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La Repubblica Rassegna Stampa
24.11.2015 Le proposte di D'Alema (l'amico di Hezbollah): alleanza con l'Iran contro Israele, in Siria la colpa è dell'Occidente, chi parla di 'guerra' è islamofobo
Intervista di Andrea Bonanni

Testata: La Repubblica
Data: 24 novembre 2015
Pagina: 11
Autore: Andrea Bonanni
Titolo: «'L'Occidente ha fatto troppi errori, ora uniti contro l'Is'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 24/11/2015, a pag. 11, con il titolo "L'Occidente ha fatto troppi errori, ora uniti contro l'Is", l'intervista di Andrea Bonanni a Massimo D'Alema.

Massimo D'Alema, nell'intervista, sostiene argomenti contraddetti dalla realtà:

1) Secondo D'Alema "Gli Stati Uniti hanno messo troppo tempo a capire che occorreva vedere l’Iran come un interlocutore e non come il diavolo: questa è la posizione di Israele, ma non possiamo permetterci di farci dettare la nostra strategia dagli israeliani". D'Alema, dunque, propone una alleanza con un regime teocratico estremista e criminale, che nega ogni diritto a donne, omosessuali e minoranze e che finanzia gruppi terroristici in tutto il Medio Oriente (dalla Siria allo Yemen, da Hamas a Gaza a Hezbollah nel Libano). E sostiene l'abbandono di Israele, unico Paese libero e democratico dell'intera regione. I trascorsi di D'Alema, sono di solidarietà con i terroristi, a partire proprio da quelli di Hezbollah, e sono connotati da un'apertura totale all'Iran.

2) La ricetta sulla Siria di D'Alema è semplice: "è in gran parte colpa nostra". Terzomondismo e antioccidentalismo senza misura.

3) Il giornalista chiede: "La guerra si sta trasferendo nelle nostre città in Europa. Ci siamo portati il nemico in casa?". D'Alema risponde: "Questa è la visione dei populisti e degli islamofobi, che vorrebbero sospingere l’Islam nelle catacombe". Sostenere che ci sia una guerra scatenata dall'islamismo in tutto il mondo, secondo D'Alema, è islamofobia. La sua cecità non può essere più una scusa. Il tempo delle scuse, anzi, è finito e l'attualità parla in modo chiaro: basta saperla, ma anche volerla ascoltare.

Ecco l'articolo:

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Massimo D'Alema a Beirut, sottobraccio con leader di Hezbollah, movimento islamico neonazista sciita al soldo degli ayatollah iraniani (nell'immagine sotto, terroristi di Hezbollah)

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L’Occidente deve ripensare la propria strategia nella guerra al terrorismo, rivedere quali sono i nemici e gli eventuali compagni di strada e non escludere la possibilità di un intervento militare sul terreno pur di snidare l’Isis dalle sue basi. Ma l’Europa deve anche aprirsi all’Islam, favorire la nascita di un «Islam europeo» che è l’unica soluzione per rafforzare la nostra sicurezza interna. In questa intervista a Repubblica Massimo D’Alema, che da tempo ha concentrato le proprie attività nello studio della politica europea e internazionale, spiega perchè, a suo avviso, i troppi errori e le troppe incoerenze dell’Occidente hanno contribuito all’ emergenza che stiamo vivendo. Ma manda anche un segnale di speranza perchè, dice, «non siamo impotenti, se restiamo uniti abbiamo una grande forza che può risolvere la questione terrorismo, purchè la usiamo con intelligenza».

Intelligenza sì, ma come, presidente? «Dobbiamo mettere a fuoco chi è il nemico. Per me, è il fondamentalismo di origine wahabita. Questo comporta per l’Occidente una riflessione seria, perchè il fondamentalismo wahabita ha basi in Paesi che sono nostri amici ed alleati. Un discorso chiaro con l’Arabia saudita e con i Paesi del Golfo è stato rinviato per troppo tempo. E poi bisogna dare un’impostazione corretta a questa sfida cruciale per l’avvenire di tutto il pianeta: non è una guerra tra l’Occidente e l’-I-slam. La guerra principale è all’interno del mondo islamico. Se la descriviamo come uno scontro di civiltà, facciamo il gioco degli integralisti, che possono fare appello a qualche giustificato rancore del mondo arabo nei nostri confronti. Invece è importante che lo schieramento contro il terrorismo sia il più ampio possibile e coinvolga il maggior numero di Paesi islamici. Gli Stati Uniti hanno messo troppo tempo a capire che occorreva vedere l’Iran come un interlocutore e non come il diavolo: questa è la posizione di Israele, ma non possiamo permetterci di farci dettare la nostra strategia dagli israeliani».

