Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/12/2015, a apg.7, con il titolo "'Bombardare l'Isis non serve, l'Italia fa bene a non partecipare'", l'intervista a Emma Bonino di Antonella Rampino.
Emma Bonino, già pronta con il velo
I ragionamenti di Emma Bonino brillano per la loro inutilità, sembrano presi da uno dei tanti, insopportabili talk show che caratterizzano la politica in televisione. Non una delle sue analisi - se così possiamo chiamarle- entra nel vivo del problema: l'islam vuole conquistare il mondo, un programma molto semplice, facile da capire per chi vuole intendere. Ma Bonino vuole altro, come ha dimostrato in questi ultimi anni, una apertura sciagurata al mondo arabo-musulmano, riapertura dei rapporti con l'Iran, fregandosene del fatto che nel suo futuro ci sia la distruzione di Israele, la Turchia (80 milioni di musulmani) in Europa ecc. Mai che spieghi come, secondo lei, l'Occidente può salvarsi dall'invasione da parte dell'islam. Non lo spiega, o forse la spiegazione è più semplice, non le interessa.
Ecco l'intervista:
Emma Bonino, in questa terza guerra mondiale a pezzi perché l’Occidente va in ordine sparso, incapace di una comune e dunque efficace strategia?
«Non solo l’Occidente, tutti sono in ordine sparso, per divergenti analisi ed interessi contrapposti. Questa è anzitutto una guerra intrasunnita. Isis, come già Al Qaeda, nasce dall’ideologia wahabita. L’Occidente ha alleanze storiche con quell’area del Golfo, ma pare che neppure i tremila morti delle Twin Towers abbiano insegnato qualcosa... La Turchia fa la sua partita, la Russia gioca spregiudicatamente per tornare sulla scena internazionale, e solo ora sembra preoccuparsi dei foreign fighters che la Turchia ha lasciato passare in Siria e che possono tornare nei Paesi di influenza russa. I comuni denominatori sono pochi...».
La Gran Bretagna bombarderà Isis, come già fa la Francia, la Germania ha intensificato l’impegno pur senza arrivare al livello combat...Basta bom- bardare lo Stato islamico per sconfiggerlo? E, in questo quadro europeo, la posizione italiana non rischia di essere inadeguata?
«Mi pare siano tutti inadeguati, sia quelli che bombardano spinti da emozioni e reazioni reali con un occhio alle scadenze elettorali come la Francia, o al referendum su Brexit, per mostrare agli europei che si è indispensabili come nel caso della Gran Bretagna. Si bombarda, ma pubblicamente poi si dice che bombardare non basta, mentre è sempre più chiaro che non vi sono più molti obiettivi da colpire dall’alto, senza una guida che venga dai famosi «boots on the ground», le truppe di terra. Prova ne sia l’appello che in questo senso ieri ha fatto ai Paesi arabi John Kerry. E mentre noi bombardiamo, tutta la stampa araba ripete ogni giorno più volte al giorno, sul Al Jazeera, Al Arabya e via cantando, che si tratta di attacchi «occidentali» al mondo arabo. Di questo devono essersi resi conto gli inglesi, che oltre ad aumentare la spesa per la difesa hanno anche dato più fondi alla Bbc in lingua araba. La battaglia che dobbiamo condurre è anzitutto culturale, si dice. Appunto. Dobbiamo pensare a medio-lungo termine, e cominciare a mettere il dito nelle contraddizioni».
Sia più precisa.
«Anzitutto dobbiamo renderci conto che non ci sono soluzioni miracolose, ma solo parziali e complesse. La prima cosa è chiamare alle proprie responsabilità i sunniti, le monarchie del Golfo e la Fratellanza Musulmana che si stanno combattendo. Poi dobbiamo cominciare ad occuparci di rafforzare la nostra sicurezza. Pochi giorni fa il coordinatore Ue dell’antiterrorismo, Gilles de Kerchove, ha implorato per un’unificazione delle intelligence. Inutilmente Non vogliamo un’intelligence comune, non vogliamo una politica estera e una politica di difesa comune. Siamo solo disposti a mandare dei Tornado... E intanto continuiamo a passare da un’emergenza all’altra, mettiamo un cerotto e ci dimentichiamo dei migranti, come fossero scomparsi, senza alcuna visione non dico di lungo ma nemmeno di medio termine. Politiche fragili. Adesso per esempio siamo concentrati sulla Siria, dimenticandoci dello Yemen e della Libia, e non rafforzando come dovremmo Tunisia, Marocco e Giordania, paesi a rischio baratro. Dovremmo fare quello che può e deve fare l’Europa, a prescindere da Stati Uniti, Russia o chiunque altro».
E l’Italia, che non bombarda?
«L’Italia fa bene a non precipitarsi in automatismi militari che rischiano di essere controproducenti e che nessuno dichiara efficaci, dato anche che è presente in altri scenari, dall’Afghanistan al Libano. Ma questo non la esime dall’impegnarsi per pretendere un’intelligence europea, per ottenere di più sulla politica dell’immigrazione, invece di limitarsi a partecipare ai dibattiti su Schengen sì o no, e sulle frontiere esterne della Ue. Ci accorgiamo che tutto questo ha anche l’effetto di alimentare i nazionalismi? Ci accorgiamo che sta montando l’impulso a tornare alle frontiere nazionali? Faccio notare che i confini esterni dell’area Schengen sono pari a 9 mila chilometri, quelli della sola frontiera franco- tedesca ne valgono tremila. Tornando all’Italia, per quanto riguarda la Libia, dove inviterei a non sottovalutare il livello di penetrazione dell’Isis, davvero dobbiamo precipitarci a sostenere l’accordo Leon ora passato nelle mani di Kobler? Non dovremmo invece dire che la base di quell’accordo è troppo limitata perché possa tenere, quand’anche venisse varato?
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