Riprendaimo dal FOGLIO di oggi, 18/11/2015, a pag. 1, con il titolo "La disfatta del Pacifista Collettivo", l'editoriale di Claudio Cerasa; dal CORRIERE della SERA, a pag. 33, con il titolo "La difesa della libertà unica alternativa alla sottomissione", il commento di rav Giuseppe Laras.
Ecco gli articoli:
IL FOGLIO - Claudio Cerasa: "La disfatta del Pacifista Collettivo"
Claudio Cerasa
Non ci saranno manifestazioni, non ci saranno girotondi, non ci saranno veglie, non ci saranno fiaccolate, non ci saranno marce, e nei prossimi mesi, quando in medio oriente si andrà inevitabilmente a intensificare una guerra vedremo quanto tosta contro l’islamismo radicale, non ci sarà nulla di tutto quello che sarebbe lecito aspettarsi dal Pacifista Collettivo. Per una ragione semplice sintetizzabile in due parole: abbiamo perso.
Se c’è una lezione chiara che si può trarre dall’improvvisa e per nulla amara scomparsa dell’internazionale dei Gino Strada è che, di fronte a un mondo che paga con il sangue le conseguenze della ritirata scellerata dell’occidente dai teatri di guerra, la tesi che il non interventismo militare e la non violenza gandhiana siano i migliori strumenti per regalare ai nostri figli dei fiori un futuro più sicuro è una tesi che non funziona più all’interno di un nuovo contesto storico in cui giorno dopo giorno le opzioni dell’occidente mostrano di essere comprese all’interno di una scelta chiara che suona più o meno così: uccidere o essere uccisi. Non ci potranno essere girotondi e non potranno essere organizzate un domani fiaccolate della pace per la stessa ragione per cui i populisti alla Corbyn non hanno avuto il coraggio di scendere in piazza negli ultimi cinque anni per accendere una fiaccola e ricordare il numero infinito di cristiani sterminati dallo Stato islamico e di siriani uccisi da Assad. Non si può scendere in piazza e non si può manifestare contro quella guerra, contro il califfo, contro lo Stato islamico, perché scendere in piazza, oggi, significherebbe fare i conti con se stessi e la propria immagine unfit to lead proiettata sullo specchio.
Il movimento pacifista, come si sa, ha giocato per anni con il senso di colpa dell’occidente, scaricando sui paesi “imperialisti” la responsabilità degli orrori del medio oriente e trovando in ogni occasione dozzine di alibi per contestualizzare la “reazione” dei fondamentalisti più o meno con le stesse tesi con cui si tendono a giustificare i terroristi “provocati” che sognano la distruzione di Israele. E’ colpa dell’occidente cattivo che esporta democrazia se in medio oriente ci sono islamisti che reagiscono. E’ colpa dell’occidente che combatte contro i talebani se poi i talebani si organizzano. E’ colpa dell’occidente colonizzatore se le vecchie colonie si ribellano contro chi le ha colonizzate per anni.
Oggi purtroppo le cose sono molto più chiare. Oggi è chiaro che è il non intervento nei teatri di guerra che ha generato instabilità creand spesso le condizioni per la proliferazione del terrore. E si capisce bene dunque perché il Pacifista Collettivo – lo stesso che per anni ha teorizzato la necessità di disarmare gli stati, di tagliare la spesa militare, di eliminare gli F-35, professando il raggiungimento di una decrescita felice solo dopo un ciclo completo di riduzione degli armamenti e immaginando un mondo fatto di frontiere aperte e di paesi in disarmo – preferisca fischiettare e fare un passo di lato per non ammettere che una forza politica che rinuncia alla difesa è una forza politica che rinuncia a difendere i suoi cittadini e dunque, cari Corbyn e Grillo, è una forza politica che, essendo in mutande, molto semplicemente è incapace di governare.
CORRIERE della SERA - Giuseppe Laras: "La difesa della libertà unica alternativa alla sottomissione"
Giuseppe Laras
Caro direttore, lutto e dolore accompagnano una guerra difficile e lunga, combattuta anche con la dissimulazione e la strategia della confusione. Alleati dell’Islam jihadista (Isis, Fratelli Musulmani, Hamas, Al Qaeda, Hezbollah e Iran) sono quei politici, pensatori, storici e religiosi che hanno distorto la pace in pacifismo, la tolleranza e l’inclusione in laissez-faire , la forza della verità in debolezza dell’opinione arbitraria, il dialogo in liceità di ogni espressione, il sano dissenso in intollerante conformismo politically correct . Questi occidentali «odiatori di sé» sono complici. Hanno svenduto alla sottomissione la libertà per cui mai personalmente lottarono o pagarono. Questa è la triste fotografia dell’inadeguatezza politica e culturale di molti europei. È un clima che richiama l’ascesa del nazismo. Possiamo crederci o no, ma ciò che colpisce l’Europa oggi è l’inevitabile reiterazione di problemi che Israele ha da decenni: sopravvivere allo jihadismo che nutre menti, cuori e attese politico-religiose di troppi musulmani, anche se non di tutti. Come non sentirsi profondamente vicini anche alle famiglie delle vittime musulmane degli attacchi parigini?