Lei propone un rovesciamento di alleanze storico. Per decenni l’Occidente è stato alleato dei sunniti contro gli sciiti. Dobbiamo cambiare casacca? «L’Occidente ha visto gli sciiti come una minaccia. Ma credo che quelli che ci sparano addosso ci dovrebbero preoccupare un po’ di più. E chi ci spara addosso sono gli estremisti sunniti. Per combatterli dobbiamo isolarli anche tra i sunniti ».

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Tutto questo ci dovrebbe spingere a trovare intese con personaggi ben poco presentabili: da Assad agli ayatollah iraniani, da Putin a Erdogan. Non le sembra un prezzo eccessivo? «Purtroppo gli errori dell’Occidente hanno messo in mano l’iniziativa strategica all’asse Putin- Assad, il che non mi piace e non è privo di rischi. Ma è in gran parte colpa nostra. Io penso che alla fine Assad se ne dovrà andare. E se l’Occidente agirà unito,si potrà arrivare ad una soluzione accettabile da tutti. In Siria ci vorrà un governo che comprenda anche forze che oggi sostengono Assad, perchè non si tratta di un dittatore isolato, ma ha il sostegno di una parte della società siriana in cui si riconoscono, per esempio, anche le comunità cristiane. Quanto a Erdogan, dobbiamo chiedergli maggiore coerenza. Oggi la Turchia bombarda i curdi e non l’Isis. Ma anche la deriva turca è in parte colpa nostra: gli abbiamo aperto le porte dell’Europa, poi gliele abbiamo sbattute in faccia. E ora cerchiamo il suo aiuto. La Merkel, insieme a Sarkozy, ha fermato i negoziati di adesione e poi è andata a far visita a Erdogan alla vigilia delle elezioni perchè ha paura degli immigrati».

Non le sembra che, tra immigrati e terrorismo, siamo presi tra due fuochi? «Le dirò una banalità spesso dimenticata: la chiave della soluzione alla questione dei rifugiati non sta in Turchia, ma in Siria. Se si offre una speranza di pace e di stabilità, milioni di rifugiati potranno tornare nelle loro case».

Alla luce di questa “realpolik”, secondo lei, il famoso discorso di Obama al Cairo in favore delle primavere arabe è stato un errore? «E’ stato un bellissimo discorso. Ma non seguito dai fatti coerenti. A cominciare dalla mancata soluzione del conflitto israelo-palestinese, nonostante le molte promesse. Stiamo lasciando marcire questo problema, che per gli arabi ha un alto valore simbolico, e che per di più si sta impregnando di significati religiosi. Alla fine anche il prezzo di questa incoerenza lo pagheremo noi».

E allora, che fare? «Per prima cosa occorre snidare l’Isis dai territori dove sta costruendo embrioni di califfato: in Iraq, in Siria, in Libia. Occorre un coordinamento forte e un sostegno operativo a quelli che stanno già combattendo anche per noi, come i curdi, gli iracheni, gli yazidi ed altri. Come dice Prodi, di cui condivido in questi giorni molte osservazioni, bombardare non serve se non abbiamo una strategia».

Dobbiamo mandare truppe a terra? «Non dico che dobbiamo mandare un contingente sul terreno, non possiamo però escluderlo in linea di principio. Potrebbe diventare inevitabile se le forze che oggi combattono l’Isis, e che noi dobbiamo sostenere di più e meglio, non ce la facessero o addirittura fossero travolte. Ma soprattutto occorre che l’Europa agisca di concerto. Secondo me, francesi e inglesi prima di agire avrebbero dovuto coinvolgere il Consiglio europeo. E’ chiaro, poi, che quando si tratta di un’azione militare, la svolgano i Paesi che ne hanno la volontà e sono in grado di farlo».

E come giudica l’atteggiamento, a dir poco prudente, del governo italiano? «L’Italia non è una grande potenza. O riesce a giocare un ruolo internazionale sulla base di una iniziativa politica, come a volte è successo in passato, oppure sta al proprio posto e tiene un profilo basso. Mi sembra che questa sia la scelta dell’attuale governo. Forse anche con una certa saggezza...».

Intanto, però, la guerra si sta trasferendo nelle nostre città in Europa. Ci siamo portati il nemico in casa? «Questa è la visione dei populisti e degli islamofobi, che vorrebbero sospingere l’Islam nelle catacombe. Ma è un errore controproducente. Il nostro vero interesse sarebbe quello di favorire la nascita di un Islam europeo, che purtroppo non esiste, con moschee che operino alla luce del sole e nel pieno riconoscimento pubblico. Sospingere ai margini quella che è ormai la seconda religione d’ Europa fa solo il gioco degli integralisti. In questi giorni ho sentito molti islamici dire: no al terrorismo, sì alle moschee. Mi sembra una posizione coerente e ragionevole».

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