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Una liceale italiana discute di Israele e terrorismo islamico Di Dario Sanchez Elena, 17 anni, è una ragazza italiana, studentessa di un noto liceo classico di Roma. L'ho incontrata in un locale molto simile a quello preso di mira dai terroristi islamici a Parigi, ora che gli animi sono già meno caldi e il tempo ha dato modo ai più di fare le prime riflessioni "a freddo" su quanto accaduto in Francia. Questa ragazza, al pari degli altri ragazzi italiani, fortunatamente non ha mai sentito prima d'ora la necessità di riflettere seriamente sulla realtà odierna degli attacchi terroristici indiscriminati, una realtà in parte nuova in Europa ma non in Medio Oriente e in Israele. Ha sempre visto, ad esempio, il confilitto israelo-palestinese come qualcosa di incomprensibile e molto lontano da sé. Senza troppi giri di parole ha detto ad esempio che la leva militare e le operazioni di polizia che frequentemente finiscono con la morte dei terroristi - e non col loro arresto - erano ai suo occhi qualcosa di "incomprensibile, retrogrado, mostruoso", in una sola parola "sbagliato". I ragazzi e le ragazze israeliani, che a 18 anni sono già in uniforme ed armati - giustamente mi ricorda che "in Italia a 18 anni si sta ancora a scuola" - impegnati nella lotta contro terrore, le apparivano, parole sue, "poco meno di alieni". Ma ora, proprio mentre sono impegnato in questa intervista, nel parlamento e nella società civile d'Oltralpe sono in molti a interrogarsi sulla necessità o meno di re-istituire la leva obbligatoria , anche per le ragazze... - come è cambiata la tua percezione di Israele a seguito degli attacchi di Parigi? Ho sempre visto Israele come qualcosa di distante e anche quando mi capitava di parlarne in famiglia, a scuola o con i miei amici non era certo per notizie belle o quantomeno positive. Tuttavia, cose che pensavo potessero capitare solo in Israele e che fino a pochi giorni fa mi apparivano come lontanissime e incomprensibili, e se ci ripenso ingiustificabili, oggi invece mi sembrano molto più vicine e comprensibili. Non avrei mai pensato di dirlo fino a una settimana fa, ma oggi la necessità di sapere come difendermi e di come difendere se necessario la mia famiglia, i miei amici e in generale chiunque si trovi in pericolo la vivo davvero come indispensabile. Se questo significa re-istituire la leva e imparare a sparare, ebbene servizio militare sia. - cosa pensi ti distingua ancora oggi dai ragazzi israeliani? Non conosco molti ragazzi israeliani a dire il vero, ma sulla base dei luoghi comuni e del sentito dire sicuramente il senso di comunità che c'è in Israele sembra essere molto più forte di quello che abbiamo noi giovani in Italia, dove siamo molto individualisti e ancora facciamo fatica a sentirci parte di un unico Paese piuttosto che romani, napoletani, milanesi eccetera eccetera... - solo questo? Anche l'idea di vivere costantemente con il pensiero di essere sotto attacco e di dover organizzare la mia vita di conseguenza è qualcosa che non mi appartiene, anche se adesso dopo Parigi ho paura. No, faccio ancora fatica a sentirmi in guerra, anche se ci siamo. Poi, ultimo ma non ultimo, per essere più chiara, mi sento molto lontana dal patriottismo che almeno apparentemente anima molti miei coetanei israeliani. - spiegati meglio. Per me è incomprensibile l'idea di combattere per una bandiera, e se mi trovo costretta a difendermi è perché non ho alternative di fronte a chi oggi vorrebbe annientarmi in quanto ragazza occidentale. - perché dici che vorrebbero "annientarti" ? per quello che sono e per quello che rappresento, al pari dei ragazzi di Parigi che non avevano altra "colpa" se non quella di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Non credo più al dialogo con gli estremisti islamici e più in generale con individui del genere, e non faccio più fatica a capire come mai Israele spesso reagisce con le armi alle armi. Non è possibile avere un dialogo con chi con te non vuole parlare e vuole ucciderti perché vivi e credi in cose diverse da quelle in cui crede lui.
- qual è la tua opinione oggi, dopo questi attentati, dei tuoi coetanei israeliani in uniforme? I soldati israeliani - che un tempo associavo all'immagine di violenti trogloditi - adesso li vedo come parte delle vittime di questa guerra... e mi rendo conto che con l'aria che tira un giorno una di queste vittime costrette loro malgrado a sparare potrei essere proprio io! - cosa ti fa, fra le tante paure, più paura? È tremenda la sensazione di sentirsi in pericolo per il semplice fatto di essere italiani... di essere un obiettivo potenziale solo perché sono diversa da loro - ti senti cittadina europea? No. - cosa significa per te essere italiani? Per me essere italiani significa condividere una stessa cultura - dunque vi è differenza secondo te tra essere italiani ed essere cittadini italiani? Assolutamente si. Non è una questione di carta di identità o di luogo di nascita, ma di condivisione degli stessi valori. Ci sono ragazzi nati in Italia e italiani secondo la legge che non hanno alcuna volontà di integrarsi e di farsi integrare. - gli attentatori che hanno colpito a Parigi, e prima ancora nella stessa Parigi la redazione di Charlie Hebdo e il supermercato kosher, e prima ancora altrove in Francia, erano per la maggior parte francesi. Francesi arabi e musulmani, ma francesi nati in Francia. Cosa significa questo per te? Trovo ripugnante che persone che hanno condiviso con noi la nostra vita e le nostre stesse opportunità in Occidente, anche se magari non hanno voluto affatto condividerle e ne avrebbero fatto volentieri a meno, ma che in ogni caso hanno goduto come noi di libertà impensabili nei loro paesi di origine, tra cui la libertà di espressione, e dunque di poter liberamente esprimere tra le altre cose il loro odio, un giorno qualunque si sono svegliate e hanno ammazzato persone qualunque sparando nel mucchio solo perché non condividiamo la loro visione del mondo. - perché ci odiano? Sono arrivata a pensare che il nostro e il loro mondo è semplicemente incompatibile, e l'uno non può esistere in presenza dell'altro. - rinunceresti mai alle tue libertà in cambio della pace? No, perché non sarebbe vera pace, ma semplicemente una sconfitta. - adesso capisci perché è così difficile trovare un accordo di pace tra israeliani e palestinesi? Si.
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