Riprendiamo dal FOGLIO del 26/11/2015, a pag. IV, con il titolo "Valls, ovvero essere socialisti e leggere Huntington e Matignon", il commento di Lorenzo Castellani.
Manuel Valls
“E’ una guerra, non come il primo o il secondo conflitto mondiale ma è una guerra” dichiara il primo ministro francese, Manuel Valls, ad alcuni quotidiani europei. Le nostre democrazie dovranno convivere “per diversi anni” con gli attacchi terroristici. E non è la prima volta che l’uomo imbraccia concetti forti sulla lotta al terrorismo. Era la fine di giugno a Parigi quando lo stesso Valls dichiarava in un’intervista televisiva: “Non possiamo perdere questa guerra, perché in fondo è una guerra di civiltà”, precisando però che non si trattasse di uno scontro tra occidente e islam tout court. E’ una guerra tra occidente e fondamentalismo islamico, ma è anche una guerra tutta interna al mondo musulmano, aveva detto Valls, uno dei pochi politici occidentali a parlare apertamente di scontro di civiltà, secondo cui la “fitna”, la discordia profonda è “tra un islam che si basa sui valori umanistici e un islamismo oscurantista”.
Samuel P. Huntington
L’intervista aveva sconvolto gli alfieri del politicamente corretto e aperto una velata polemica con la staff del presidente Hollande perché la perifrasi di Valls pescava a piene mani nei concetti di un pensatore oscurato dall’establishment liberal-gauchista di tutto il mondo: l’americano Samuel P. Huntington, autore di “The Clash of Civilizations”, capolavoro del pensiero politico e uno dei testi più discussi e criticati degli ultimi due decenni. Da destra, e soprattutto da sinistra, le tesi di Huntington sono state oggetto di contestazione politica, culturale e filosofica, marchiate come l’esagerazione e la semplificazione storica di un intimo conservatore americano. Il punto di partenza del ragionamento di Huntington, scomparso nel 2008, squarcia il velo di Maya sulla superiorità delle democrazie occidentali “l’occidente non ha conquistato il mondo con la superiorità delle sue idee, dei suoi valori o della sua religione ma attraverso la sua superiorità nell’uso della violenza organizzata (il potere militare). Gli occidentali lo dimenticano spesso, i non occidentali mai”. Lo scontro contemporaneo con altre civiltà viene dalla storia poiché “la civiltà occidentale è tanto occidentale quanto moderna. Le civiltà non occidentali hanno tentato di diventare moderne senza occidentalizzarsi non avendo la tradizione storica, politica e giuridica di questo”.
Secondo Huntington le civiltà non occidentali “continueranno nel loro sforzo per procurarsi livelli di benessere, tecnologia, macchinari, competenze e armi che sono parte integrante della modernità”. Tuttavia, queste non rinunceranno e non rinunciano a trovare un punto di contatto tra questa modernità e i propri valori tradizionali. La loro forza economica e militare è rivolta direttamente verso l’occidente, bastione e origine della modernità da aggredire e conquistare. Lo scienziato politico di Harvard scriveva: “Per questa ragione l’occidente è tenuto a mantenere elevati livelli di preparazione militare e crescita economica, entrambi necessari per proteggere i suoi interessi nel confronto con queste civiltà”. Inoltre, è certamente vero che gli ultimi vent’anni sono i più pacificati della storia con un netto declino della violenza bellica, come sottolinea il politologo israeliano Azar Gat, perché l’intreccio di interessi commerciali è un freno ai conflitti che possono guastarli, la separazione dei poteri e l’affermazione della Rule of Law, l’avvento della democrazia, le istituzioni internazionali e la secolarizzazione non sono mai stati così forti, ma ciò non significa che il conflitto sia cancellato dalla natura umana. L’occidente ha edificato il mondo più pacifico di sempre, ma deve difendere militarmente ciò che ha creato. Violenze come quelle di Parigi riportano alla cruda, umana, atavica realtà perché, secondo studiosi come Gat e Huntington, Hobbes aveva ragione, e Rousseau torto, sulla grande violenza dello stato di natura umana.
Ciò nonostante l’affermazione dei criteri occidentali abbia enormemente ridotto l’esposizione delle popolazioni civili alla guerra perché lo stato di natura è stato fortemente limitato dagli anticorpi liberal-democratici. Gli stessi anticorpi che negli ultimi anni sembrano aver smesso di funzionare: multiculturalismo, tolleranza e terzomondismo, retorica dei diritti umani ed esportazione della democrazia hanno scoperto il fianco del mondo occidentale agli attacchi dell’islam radicale. “La mia ipotesi è che la fonte principale del conflitto in questo nuovo mondo non sarà in prima battuta ideologica, né economica. Le grandi fratture tra gli uomini e la fonte più abbondante del conflitto avranno una matrice culturale”, scriveva Huntington. “Gli stati nazionali sono destinati a mantenere il loro ruolo di primo piano nelle vicende politiche globale, ma i conflitti principali scoppieranno tra nazioni e gruppi di diverse civiltà. Le linee di faglia tra le civiltà saranno le trincee lungo le quali si consumeranno le battaglie del futuro”. Le civiltà? “Niente indica che scompariranno presto, anzi, sono di gran lunga più decisive delle differenze tra ideologie politiche e tra diversi regimi. Nel corso dei secoli, sono state le differenze tra le civiltà a innescare i conflitti più lunghi e violenti”.
Lo studioso americano sottolinea come la promozione della democrazia e del liberalismo, la conservazione del suo potere militare, gli interessi economici abbiano provocato risposte feroci da parte delle altre civiltà. Così egli individua uno scontro a due livelli: “A livello micro, i gruppi si collocano uno a fianco all’altro lungo le linee di faglia delle civilizzazioni e lottano, spesso in modo violento, per il controllo del territorio e di un gruppo sull’altro. A livello macro, stati appartenenti a diverse civiltà in competizione tra loro per il potere militare ed economico si battono per il controllo di istituzioni internazionali e di terze parti e promuovono, in competizione con gli altri stati, i propri valori politici e religiosi”. Una di queste linee di frattura è, secondo lo storico, con il mondo musulmano perché “la linea di faglia tra civiltà occidentale e islamica è proseguita per milletrecento anni. Questa secolare interazione militare tra l’occidente e l’islam è probabilmente destinata a durare. Potrebbe divenire più virulenta”. Negli uffici di Matignon c’è chi non lo esclude. Ed è un premier socialista.
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