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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
19.11.2015 Due imam condannano l'islamismo, ma sono voci nel deserto
Francesca Paci intervista l'imam di Bordeaux Tareq Oubrou, commento di Corrado Zunino

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Francesca Paci - Corrado Zunino
Titolo: «'Gli integralisti sono figli del caos, vanno braccati e perseguiti' - 'Jihadisti barbari assassini', lo strappo sul web dell'imam di Monfalcone»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/11/2015, a pag. 7, con il titolo "Gli integralisti sono figli del caos, vanno braccati e perseguiti", l'intervista di francesca Paci all'imam di Bordeaux Tareq Oyubrou; dalla REPUBBLICA, a pag. 12-13, con il titolo " 'Jihadisti barbari assassini', lo strappo sul web dell'imam di Monfalcone", il commento di Corrado Zunino.

Pubblichiamo oggi due voci di musulmani  che, pur con alcune incertezze, cominciano a mettere in discussione le responsabilità dell'islamismo. Si tratta tuttavia, per ora, di voci nel deserto.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Francesca Paci:  "Gli integralisti sono figli del caos, vanno braccati e perseguiti"

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Francesca Paci

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Tareq Oubrou

L’imam di Bordeaux Tareq Oubrou, riformista ma diversamente da altri liberali solitari forte di un seguito popolare, è l’uomo a cui la Francia si rivolge quando la domanda «perché ci odiano?» incalza. Tanto che all’indomani dell’attentato a Charlie Hebdo il ministro dell’interno Cazeneuve l’ha scelto come interlocutore per rilanciare il dialogo con la comunità musulmana.

Dopo la grande marcia repubblicana dell’11 gennaio lo storico Emmanuel Todd notò che le banlieue non si erano avvolte nel tricolore. Come reagiscono oggi i musulmani di Francia?
«C’è un cambio di passo. Dopo Charlie c’è stata una tendenza a cercare giustificazioni. Alcuni, in modo stupido, hanno avallato l’attacco alla sinagoga con il sionismo, ai cartoonist perché bestemmiatori di Allah, ai poliziotti in quanto tali. Tanti giovani difendono il Profeta ma non lo conoscono, sono suscettibili, hanno una ricezione meccanica della fede legata alla loro identità confusa di musulmani, berberi, arabi, marocchini. Ora però i musulmani capiscono che sparare nei caffè non ha senso, dicono che il troppo è troppo».

I superstiti del commando si nascondevano a Saint Denis. Possono essersi sentiti protetti nella borgata del film «L’odio»?

«Le indagini ci diranno se lì avevano legami. Io so che hanno approfittato della libertà per ammazzare la libertà. Sono giovani senza progetti né speranze, figli della cultura del caos».

Sappiamo però che le radici del radicalismo non si esauriscono nella marginalità sociale.
«Una parte è composta da delinquenti comuni che diventano delinquenti religiosi. Il problema è che il radicalismo non si vede subito e quando divampa è difficilissimo da recuperare. Inoltre non bisogna confondere la devozione ultra osservante con la radicalizzazione verso il terrorismo, se uno prende a vestirsi da salafita non significa che abbia abbracciato l’ISIS ».

Come giudica le bombe francesi su Raqqa la comunità islamica?
«Comunità islamica significa cittadini che hanno problemi di lavoro, di famiglia, i figli, la loro quotidianità è questa. Ma oggi chi sostiene il terrorismo? Hanno ucciso 129 persone tra cui dei musulmani. Sono pazzi. E oggi per i musulmani è troppo».

E se ci fossero molte vittime civili nell’offensiva contro l’ISIS?
«Quando si fa la guerra si fa la guerra, non ci sono guerre pulite. I musulmani di Francia sono doppiamente colpiti perché cittadini e perché il crimine viene commesso a nome loro. Il problema è ammazzare il mostro e allora meglio là che trovarselo in casa».

Prevede attacchi alle moschee?
«Ci sarà un effetto meccanico di xenofobia contro la comunità islamica ma il popolo francese è grande e saprà tenere botta».

Che legame c’è tra gli jihadisti del Belgio e della Francia?
«E’ una storia di vasi comunicanti, sono giovani che non credono alle frontiere e si sentono nel tempio di dio. Sono come gli anarchici del secolo scorso o l’internazionale comunista ma con tanta violenza in più».

