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La Stampa Rassegna Stampa
10.11.2015 Gli ultimi ebrei siriani salvati con un blitz spettacolare (anche se segreto)
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 10 novembre 2015
Pagina: 18
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Blitz da film ad Aleppo, le forze speciali d'Israele salvano gli ultimi ebrei»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/11/2015, a pag. 18, con il titolo "Blitz da film ad Aleppo, le forze speciali d'Israele salvano gli ultimi ebrei", la cronaca di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

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Una famiglia ebraica siriana a Damasco nel 1901

Gli ultimi ebrei di Aleppo sono fuggiti con una spericolata operazione top secret coordinata da un uomo d’affari israelo-americano. È il «Jewish Chronicle» londinese a svelare la vicenda, avvenuta all’inizio dell’anno, che ruota attorno a Moti Kahana, tycoon americano nato a Gerusalemme con forti legami con i ribelli anti-Assad.
Kahana viene a sapere che ad Aleppo vive ancora una famiglia ebraica - l’ultima dei «Halabi», una delle comunità più antiche della Diaspora - composta da Mariam, un’anziana donna di 88 anni, le figlie Sara e Gilda, il marito musulmano di Gilda, Khaled, e i loro tre bambini. Sono alcuni ribelli a far sapere a Kahana che i jihadisti di Isis hanno scoperto la loro esistenza e dunque rischiano il rapimento o la morte. Kahana riesce a mandare un messaggio alla famiglia sull’intenzione di soccorrerli ma loro reagiscono esprimendo paura. Il resto avviene quando un pulmino bianco si ferma davanti alla casa della famiglia di Mariam, scendono alcuni uomini e bussano forte alla loro porta. Sono le 12 in punto, l’ora della preghiera pomeridiana che coincide con una tregua de facto fra le fazioni che consente di muoversi in città. Mariam e gli altri aprono temendo il peggio. Gli viene detto «avete pochi minuti per fare le valigie e venire via» e quando salgono sul pulmino ricevono passaporti siriani nuovi di zecca.

Verso Istanbul
«Andiamo a New York», gli dice l’autista, iniziando un viaggio via terra verso il confine con la Turchia che dura 36 ore, attraversando zone di combattimento, disseminate di posti di blocco e cecchini. Vengono fermati da un gruppo islamico e al miliziano che controlla i documenti uno degli uomini del pulmino spiega che si tratta di «una famiglia di rifugiati che va verso Nord». Il miliziano gli crede, aprendogli la strada verso il confine, da dove raggiungono Istanbul dove Kahana li accoglie portandoli alla locale «Sochnut», l’Agenzia ebraica per l’immigrazione in Israele.

L’intento è farli partire in fretta ma non tutto fila liscio: per Mariam e Sara non ci sono problemi e in pochi giorni raggiungono Ashkelon, dove oggi risiedono, mentre Gilda non può immigrare perché per sposare Khaled si è convertita all’Islam e dunque per lei l’immigrazione non può essere istantanea. Serve tempo per superare l’ostacolo ma Gilda e Khaled, dopo la partenza di Mariam e Sara, scelgono di tornare in Siria. E Kahana si scaglia contro l’Agenzia ebraica, accusandoli di «aver mandato tutto all’aria». Resta l’interrogativo sull’identità degli autori del blitz ad Aleppo: da New York a Gerusalemme si rincorrono le voci sulla partecipazione di «agenti segreti» e «truppe speciali» israeliane sovrapponendosi allo scenario di «contractors privati» assoldati dal tycoon. Protagonisti di una trama simile a un film d’azione.

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