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Informazione Corretta Rassegna Stampa
04.11.2015 Pier Paolo Pasolini e Israele
Un intellettuale indipendente contro la cultura terzomondista a prescindere del PCI

Testata: Informazione Corretta
Data: 04 novembre 2015
Pagina: 1
Autore: IC redazione
Titolo: «Pier Paolo Pasolini e Israele»

A 40 anni dalla morte violenta di Pier Paolo Pasolini, riemergono opinioni, giudizi su quella che è stata la sua vita, privata, di poeta, scrittore, regista. Noi vogliamo ricordarlo, riprendendo un articolo che PPP scrisse su Nuovi Argomenti n°6 aprile-giugno 1967 su Israele.

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Pier Paolo Pasolini

Ecco il link alla pagina di IC del 18.12.2009: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=32512 con questo nostro commento:

Pier Paolo Pasolini visitò Israele nel 1963. Ne trasse un'impressione profondamente diversa dalla vulgata che veniva diffusa dal PCI in quegli anni, dall' Unità in particolare. Il suo spirito indipendente non gli impedì di raccogliere quegli appunti, attenti alla realtà israeliana e altrettanto critici sul mondo arabo, per pubblicarli poi in un articolo che uscì su Nuovi Argomenti, n°6, aprile-maggio 1967 (oggi nelle Opere Complete, Meridiani - Mondadori). Pasolini non era un sionista, lo si vede leggendo il suo articolo, era una persona intelligente che si rendeva conto della realtà. Non aveva nemmeno pregiudizi anti arabi, lo scrive e lo dimostrerà poi attraverso la sua opera cinematografica. Più semplicemente era un uomo libero dai condizionamenti ideologici, quindi capace di vedere da quale parte stavano la ragione e il torto. Nella sinistra, da allora, poco è cambiato, come dimostra l'osservatorio di Informazione Corretta che monitora con attenzione i media italiani. Tutti i giornali della sinistra, l' Unità in testa, meritano ancora oggi le critiche che PPP rivolgeva nel lontano 1967. Sono cambiati i nomi, ma il pregiudizio è identico. Purtroppo manca oggi un Pasolini alla sinistra, e temiamo che se anche ci fosse non verrebbe ascoltato.

Questo sulla sinistra, datato 2009. La destra, ancora oggi, nel ricordare la figura di PPP, riconferma la mai scomparsa volgarità omofoba, unita al moralismo clericale tipico della mentalità fascistoide, anche quello sempre presente.
Ecco l'articolo:

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Giuro sul Corano che io amo gli arabi quasi come mia madre. Sono in trattative per comprare una casa in Marocco e andarmene là. Nessuno dei miei amici comunisti lo farebbe, per un vecchio, ormai tradizionale e mai ammesso odio contro i sottoproletariati e le popolazioni povere. Inoltre forse tutti i letterati italiani possono essere accusati di scarso interesse intellettuale per il Terzo Mondo: non io. Infine, in questi versi, scritti nel ‘63, come è fin troppo facile vedere, sono concentrati tutti i motivi di critica a Israele di cui è ora piena la stampa comunista. Ho vissuto dunque, nel ‘63, la situazione ebraica e quella giordana di qua e di là del confine. Nel Lago di Tiberiade e sulle rive del Mar Morto ho passato ore simili soltanto a quelle del ‘43, ‘44: ho capito, per mimesi, cos’è il terrore dell’essere massacrati in massa. Così da dover ricacciare le lacrime in fondo al mio cuore troppo tenero alla vista di tanta gioventù, il cui destino appariva essere appunto solo il genocidio. Ma ho capito anche, dopo qualche giorno ch’ero là, che gli israeliani non si erano affatto arresi a tale destino. (E così, oltre ai miei vecchi versi, chiamo ora a testimone anche Carlo Levi, a cui la notte seguente l’inizio delle ostilità, ho detto che non c’era da temere per Israele, e che gli israeliani entro quindici-venti giorni sarebbero stati al Cairo). È dunque da un misto di pietà e di disapprovazione, di identificazione e di dubbio, che sono nati quei versi del mio diario israeliano. Ora, in questi giorni, leggendo l’Unità ho provato lo stesso dolore che si prova leggendo il più bugiardo giornale borghese. Possibile che i comunisti abbiano potuto fare una scelta così netta? Non era questa finalmente, l’occasione giusta per loro di «scegliere con dubbio» che è la sola umana di tutte le scelte? Il lettore dell’Unità non ne sarebbe cresciuto? Non avrebbe finalmente pensato – ed è il minimo che potesse fare che nulla al mondo si può dividere in due? E che egli stesso è chiamato a decidere sulla propria opinione? E perché invece l’Unità ha condotto una vera e propria campagna per «creare» un’opinione? Forse perché Israele è uno Stato nato male? Ma quale Stato, ora libero e sovrano, non è nato male? E chi di noi, inoltre, potrebbe garantire agli ebrei che in Occidente non ci sarà più alcun Hitler o che in America non ci saranno nuovi campi di concentramento per drogati, omosessuali e ebrei? O che gli ebrei potranno continuare a vivere in pace nei paesi arabi? Forse possono garantire questo il direttore dell’Unità, o Antonello Trombadori o qualsiasi altro intellettuale comunista? E non è logico che, chi non può garantire questo, accetti, almeno in cuor suo, l’esperimento dello Stato d’Israele, riconoscendone a sovranità e la libertà? E che aiuto si dà al mondo arabo fingendo di ignorare la sua volontà di distruggere Israele? Cioè fingendo di ignorare la sua realtà? Non sanno tutti che la realtà del mondo arabo, come la realtà della gran parte dei paesi in via di sviluppo – compresa in parte l’Italia – ha classi dirigenti, polizie, magistrature, indegne? E non sanno tutti che, come bisogna distinguere la nazione israeliana dalla stupidità del sionismo, così bisogna distinguere i popoli arabi dall’irresponsabilità del loro fanatico nazionalismo? L’unico modo per essere veramente amici dei popoli arabi in questo momento, non è forse aiutarli a capire la politica folle di Nasser, che non dico la storia, ma il più elementare senso comune, ha già giudicato e condannato? O quella dei comunisti è una sete insaziabile di autolesionismo? Un bisogno invincibile di perdersi, imboccando sempre la strada più ovvia e più disperata? Così che il vuoto che divide gli intellettuali marxisti dal partito comunista debba farsi sempre più incolmabile?».


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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