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Informazione Corretta Rassegna Stampa
02.11.2015 IC7 - Il commento di Enrico Fubini: Gerusalemme, andata e ritorno
Dal 25 al 31 ottobre 2015

Testata: Informazione Corretta
Data: 02 novembre 2015
Pagina: 1
Autore: Enrico Fubini
Titolo: «IC7 - Il commento di Enrico Fubini: Gerusalemme, andata e ritorno»
IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 25 al 31 ottobre 2015

Gerusalemme, andata e ritorno

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Una via nella città vecchia di Gerusalemme

Ancora una volta Israele è sotto attacco. Per chi vive in parte in Israele e in parte in Italia non è difficile rendersi conto che, come sempre, l’attacco a Israele è duplice, in parte giunge dall’interno, in parte dall’esterno attraverso i media. Questa volta, come si sa dai giornali, si tratta della cosiddetta intifada dei coltelli: una novità, come mezzo d’attacco da parte dei palestinesi e una novità anche per le modalità della nuova procedura da parte di giovani e a volte giovanissimi per lo più solitari.

E’ appena una settimana che ho lasciato Israele e perciò ho vissuto direttamente i giorni più cruenti, almeno spero, della nuova intifada, nuova sotto molti punti di vista. Pare, a quanto si legge, che non sia organizzata e diretta come le altre sollevazioni palestinesi. E’ vero che da mesi durava l’incitazione alla violenza, che continua tuttora, da parte della dirigenza palestinese, ma nel momento in cui la violenza è esplosa in modo cruento, i giovani che partecipano con entusiasmo non sono etero-diretti e non sembrano organizzati nei loro attacchi.

Gli effetti sono stati comunque devastanti per la popolazione israeliana che ancora una volta ha dimostrato tutto il proprio sangue freddo, la propria compostezza nel non rispondere agli attacchi, nonostante la comprensibile tentazione di reagire in qualche modo. Vivendo in Israele e seguendo le notizie alla televisione, sia nei telegiornali italiani sia in quelli israeliani e leggendo i giornali si ha la netta percezione del duplice attacco a Israele. All’interno è nettamente percepibile la paura: i ristoranti e i bar non sono strapieni come di solito, le vie pedonali di Gerusalemme non affollate come di consueto, i turisti indubbiamente coraggiosi non sono scomparsi ma notevolmente diminuiti, la presenza della polizia e dell’esercito nettamente aumentata.

Ma la vita continua, come sempre, e se non si è un osservatore attento, non si avvertono differenze vistose nello scorrere quotidiano della vita. Persino alla città vecchia di Gerusalemme, dove ovviamente non ho messo piede, mi dicono che i turisti e soprattutto i pellegrini non mancano. Anche questo è un modo di opporsi alla violenza, dimostrando come tante altre volte, che chi la produce non raggiunge il proprio obiettivo di scatenare la paura e di fermare il normale flusso della vita.

Fuori d’Israele, il solito spettacolo dei media che tendono a capovolgere la situazione. Quante volte i titoli dei telegiornali suonano all’ascoltatore ignaro o distratto come se la violenza fosse non dei palestinesi ma degli israeliani. “Due palestinesi uccisi” (!) i titoli più frequenti che scorrono sotto i telegiornali; poi si scopre che i due palestinesi sono stati uccisi perché avevano accoltellato israeliani e, come è logico, la pronta reazione della polizia e a volte anche di singoli cittadini è riuscita a neutralizzarli prima che ne accoltellassero altri. Da parte dei governi europei, dagli Stati Uniti e dall’ONU, la solita raccomandazione a Israele di usare ‘moderazione’ e di non eccedere nell’uso della forza! E’ indubbiamente triste vedere ragazzini di quindici vent’anni e a volte anche meno morire come kamikaze per aver ascoltato le assurde ma interessate voci che incitavano all’odio e alla violenza, ma quale altra soluzione sarebbe possibile per gli israeliani, quando il rischio, nel migliore dei casi, è di finire all’ospedale con gravi lesioni dopo che il proprio vicino è stato proditoriamente pugnalato e spesso già ucciso?

Ancora una volta, con pochissime eccezioni, il mondo si è schierato contro Israele accettando implicitamente la versione di Abu Mazen che ha più volte affermato che la violenza viene dalla parte di Israele, che la Moschea di Al Aqsa sta per essere distrutta dagli israeliani, e che la reazione dei giovani palestinesi è dettata dalla disperazione di non intravvedere soluzione ai propri problemi. I primi ad essere danneggiati sono gli stessi giovani che, vittime della loro dirigenza, vanno incontro alla morte con assoluta incoscienza, e la popolazione palestinese che subisce inevitabili misure restrittive, anche se assai moderate, da parte israeliana.

In questa situazione le frange estremiste vengono ovviamente rafforzate. La reazione del governo, nonostante quel che si dice all’estero, è stata estremamente contenuta e misurata per non aggravare la situazione e per cercare di raffreddare per quanto possibile l’atmosfera, anche se senza apprezzabili risultati sino ad oggi. Sui giornali in tutta Europa e America ha trovato invece grande risonanza la cosiddetta gaffe di Netanyahu sul Mufti di Gerusalemme, a cui si è dedicato uno spazio del tutto sproporzionato rispetto ad altri fatti ben più rilevanti, come ad esempio la richiesta di Abu Mazen all’Unesco di decretare che il Kotel (il cosiddetto Muro del pianto) è parte della moschea di Al Aqsa!

Sulle origini e sulle cause dell’attuale violenza ben pochi e superficiali commenti oltre la motivazione ufficiale della disperazione dei giovani palestinesi. Stranamente la proposta giordana e israeliana di porre telecamere nell’area della moschea per avere la documentazione precisa su ciò da dove arriva la violenza e il presunto mutamento dello status quo sul monte del Tempio, ha incontrato la più viva opposizione da parte palestinese!


Enrico Fubini, Storia della musica e musicologia - Università di Torino


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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