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La Stampa Rassegna Stampa
18.11.2015 Guerra allo Stato islamico
Due commenti di Maurizio Molinari + intervista a Jonathan Schanzer, analista anti-terrorismo

Testata: La Stampa
Data: 18 novembre 2015
Pagina: 2
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «'A Parigi solo il primo atto di un piano per portare il caos e piegare l'Europa' - Francia e Russia all'Isis: 'Vi inseguiremo ovunque e saremo spietati' - Così nasce la grande offensiva anti-Califfato»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/11/2015, a pag. 2-6-7, con i titoli "A Parigi solo il primo atto di un piano per portare il caos e piegare l'Europa", "Francia e Russia all'Isis: 'Vi inseguiremo ovunque e saremo spietati' ", "Così nasce la grande offensiva anti-Califfato", tre servizi di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

Ecco i suoi tre articoli:

"A Parigi solo il primo atto di un piano per portare il caos e piegare l'Europa"

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Jonathan Schanzer

«Lo Stato Islamico persegue il caos in Europa ma cambia tattica al fine di riuscire a sorprendere le forze di sicurezza»: così Jonathan Schanzer, ex analista di anti-terrorismo del Dipartimento del Tesoro Usa ed autore del libro «L’esercito di Al Qaeda», legge le notizie che arrivano da Hannover sullo stadio evacuato nel timore di un possibile attentato esplosivo.

Dopo Parigi ora Hannover, perché a suo avviso Isis punta a colpire gli stadi?
«Isis segue una strategia chiara nella guerra all’Europa ma modifica la tattica delle operazioni».

Quale è la strategia?
«Provocare il caos. L’intenzione è diffondere il panico nei Paesi dell’Unione Europea ed anche oltre. Per questo gli obiettivi sono luoghi civili molto affollati. Vogliono terrorizzare le persone fino al punto da obbligarle a rinchiudersi in casa. Come i jihadisti stessi affermano in un video recente, l’obiettivo è “mettergli paura perfino quando vanno al mercato”».

In cosa consistono i cambiamenti di tattica?
«A Parigi l’attacco allo stadio è avvenuto con un commandos di kamikaze che hanno tentato di entrare, l’arma erano i corpetti esplosivi, ad Hannover il sospetto è che abbiano tentato di adoperare un’autobomba. L’obiettivo resta lo stadio, ma lo strumento cambia. È un modo per evadere le contromisure, tentare di mantenere l’effetto sorpresa. La polizia si aspetta un kamikaze? Allora meglio adoperare un’auto imbottita di esplosivo».

Questo che cosa implica riguardo al metodo di operare delle diverse cellule dello Stato Islamico?
«Implica l’esistenza di una regia centrale solida, della distribuzione delle comunicazioni in maniera efficiente anche a grande distanza e della presenza sul territorio di cellule, locali o foreign fighters, che conoscono bene il territorio dell’attacco. Sono in grado di muoversi in fretta, realizzando piani di tipo molto diversi. Sotto tali aspetti, Isis sta dimostrando di essere un’organizzazione terroristica assai duttile».

A suo avviso, che tipo di campagna ha in mente Isis per l’Europa?
«Basta leggere cosa scrivono i suoi affiliati sugli account twitter come su altri social network per rendersene conto. Non nascondono nulla. L’intenzione è di condurre una campagna sanguinosa ma di lungo termine, realizzando altri attacchi in luoghi diversi, distanti, per esportare il caos. Isis ha iniziato l’attacco all’Europa con l’intenzione di dare seguito al massacro di Parigi. Siamo alla fase iniziale della “tempesta” che affermano di aver iniziato».

 "Francia e Russia all'Isis: 'Vi inseguiremo ovunque e saremo spietati' "

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Un raid russo contro lo Stato islamico
in Siria

Bombe e missili contro Isis, coordinamento navale con la Francia nel Mediterraneo e la promessa di Vladimir Putin ai killer del Califfato: «Vi inseguiremo in qualsiasi angolo del pianeta e vi puniremo». La Russia intensifica le operazioni militari contro i jihadisti, puntando ad evidenziare l’intesa con la Francia ferita. Prima parla Alexander Bortnikov, capo dell’intelligence, confermando che il Metrojet caduto nel Sinai il 31 ottobre è esploso a causa di una bomba dei terroristi: «Aveva oltre 1 kg di esplosivo, ne abbiamo trovato le tracce».