Il dramma è che, con cieca ignoranza, la cultura laicista considera, semplificandolo, l’Islam politico realtà consimile e analoga a cristianesimo ed ebraismo e alle loro storie, anch’esse non prive di ombre. Le cose non stanno così. Finiamola con il mantra buonista, esorcistico dei problemi nell’immediato ma amplificante gli stessi nel tempo, della «religione di pace». Si vedano le piazze dei Paesi Islamici giubilanti per i fatti parigini, come per Charlie, per i morti ebrei, per le Twin Towers. Che dire dei Buddha monumentali abbattuti dai talebani? Non insultiamo l’intelligenza con «questo non è Islam». Basta con sensi di colpa anacronistici per crociate e colonialismo: la city di Londra, mezza Parigi e i nuovi grattacieli milanesi sono oggi di proprietà islamica. L’Islam politico ha armi potenti. Alla convenienza ora si aggiunge il terrore. Alcuni ritengono, paralizzati da paure economiche, demografiche e belliche, di patteggiare con i mandanti del terrore, proponendo maggiore «inclusione» e «integrazione», giustificando l’intollerabile e pensando che, venendo a patti col male, si scongiuri il peggio. Non funziona così: arretrando si arretra sempre più. Veniamo agli ebrei. Noi siamo i primi nemici. Ogni attacco in Europa riguardò anche gli ebrei. Solo che, per sconvolgere i nostri concittadini in Europa, il nostro sangue non è bastato e non ha avuto importanza.
Tutti ricordano Charlie Hebdo. E i morti di Tolosa? Di Bruxelles? Del ristorante kasher di Parigi contestuale a Charlie? Cari europei, ammettiamolo, si trattò solo di ebrei. Di irriducibili rompiscatole che turbano, con la nostra storia di persecuzione in Europa, la buona coscienza di questo crepuscolare continente. Nulla di più allettante, quindi, di trasferire sensi di colpa e inquietudini identitarie verso un disappunto censorio su Israele per la questione palestinese. Ma non è una questione palestinese, è anzitutto una questione islamico-politica. È per questo che, in definitiva, indipendentemente dagli errori di entrambe le parti, non si procede nel necessario cammino verso la pace. Gli ebrei, ora come in passato, sarebbero causa dei mali del mondo. Se non ci fosse Israele, sostengono molti — musulmani e non — , vi sarebbe pace con l’Islam. È falso. È una «verità apparente» trasformata in dogma. I jihadisti lo sanno bene e sosterranno questa tesi avvelenata e allettante per far credere che solo così tornerà a esservi pace, anche in Europa. Fu la tentazione delle Chiese cristiane arabe con il panarabismo. I risultati? Fuggiti gli ebrei, purtroppo muoiono loro, tra silenzi e balbettii dei cristiani d’Occidente.
Settant’anni fa l’Europa ebbe paura e molti capi di governo pensarono che si potesse scendere a patti. Conosciamo le conseguenze. Erodiamo la libertà e le singole libertà e ancora cederemo. Indeboliamo il cristianesimo e l’ebraismo europei e offriremo ai nostri comuni odiatori, tutt’altro che sprovveduti, nuovi strumenti di sopraffazione e d’odio. Concittadini, da 2000 anni in Europa dimorano gli ebrei, maltrattati, trasformati in mostri, additati come colpevoli di nefandezze, uccisi in camere a gas. Oggi siamo biasimati in quanto israeliani o filo-israeliani. Tuttavia, durante 20 secoli, mai gli ebrei, se non nei deliri degli antisemiti, auspicarono la fine della religione cristiana o la sovversione di cultura e istituzioni occidentali (vi furono al massimo esasperazione e disperazione per le persecuzioni subite). Parimenti mai gli ebrei invocarono — o suggerirono ad altri — la fine dell’Islam o dei Paesi Islamici.
Oggi il cristianesimo è vilipeso e perseguitato, si vogliono annientare le nostre libertà e sovvertire le nostre istituzioni laiche. Ritengo inusitato e colpevolmente utopistico che alcuni invitino a fronteggiare questa violenza inaudita e dilagante senza il ricorso alla forza legittima e necessaria. L’Europa potrebbe in un futuro risultare inospitale per gli ebrei (in Francia è già realtà). Questo è uno degli obiettivi dei jihadisti. Se così dovesse essere, l’Europa diverrà un territorio desolato e inospitale per tutti coloro che amano e difendono la propria e l’altrui libertà. E non ci sarà nemmeno spazio per i musulmani onesti e pacifici (ahimé troppo silenti). Per fronteggiare il presente, occorrono saldo spirito razionale, energia e coraggio. L’alternativa è tra libertà e sottomissione (ai Fratelli Musulmani, Hamas, Isis, Al Qaeda, Iran, Hezbollah et similia). Tutti noi, con la viltà, otterremo solo sottomissione. Mai libertà. Circa gli autori dei massacri, i loro compagni e chi applaude loro, come si può pensare che l’Unico e Onnipotente, buono e giusto, tolleri o gradisca questa furia omicida e le sofferenze ingiuste e blasfeme inflitte alle Sue creature?
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