Quando è lecito chiedere a musulmani – e a ebrei - di condannare pubblicamente dei crimini
Commento di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Francia 2015
Le recenti stragi di Parigi commesse da musulmani sollevano la domanda se altri musulmani siano moralmente obbligati a condannare pubblicamente questi crimini. La stessa domanda viene regolarmente rivolta agli ebrei della Diaspora in merito al comportamento di Israele. Una domanda simile è stata fatta da Ilmar Reepalu, del Partito Social Democratico svedese e part-time anti-semita quando era sindaco di Malmoe, una città giudicata da molti europei capitale dell’anti-semitismo per come viene amministrata. Perché la domanda di Reepalu è anti-semita ? Gli ebrei di Malmoe sono svedesi, non israeliani, perché dovrebbero prendere le distanze da azioni che avvengono in un paese dove non votano e quindi non possono intervenire nella gestione della politica ? Ciò che si potrebbe ragionevolmente chiedere agli ebrei svedesi, o meglio ai rappresentanti delle comunità ebraiche nel paese, è la condanna di crimini commessi in Svezia da ebrei svedesi, in nome dell’ebraismo. In questo caso ci si aspetterebbe che rabbini e leader delle comunità ebraiche si dichiarino pubblicamente contro questi crimini.
Il paragone è puramente teorico, dato che se un ebreo commette atti illegali in Svezia, non lo fa certo in nome del proprio essere ebreo. Quello che abbiamo scritto sugli ebrei svedesi, può servire da esempio per ciò che ci si può attendere dai musulmani dopo le stragi di Parigi. Ovviamente l’enorme numero di atti criminali nel mondo musulmano è di natura totalmente differente dai comportamenti di Tzahal. Nessuno ha poi il diritto di insistere a chiedere a singoli musulmani o alle loro organizzazioni internazionali di esprimersi pubblicamente sulle stragi. Tuttavia, come con gli ebrei svedesi, da leader religiosi musulmani e autorità pubbliche in Francia, ci si aspetta che condannino apertamente questi atti commessi da musulmani nel nome dell’islam. Di fatto si entra in un labirinto, perché molte autorità laiche e religiose musulmane, insieme a organizzazioni in moltissimi paesi, incitano in maniera esplicita a commettere omicidi. Come possono condannare atti che loro stessi promuovono ? Come possono condannare omicidi se sono l’esatta interpretazione di quanto ordina il Corano ?
Vediamo che posizioni assumono gli imam francesi. Abraham Cooper, rabbino associato al Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles ha pubblicato un articolo il 15 novembre nel quale descrive un incontro fra la delegazione del Centro e il Presidente francese François Hollande, tenutosi un anno e mezzo fa. Cooper scrisse che il Presidente del Centro Wiesenthal, il rabbino Marvin Hier, chiese al Presidente: “Quanti imam ci sono in Francia e quanti hanno condannato gli attacchi terroristici ?" “6.000 imam, e solo 10 l’hanno fatto pubblicamente…” In questi giorni il numero si è ridotto a uno, l’imam Chalgoumi di Drancy, gli altri hanno preferito il silenzio… Non sorprende che questo imam abbia fatto richiesta di essere protetto dalla polizia. Ovviamente poche organizzazioni musulmane francesi hanno condannato gli attacchi di Parigi, segno che il silenzio di quasi tutti gli imam francesi è uno dei molti segnali degli enormi problemi che interessano le comunità musulmane.
Chiamare islamofobia questa verità equivale al tentative di coprire un enorme fallimento morale. Dopo la strage di Parigi, il più diffuso quotidiano olandese De Telegraaf pubblicò una intervista con Yassin Elforkani, un imam olandese. Disse che nessun musulmano potrà più a lungo sostenere che il terrorismo non ha nulla a che vedere con l’islam. “La dura realtà è che questi criminali legittimano teologicamente i loro atti”. Il fatto che queste parole vengano considerate una novità è indice della realtà europea. È così evidente che gli assassini di Parigi sono espressione dell’islam, anche se molti musulmani lo negano. L’islam è un sistema integrato di religione, ideologia, cultura e proselitismo. È irrilevante che questi criminali frequentino moschee e seguano regole religiose. Gridando “Allah u Akbar”, rendono esplicito che si comportano al di là della loro ideologia dell’islam. È irrilevante se il loro comportamento quotidiano è pseudo culturale o profondamente religioso. Le statistiche dimostrano che la grande maggioranza dei crimini terroristici erano commessi secondo l’ideologia dei movimenti musulmani.
Leader mondiali, insieme a molti altri, hanno irresponsabilmente contribuito a coprire le stragi musulmane. Hollande aveva detto, dopo la strage di gennaio di Charlie Hebdo e dell’HyperCasher “Questi fanatici non hanno nulla a che vedere con la religione musulmana”. Un altro che ha coperto i crimini dei musulmani era il Presidente americano Barack Obama, quando affermò in un discorso che Isis “non era islamico”, aggiungendo “Nessuna religion assolve chi uccide innocenti”. Le stesse opinioni sul movimento estremista musulmano erano condivise dal Primo Ministro inglese David Cameron, che aveva dichiarato “Si gloriano della loro brutalità, si vantano di esserlo nel nome dell’islam: è un non senso, l’islam è una religione di pace, non sono musulmani, sono mostri”. Un imam olandese semi sconosciuto è più vicino alla verità dei leader dei tre più importanti paesi. Ci può essere una confusione ancora maggiore.
Gli esperti in questo campo ci dicono con frequenza che esiste un solo islam. Eppure, al di là del fatto che c’è un solo Corano e che esiste una comune interpretazione delle regole, l’islam appare fortemente diviso, con molte differenze nella pratica dei musulmani. L’idea che i musulmani possano essere divisi tra islamisti e altre sette musulmane confonde ancora di più, anche perché non c’è divisione in due parti. Da un lato estremo ci sono coloro che promuovono il terrorismo nel nome dell’islam, dall’altro vi sono persone che si identificano come musulmani senza per questo essere praticanti.
Abbiamo esaminato prima la richiesta di una pubblica condanna ad atti nel nome di una religione ai propri fedeli, il nascondere la criminalità legata all’islam e le divisioni artificiali tra musulmani moderati ed estremisti. Concludiamo, rilevando che l’islam contemporaneo non è monolitico, ma che non ci sono dubbi che gli assassini di Parigi siano intrinsecamente connessi con l’islam. Infine, la responsabilità morale è dei musulmani francesi, religiosi e laici. Questi leader musulmani devono incominciare a guardare all’interno delle loro comunità per vedere quanto vi è di radicalmente sbagliato.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.