Come si fa ad isolarli?
«Conosciamo i loro siti, vanno braccati, appena dicono cose violente vanno perseguiti. La polizia ha i mezzi per farlo».

Cosa possono fare le autorità religiose islamiche?
«Abbiamo tanto lavoro sul tavolo. Ci sono molti imam che vogliono convertire i giovani al ritorno al passato. Bisogna ricondurre il testo nel contesto e introdurre una certa dose di dubbio, partire dalla realtà e adattare il Corano alla modernità. Il pensiero islamico è nato nel contesto del Medioevo, impero, dominazione. Oggi è diverso, siamo tutti minoranze: è la globalizzazione. Dobbiamo imparare a convivere con l’altro».

LA REPUBBLICA - Corrado Zunino: " 'Jihadisti barbari assassini', lo strappo sul web dell'imam di Monfalcone"

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Corrado Zunino

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L'imam di Monfalcone Abdelmajid Kinani

Un milione di visualizzazioni su Internet. E i contatti crescono ancora. L’imam del Nord-Est che definisce “assassini e barbari” gli stragisti di Parigi e dice “quelli non sono musulmani” trova un’attenzione da star e un consenso in tutta Italia, anche fuori. È Abdelmajid Kinani e guida uno dei due centri islamici di Monfalcone, il Darus Salaam di via Duca d’Aosta: 2.500 musulmani, un quinto dei residenti. Imam Kinani si è fatto intervistare dal “Piccolo” nell’azienda agricola Bennati, a San Canzian d’Isonzo, Gorizia, dove lavora: «Devo dare un futuro ai miei tre figli». La videointervista è esplosa nei computer e nei tablet: «Una condanna semplice non basta», ha detto, «è arrivato il momento che noi dimostriamo che l’Islam non ha alcuna relazione con queste fazioni, che gli assassini a sangue freddo non fanno parte dell’Islam come storia, religione, educazione». Ieri sera, sceso dal palco di Duino, dove aveva parlato a ragazzi francesi e giordani del Collegio del mondo unito, l’imam Kinani ha detto a “Repubblica”: «Ho espresso il mio parere, e lo ribadisco.

Quello che è successo a Parigi non solo non è una cosa da musulmani, ma non è una cosa umana. Capiamo cosa provano oggi i familiari delle persone uccise a Parigi, in Siria abbiamo perso centomila musulmani. Ma non c’è una guerra di civiltà in corso, solo qualcuno che prova a innescarla. Per combattere questo sentimento infernale serve la famiglia e serve la scuola, ai nostri giovani dobbiamo mettere amore nel cuore». L’imam che viene dal Marocco ha interpretato, probabilmente senza saperlo, il pensiero di molti italiani moderati e conservatori. Ha detto, infatti: «Noi musulmani dobbiamo dare di più ed essere parte attiva per integrarci. Siamo ospiti e dobbiamo prendere iniziative per farci conoscere. Purtroppo non parliamo tanto».

Ora Abdelmajid Kinani ha paura, «queste mie parole hanno preso un’e- co inaspettata», e la polizia si deve occupare di lui. Già. Nessuna guida spirituale in Europa aveva dichiarato: «I giovani che fanno questa fine», alludendo ai kamikaze, «non hanno nessuno scopo religioso, sono usati da altre menti per fare la guerra tra religioni». Ha raccontato di aver passato la notte insonne dopo “quel venerdì” e, lavoratore del Nord-Est, ha voluto rassicurare gli italiani: «Qui non si arriverà mai a una situazione francese». Gli immigrati nel Nord-Est «sono gente semplice che ha la testa occupata a trovare un lavoro», gente con la povertà addosso «che deve guadagnare un pezzo di pane per la sua famiglia, pagare l’affitto, nelle loro menti non c’è spazio né ci sono le forze per poter pensare ad altro». L’imam Kinani, attraverso i suoi figli in età da scuola elementare, conosce le difficoltà di una vita nel Nord-Est, accresciute dopo il 13 novembre.«Quando il più grande torna da scuola racconta: “Papà, gli altri bambini mi dicono sei musulmano, sei un assassino”. È stressato e io devo spiegargli con pazienza, perché il giorno dopo i compagni ripetono: sei musulmano, sei un assassino. Le persone di questo territorio ci devono giudicare per quello che facciamo non per quello che hanno fatto lassù, quei barbari, a Parigi ».

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