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Manfred Gerstenfeld
Israele, ebrei & il mondo
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Gli ebrei e il senso di colpa tedesco 15/11/2015
 Gli ebrei e il senso di colpa tedesco
Analisi di Manfred Gerstenfeld

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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La Germania è stata negli scorsi decenni il più sicuro sostenitore di Israele in un’Europa sempre più moralmente ostile. Fosse anche solo per questo motivo, è importante che Israele segua da vicino ciò che succede in quel paese per valutare quanto i cambiamenti che emergono sono rilevanti. Ciò che preoccupa maggiormente è oggi l’impatto sulla popolazione ebraica tedesca che avverrà con l’arrivo quest’anno di circa un milione di rifugiati, più le centinaia di migliaia di altri che stanno per arrivare.

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Molti provengono da paesi musulmani fortemente anti-semiti, un anti-semitismo assorbito sin dalla prima età. Un documento anonimo, ma proveniente da ambienti ufficiali della sicurezza del governo federale, esprimeva forte preoccupazione per la scelta della Germania di una politica delle ‘braccia aperte’ verso i rifugiati, equivalente a importare estremismo islamico, anti-semitismo arabo e conflitti nazionali e etnici con altre nazioni, popolazioni con costumi e tradizioni molto diverse da quelle tedesche, verso la società e le sue leggi. L’analisi che questi cambiamenti stanno provocando in Germania è complessa e va aggiornata quotidianamente, distinguendo i problemi che si possono affrontare e risolvere subito da quelli che richiedono invece una prospettiva a lungo termine. Fra i primi vi è la complicata sistemazione dei rifugiati nel paese, con la conseguente tensione tra i due partiti cristiani della coalizione di governo, la CDU (unione democratica cristiana) di Angela Merkel e la CSU (unione sociale cristiana bavarese) di Horst Seehofer, più i problemi con l’Austria per l’ingresso dei rifugiati da quel paese e le tensioni con i paesi dell’Est Europa che li respingono. Ormai non è più solo l’Ungheria ad essere l’iniziale oppositore di questa immigrazione di massa, queste decisioni sono condivise anche da altri paesi, che ricordano quanto problematica è stata l’integrazione di molti immigrati musulmani nel passato. Fa parte della memoria storica quanto avvenne sotto il dominio turco, anche se sono passati centinaia di anni. Man mano che scende il numero degli immigranti, anche le tensioni diminuiscono, dato che viene a mancare il motivo del contendere. Vi è poi poca chiarezza su quanto ha promesso Angela Merkel al presidente turco Recep Tayyip Erdogan in merito al sostegno dell’entrata in Europa della Turchia. I problemi a lungo termine sono più difficili da valutare, sarebbe d’aiuto capire quale politica in merito alla apertura dei confini ha in mente la Merkel, anche perché la Germania ha fatto entrare nei mesi scorsi più rifugiati di tutti gli altri stati Ue messi insieme. Forse Merkel vuole dimostrare che la Germania è del tutto cambiata, allontanandosi definitivamente dall’immagine che aveva durante il nazismo. Non più il paese che espelleva o uccideva coloro che giudicava ‘stranieri’, ecco la nuova Germania, sembra dire, che offre un caldo benvenuto agli immigranti del terzo mondo. Un altro motivo sta nel basso tasso di natalità, con il conseguente disperato bisogno di manodopera straniera, giovani soprattutto, per rimpiazzare la propria forza lavoro. Può anche esserci il desiderio della Merkel di passare alla storia con un gesto clamoroso, come fu per Helmut Kohl, il suo predecessore alla guida della CDU. Alla caduta del Muro di Berlino nel 1989, Kohl riunificò le due Germanie, anche se sarebbe più corretto scrivere che fu la Germania ovest ad annettere quella dell’est.

