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La Stampa Rassegna Stampa
14.11.2015 Ucciso Jihadi John: un terrorista islamico assassino in meno
Commento di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 14 novembre 2015
Pagina: 6
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Un drone americano colpisce il boia dell'Isis: 'E' stato disintegrato'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/11/2015, a pag. 6, con il titolo "Un drone americano colpisce il boia dell'Isis: 'E' stato disintegrato' ", il commento di Maurizio Molinari.

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Jihadi John: un terrorista islamico assassino in meno

È un missile Hellfire lanciato da un drone Reaper a investire l’auto su cui si trova «Jihadi John», boia dello Stato Islamico. A Raqqa, capitale del Califfato, mancano pochi minuti alle 23 di giovedì. Mohammed Emwazi è uscito dal Tribunale Islamico, si è lasciato la moschea Sharka alle spalle e si dirige verso la Rotonda dell’Orologio. Si sente al sicuro perché è nel cuore della roccaforte del Califfato, a poche centinaia di metri dal quartier generale, e le tenebre lo fanno sentire a suo agio. Ma sopra di lui ci sono due Reaper. Seguono le sue onde vocali, riescono a fotografargli il volto, recapitano l’immagine nella «war room» del Pentagono e l’identificazione fa scattare il lancio del missile, che investe il veicolo.

Tutto avviene in pochi istanti. «Abbiamo fatto centro», affermano i portavoce del Pentagono, descrivendo «Jihad John» come una «belva umana». I droni osservano quanto avviene subito dopo: i miliziani chiudono l’intera area, impedendo a chiunque l’accesso. Fonti dell’opposizione, citate dall’Osservatorio dei diritti umani sulla Siria, assicurano che «il boia è stato disintegrato» e il premier David Cameron parla, da Downing Street, di «un atto di autodifesa». Sebbene la certezza assoluta dell’eliminazione ancora manchi, Washington e Londra sono sicure che «Jihadi John» era sul veicolo polverizzato dall’esplosione, forse con un altro uomo. «Abbiamo lavorato senza interruzione per riuscire a eliminarlo», aggiunge Cameron.

Smacco al Califfato
Per la coalizione anti-Isis guidata da Barack Obama significa aver colpito uno dei volti che più rappresentano la brutalità del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi e averlo fatto nel centro di Raqqa vuole generare il panico fra i leader jihadisti. Non è solo un’eliminazione mirata, è uno smacco inferto al Califfato.
È stato proprio Al-Baghdadi a trasformare Emwazi in un simbolo della sfida all’Occidente da quando, nel 2013, arriva in Siria da Londra con alle spalle una laurea in informatica alla Westminster University e l’indottrinamento islamico di Hani al-Sibai, imam salafita egiziano scelto come leader spirituale dai «North London Boys», un gruppo di giovani anglomusulmani a cui appartiene. Nato nel 1988 in Kuwait da una famiglia irachena, emigrato a Londra a 6 anni e cresciuto nei quartieri di immigrati di West London, Emwazi trova nei «North London Boys» la sua gang, il cui capo, Bilal al-Berjawi, nel 2011 va a combattere con gli shabab in Somalia dove viene ucciso da un drone Usa, proprio come Mohamed Sakr, un altro dei seguaci. Sin dal 2009 Emwazi è sotto osservazione dal controspionaggio britannico, a cui rimprovera maltrattamenti personali, ma nel 2013 riesce a sfuggirgli con un viaggio verso il Kuwait che lo fa arrivare in Siria.

Modello jihadista
Nel Califfato si occupa da subito di ostaggi occidentali. È lui che li incontra, maltratta e soprattutto gli spiega come verranno sgozzati, parlando in inglese. Gli dice che appartiene a un gruppo di boia denominato «The Beatles», si sofferma sui dettagli dell’esecuzione, gode nel vedere la paura nei loro occhi. Quando nell’agosto 2014 Obama dà vita alla coalizione anti-Isis e inizia i raid sulla Siria, al-Baghdadi gioca la carta-Emwazi per incutere terrore nel nemico. Emwazi diventa «Jihadi John» decapitando il giornalista americano James Foley e dopo di lui altri americani, britannici, giapponesi. Volto coperto, accento britannico e coltello in mano, Emwazi legge le sentenze del Califfo e le esegue, decapita le vittime in tuniche arancioni, rivolgendosi personalmente ai leader di Usa e Gran Bretagna. Sono immagini che Isis sfrutta sul web per una campagna di propaganda digitale basata sull’identificazione con la violenza sanguinaria: «Jihadi John» diventa un modello jihadista. È per imitarlo che in molti si arruolano, anche in Europa, e il Califfo ne fa un simbolo per i «Foreign Fighters» con i video in cui è lui a dirigere le decapitazioni di gruppo di soldati siriani da parte di jihadisti francesi e britannici. Ma i tanti video si rivelano un passo falso: l’intelligence britannica riesce a identificare la voce, mettendo il primo tassello di un mosaico investigativo terminato con il blitz di Raqqa.

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