L’aereo abbattuto
Il Cremlino mette una taglia di 50 milioni di dollari sulla testa dei terroristi ed è Putin in persona, circondato dai consiglieri più stretti, a spiegare il perché dai teleschermi tv: «Non è la prima volta che siamo vittime di barbari terroristi, ricordiamo tutto e tutti, i russi non asciugano le proprie lacrime, troveremo e puniremo i responsabili, dobbiamo conoscere i loro nomi, li troveremo ovunque si nascondono e li puniremo». Per capire cosa intende bisogna guardare a quanto avviene in Siria: dalle prime missioni dei bombardieri strategici a lungo raggio, decollati dalle basi in Russia, ai missili da crociera che cadono su Aleppo e Idlib bersagliando Isis e Al Nusra. «Stiamo intensificando gli attacchi» assicurano i portavoce militari russi mentre Putin compie ancora un altro passo: l’ordine alla flotta nel Mediterraneo è «operare con la Francia come avviene fra alleati». Mosca e Parigi sono fianco a fianco nel nuovo capitolo della guerra al terrore jihadista.

La Francia determinata
Anche la Francia incalza il Califfo dall’aria: gli attacchi su Raqqa raddoppiano rispetto al giorno precedente. È il Pentagono a guidare Rafale e Mirage 2000 su basi, campi di addestramento e arsenali del Califfato sottolineando che la cooperazione di intelligence è l’altro tassello della coalizione anti-Isis. D’altra parte Hollande, Putin e Obama parlano all’unisono di «intensificazione degli attacchi contro Isis» indicando una comune direzione di marcia in risposta al massacro di Parigi. Ma il Cremlino vede la possibilità di ridimensionare il ruolo della Casa Bianca in ragione del basso profilo scelto da Barack Obama che al G20 ha ribadito la strategia dei «tempi lunghi» contro Isis.

«La verità è che gli americani non collaborano con noi nella lotta a Isis come invece fanno i francesi» spiegano i portavoce russi per seminare veleni nel legame Usa-Francia. La replica di Washington arriva con la minuziosa descrizione dei raid compiuti a Deir al-Zour, nell’Est della Siria, dove gli A-10 e gli AC-130 - denominati gli artiglieri del cielo - hanno distrutto 116 cisterne cariche di petrolio destinato ad essere venduto illegalmente dal Califfato, in gran parte ad acquirenti turchi. Insomma, Washington batte un colpo attaccando le infrastrutture economiche di Isis. Seppur venata dalle frizioni Usa-Russia, la cooperazione trilaterale anti-Isis accresce la pressione militare sul Califfato.

"Così nasce la grande offensiva anti-Califfato"

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Missili russi su Aleppo, jet francesi su Raqqa e A-10 americani contro Deir al-Zour: le due coalizioni che combattono lo Stato Islamico (Isis) intensificano gli attacchi dall’aria mentre, sul terreno, truppe siriane-iraniane si battono nella provincia di Idilib e unità peshmerga presidiano la riconquistata Sinjar. Le operazioni belliche in Siria e Iraq vanno anche oltre Isis, coinvolgono altre potenze regionali, con dimensioni tali da far parlare il re giordano Abdallah di «Terza Guerra mondiale».

RUSSIA
Negli ultimi 48 giorni i Sukhoi russi di base a Larnaka hanno effettuato 2300 missioni. Colpiscono nell’area di Damasco tutti i ribelli anti-Assad, nell’Ovest i jihadisti di Al Nusra, affiliata ad Al Qaeda, e nel Nord i ribelli sostenuti da Turchia, Qatar ed Arabia Saudita. Isis ne ha tratto vantaggio, guadagnando posizioni fra Aleppo, Homs e Hama. La reazione russa è arrivata con una pioggia di missili contro Isis. L’intento di Mosca è far avanzare le truppe di terra siriane, iraniane ed Hezbollah per riconquistare Idlib, cacciare i ribelli da Aleppo e consolidare Assad a Damasco. Ma le offensive di terra siriane finora si sono infrante contro i missili anti-tank Tow dei ribelli dell’«Esercito della Conquista» e di «Ahrar al-Sham», addestrata in Turchia.

