitale dello Stato islamico. L’ex candidato presidenziale sostiene anche la creazione di una no fly zone, per impedire all’aviazione del regime di Assad di continuare a fare vittime civili.
Su questo punto il Pentagono ha frenato, con quello che è stato forse lo scambio più teso della giornata. Il vice capo degli stati maggiori riuniti, Paul Selva, ha detto che «noi abbiamo la capacità militare di imporre la no fly zone, ma la domanda riguarda se abbiamo il sostegno politico per attuarla». In particolare, Selva ha sottolineato il rischio di «un conflitto diretto» con l’esercito siriano, o «un errore con i russi presenti nella zona». McCain lo ha bocciato così: «Devo dire che questa è la dichiarazione più imbarazzante che io abbia mai sentito da un militare. Siamo più preoccupati delle reazioni di Siria e Russia, che delle migliaia di civili siriani massacrati».
No truppe di terra
Il segretario Carter ha ammesso che «siamo in guerra con l’Isis, e non è ancora contenuto». Poi ha difeso la strategia della Casa Bianca, che prevede l’assistenza alle forze locali per riprendere i territori occupati da Isis in Iraq e Siria, l’addestramento e il riarmo dei gruppi ribelli, i bombardamenti aerei e il blocco dei finanziamenti, ma non l’invio di un contingente sul terreno, perché provocherebbe molte vittime americane e richiederebbe un’occupazione a tempo indeterminato della Siria per garantirne la stabilità. Il capo del Pentagono ha tuttavia aggiunto alcuni elementi nuovi.
Elicotteri Apache
Ha detto che è pronto ad inviare gli elicotteri Apache ai reparti iracheni che stanno combattendo per riprendere Ramadi, rivelando che le forze speciali americane potrebbero accompagnarli sul terreno come consiglieri. Quindi il capo degli stati maggiori, Dunford, ha spiegato che gli Usa sono vicini a concludere l’accordo con alcuni alleati arabi, affinché mandino i loro reparti selezionati sul terreno. Questa viene considerata una mossa fondamentale per Washington, non solo per dimostrare la coesione dell’alleanza anti Isis, ma anche perché le regioni sottratte allo Stato islamico dovrebbero essere poi occupate da forze arabe sunnite, per poterne conservare il controllo.
Sul piano operativo, il Pentagono spera che in Siria i commando britannici e francesi si aggiungano a quelli americani, per aiutare i ribelli locali a dare la spallata all’Isis. Gli Usa al principio avevano cercato di addestrare una forza araba nuova, ma questo tentativo è fallito. Ora si punta ad appoggiare i gruppi già esistenti, ma Carter ha rimproverato il Congresso, perché non ha ancora stanziato 116 milioni richiesti da tempo per aiutare queste formazioni. La Casa Bianca però resta prudente. Il portavoce Josh Earnest ha avvertito che la decisione finale non è ancora stata presa, e gli Apache verranno usati solo su richiesta del premier iracheno Al Abadi.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante