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La Stampa Rassegna Stampa
01.12.2015 Italia Bengodi del terrorismo islamico: fermato un sospetto a Bardonecchia, subito rilasciato
Cronaca di Massimo Numa, Andrea Rossi

Testata: La Stampa
Data: 01 dicembre 2015
Pagina: 5
Autore: Massimo Numa; Andrea Rossi
Titolo: «L'afghano fermato a Bardonecchia sospettato di terrorismo e scarcerato»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/12/2015, a pag. 5, con il titolo "L'afghano fermato a Bardonecchia sospettato di terrorismo e scarcerato", la cronaca di Massimo Numa, Andrea Rossi.
L'Italia sempre più un libero terreno di passaggio per i terroristi, anche quando vengono fermati, il rilascio è troppo spesso immediato.

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Nasim Laghani, fermato a Bardonecchia e rilasciato

Nasim Laghani, 22 anni, afghano, fermato a Bardonecchia il 22 novembre mentre cercava di entrare in Italia a bordo di un Tgv diretto a Milano, potrebbe avere legami con organizzazioni terroristiche. Però è libero. Il gip del Tribunale di Torino Gianni Macchioni l’ha scarcerato la scorsa settimana. È rinchiuso nel centro di identificazione ed espulsione perché è entrato in Italia senza documenti e permesso di soggiorno.

Nell’ordinanza con cui respinge la richiesta della procura di Torino, che voleva la custodia in carcere con l’accusa di ricettazione, il giudice solleva però più di un dubbio. Laghani portava con sé sei telefoni cellulari, un pc, 33 schede sim, 345 euro, 748 sterline inglesi (l’equivalente di 1.065 euro) e la foto di un bonifico di 2 mila sterline inviato a un conto in Afghanistan. «Materiale - scrive nell’ordinanza - che può avere un utilizzo nell’ambito di attività di terrorismo internazionale, per comunicare con utenze sconosciute alle autorità preposte al controllo o comunque difficilmente riconducibili al loro effettivo utilizzatore, e addirittura come strumenti di innesco di ordigni esplosivi». E ancora, «dispone di risorse non modestissime» su cui «non ha fornito spiegazioni plausibili» e «il materiale contenuto nel telefono cellulare dà conto di una possibile prossimità ideologica con ambienti del terrorismo mediorientale».

È quanto vogliono accertare gli investigatori torinesi, coordinati dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, i quali avevano chiesto il carcere anche per avere più tempo per acquisire elementi (dall’analisi di telefoni, schede, pc e magari sfruttando la collaborazione delle autorità francesi e britanniche) e ricostruire l’eventuale rete di contatti di Laghani con organizzazioni terroristiche.

Le immagini trovate sul suo telefono mostrano quanto meno un’adesione «spirituale»: diverse foto di miliziani armati in posa, un fotomontaggio raffigurante una sfilza di teste mozzate. Sul suo rocambolesco tentativo di entrare in Italia pesano molti sospetti. Interrogato, ha dichiarato di aver abbandonato la Gran Bretagna (dove si era rifugiato fuggendo da uno zio che lo voleva arruolare nelle milizie taleban) perché la sua domanda di asilo era stata rigettata e temeva il rimpatrio. I soldi erano frutto del suo lavoro di addetto alle pulizie, mentre sim, telefoni e pc gli erano stati regalati. Un quadro poco credibile.

Adesso, però, Laghani ha deciso di vedere nuovamente il suo legale, Andrea Battisti. Ma soprattutto ha fatto sapere che si esprimerà in inglese. Non è un particolare di poco conto: durante l’interrogatorio in procura ha chiesto la presenza di un interprete in lingua pashtun dichiarando di non conoscere l’inglese. Una menzogna, considerato che vive in Gran Bretagna dal 2009 e nei telefoni sequestrati sono state rintracciate chat in inglese. Per far luce sul suo passato (dice di aver vissuto per 3anni ospite a Leicester), e sui motivi che l’hanno spinto a partire per Calais nascosto in un camion per poi far rotta verso l’Italia, le autorità italiane hanno chiesto aiuto a Scotland Yard.

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