STATI UNITI
Sono centinaia di aerei, americani ma non solo, per un totale di oltre 50 mila missioni dall’agosto 2014. Decollano dalle basi in Giordania, Emirati, Qatar, Bahrein e Turchia potendo contare anche sulle portaerei Usa. È un’armata del cielo che include Paesi arabi: Emirati, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita e Giordania. Finora hanno dato la caccia ai leader di Isis, colpendo basi e centri di comando. Adesso gli Usa iniziano a bersagliare anche le cisterne di greggio per ostacolare i flussi di denaro al Califfato. Nelle basi in Giordania ci sono le truppe speciali Usa, hanno già eliminato Abu Sayyaf «ministro del Petrolio» di Isis, e sono pronte ad altri blitz. La scelta di David Cameron di far rientrare Londra nelle operazioni, non solo con i droni, è importante perché il Pentagono che si trova a dover rinunciare agli efficienti canadesi di cui il neopremier Trudeau ha annunciato il ritiro. Le uniche truppe di terra di questa coalizione sono i peshmerga curdi iracheni, che a Kobane e Sinjar hanno battuto Isis, per questo Washington vuole armare anche i curdi siriani. Andando incontro alle ire della Turchia di Erdogan.


FRANCIA
Rafale e Mirage 2000 da 48 ore bombardano Raqqa. Sono attacchi ad ondate su obiettivi Isis selezionati con gli Usa. L’intenzione dei comandi francesi è di assumere la guida delle operazioni della coalizione contro la capitale del Califfato. Parigi si ritaglia un suo fronte di operazioni, con il sostegno di Giordania ed Emirati dove ha le basi. L’arrivo della squadra navale della portaerei De Gaulle suggerisce un impiego di lungo termine. Ed una suddivisione di zone di intervento con Washington e Russia che può portare alla creazione di rispettive zone d’influenza nel dopo-Bashar Assad.

IRAN
Con oltre 1000 Guardiani della rivoluzione, 5000 Hezbollah libanesi e 15 mila miliziani sciiti il generale iraniano Qassem Soleimani guida il più consistente contingente di terra fra Siria e Iraq. Teheran usa i propri uomini come fanteria d’assalto contro le roccaforti ribelli, Isis e non, a Idblib, Latakia, Homs, Hama e Damasco. Per questo subisce perdite: almeno 4 alti ufficiali nell’ultimo mese, 29 soldati in 14 giorni. E’ un prezzo alto che l’Iran paga per sedere a pieno titolo nel gruppo di potenze che ridisegneranno l’intera regione.

TURCHIA
Almeno 12 mila soldati turchi sono ai confini con la Siria. Aspettano l’ordine di entrare per creare una «fly zone» dove ospitare i rifugiati. Ankara lo presenta come un passo anti-Isis ma ciò che più le preme è ostacolare i guerriglieri curdi in Siria ed Iraq, affinché non formino un’unica regione autonoma. Per impedirlo Ankara è pronta all’invasione. I raid aerei turchi contro Isis si contano sulle dita di una mano: decollati per colpire il Califfo, arrivano a destinazione contro le basi dei curdi. È un corto circuito che indebolisce la coalizione.

PAESI SUNNITI
Arabia Saudita e Turchia armano i ribelli che ostacolano i russi in Siria. In Yemen, Riad guida una vasta coalizione sunnita che sta obbligando i ribelli houthi alla ritirata. E in Libia l’Egitto assieme agli Emirati sostiene le truppe di Tobruk usando i raid contro Isis a Sirte. I Paesi sunniti dispongono di forze militari consistenti ed efficienti. Ma esitano a usarle in Siria.

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