Altre considerazioni. Vista la storia di prima e dopo la guerra, non ha molto senso che ne sia uscita una “ Nuova Germania “ senza pregiudizi. Il comportamento verso Israele è indicativo per capire la vera natura del paese. Molti sondaggi hanno rivelato nell’ultimo decennio che più del 40% dei tedeschi considerano il comportamento di Israele verso i palestinesi simile a quello dei nazisti e che è in atto una guerra di sterminio di Israele verso i palestinesi. Con questa diffusa mentalità malata, se ne deduce che una vasta maggioranza tra i ‘nuovi tedeschi’ desiderano presentarsi in modo radicalmente opposto, esibendo una ‘nuova Germania’ opposta a quella di ‘prima’. Molti tedeschi sono sinceri nel dare il benvenuto ai rifugiati, ma ve ne sono anche molti altri che si oppongono alla politica della Merkel. C’è chi teme le difficoltà che ne deriveranno, sia generali che economiche. Un sondaggio del mese scorso ha rivelato che il 54% della popolazione si oppone a questa politica. Il basso tasso di natalità è un grave problema. Nel periodo 2008-2013 era del 8.2 ogni mille persone fra gli anni 20-65, il tasso più basso al mondo, persino del Giappone. Ritenere che il lavoro dei rifugiati, in gran parte di provenienza dei paesi musulmani, aiuterà a pagare le pensioni degli attuali cittadini tedeschi è un errore concettuale, smentito in altri paesi europei. In quanto a entrare nella storia quale grande cancelliere, Merkel gioca una carta molto rischiosa. La sua politica può affrettarne la fine in quanto cancelliere, per una rivolta all’interno del suo partito o con la sconfitta alle prossime elezioni. C’è altro, tradizionalmente la Ue è sempre stata dominata dall’asse franco-tedesco, almeno sino a quando il socialista François Hollande ha sconfitto nelle elezioni del 2012 Nicolas Sarkozy, leader di centro-destra. I predecessori della Merkel spesso attribuivano una importanza sproporzionata alla Francia nella Ue, in parte dovuto al ricordo degli altri crimini commessi dalla Germania, perché ‘avrebbero potuto ripresentarsi’. Con l’elezione di Hollande, e la conseguente crisi del rapporto Francia-Germania, l’Unione europea è divenuta sempre più Merkel-dipendente.L’ex cancelliere Helmut Schmidt aveva previsto nel 2011 che “ se noi tedeschi saremo tentati, grazie alla nostra forza economica, ad assumere una posizione di comando anche politica in Europa, o almeno voler primeggiare con i nostri partner, i nostri vicini si comporteranno con noi da avversari” Il Primo Ministro della Slovenia Miro Cesar ha dichiarato che la crisi dei rifugiati può significare la fine della UE anche se può apparire irrealistico oggi. Eppure, con la Gran Bretagna davanti a un referendum che potrebbe portarla fuori dalla Ue, le forze contrarie al potere di Bruxelles si stanno rafforzando. Questa lunga introduzione per affrontare l’attuale crisi degli ebrei tedeschi. Due sono gli argomenti in gioco. Il primo riguarda l’impatto creato dai nuovi arrivati, molti dei quali anti-semiti. Esponenti di rilievo della comunità ebraica tedesca, tra i quali Josef Schuster, presidente del Zentralrat der Juden in Deutschland, Lala Susskind, già a capo della CE di Berlino e l’esperto di anti-semitismo Levi Salomon hanno espresso i loro timori pubblicamente. . I media tedeschi sottovalutano i problemi nei centri di accoglienza dei profughi, inclusa la persecuzione degli omosessuali e dei non musulmani da parte dei musulmani. Un rifugiato è stato assassinato da un altro immigrato nell’isola di Sylt. La crescita della destra può forse essere ancora più preoccupante per gli ebrei tedeschi. Ci sono stati 461 attacchi ai rifugiati nei centri per immigrati nei primi sei mesi di quest’anno. A Magdeburg, 30 aggressori tedeschi armati di mazze da baseball hanno attaccato sei rifugiati siriani, a Wismar 20 uomini mascherati hanno assalito e picchiato due rifugiati. Due città situate nell’ex Germania est, dove queste violenze sono state maggiori. La destra in Germania ha diverse componenti. Include il NPD (partito neo-nazista), altri vari gruppi neo-nazi e il partito anti-europeo AFD, che sta crescendo nei sondaggi. Il gruppo anti-islamico Pegida opera prevalentemente nella Germania est. La comunità ebraica ha criticato Pegida per le sue campagne anti-islam. Per finire, la cancelliera Merkel, con le sue politiche generose verso i rifugiati può essere stata la causa dello sviluppo di forze prima sotterranee, ma che ora è difficile controllare. Quanto basta perché Israele segua con grande attenzione questi eventi e cambiamenti in Germania, il suo migliore alleato in Europa.


Manfred Gerstenfeld èstato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.


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